“Vidi ancora una volta…il brodo in cui
nuotavano sognanti gli gnocchi—e la mia anima si sciolse come le
note di un usignolo innamorato”—-Heinrich Heine
The Rabbi of Bacharach
cucina ebraica è difficile da definire in quanto non è omogenea ma
rispecchia le diverse regioni in cui ciascuna comunità si stabilì
durante la Diaspora. Lo Stato di Israele ha fornito l’opportunita’ di
combinare tradizioni diversissime, dallo Yemen alla Russia,
all’Etiopia, finalmente riunite nello stesso luogo fino a formare un
mosaico ricchissimo in cui tutte coesistono. In America, dove ondate
successive di immigranti ebrei, Sefarditi all’epoca delle Colonie,
poi successivamente provenienti dalla Mittel Europa e in seguito
ancora dall’Est Europeo, il risultato fu in qualche modo diverso,
perché la tradizione Aschkenazita (quella delle comunità ebraiche
che originarono in Alsazia e poi si spostarono ad Est fino in Russia,
Polonia e Ukraina) prevalse sulle altre e per molto tempo definì la
cucina ebraica statunitense. Oggi con nuovi influssi come gli Ebrei
Siriani nuovi piatti e sapori si aggiungono al repertorio ebraico
americano, ma senza perdere il carattere esotico ed inusuale rispetto
ai piatti aschkenaziti che sono familiari ed apprezzati dalla
popolazione in generale, un esempio per tutti i bagels, il pastrami,
il cheesecake.
rose
kneydlach
by any other name….un(a) rosa
kneydlach anche se lo chiamassimo con un altro nome…
Giulietta più prosaica avrebbe forse potuto riflettere su questa
domanda, gustandosi un brodo con kneydlach che magari l’avrebbero
aiutata a mettere le pene d’amore in una prospettiva meno tragica.
Questi
gnocchi di farina di azzima, che caratterizzano la cucina Ashkenazita
ma sono pressocheè sconosciuti tra gli ebrei Sefarditi e
Mediorientali, sono chiamati in Yiddish
kneydl,
klopse,
kneis
o kneydlach,
dal Tedesco meridionale knodel
(a sua volta originante dal Tedesco Alto Medievale knoto
(nodo). Nella Germania settentrionale si chiamano kloese
o klosse,
nella Repubblica Ceca col nome knedliky
fino
all’Italia dove si chiamano appunto canederli.
Gli
kneydlach ashkenaziti sono quindi la versione ebraica degli gnocchi
di pane tedeschi, che inizialmente venne creata per poter adattare il
piatto alle regole alimentari riguardanti la Pasqua ebraica, con la
proibizione dei lievitati, sostituendo quindi il pane con l’azzima
ridotta in farina grossolana.
al XIV secolo gli gnocchi da cuocere in acqua venivano preparati
esclusivamente con pane raffermo, in seguito la farina e la semola
(seguendo l’esempio dei cuochi italiani) iniziarono ad essere
sostituite al pane dando origine a preparazioni come gli Spaetzle
bavaresi e i Nockerlach
austriaci. Ma quelli fatti col pane restarono, e gli ebrei
Ashkenaziti spostandosi prima verso l’Europa dell’Est e in seguito in
America, portarono con sè la versione con l’azzima consumata non
più solo per Pasqua. Se inizialmente per quelli fatti con l’azzima
il nome in Yiddish era matse
knaydlach (matse = matza =azzima), in
seguito
vennero
chiamati semplicemente kneydlach
perché sostituirono del tutto quelli fatti col pane. Un versione
fatta col pane (e quindi non per Pasqua) era quella fatta nella
Repubblica Ceca, gli knedliky,
con
uova, cipolla, prezzemolo, pepe, noce moscata e Challah, più precisamente la Vasser
Challah
o Challah preparata solo con acqua e senza uova.
America: Floaters
and Sinkers
in suolo Americano, gli kneydlach
si diffusero nel repertorio comune, pur senza perdere l’identità ebraica. Sono menzionati nei primi libri di cucina ebraica pubblicati
negli USA, il Jewish
Cookery Book
di Esther Levy (1871), The
Settlement Cookbook
di Lizzie Black Kander (1901), The
International Jewish Cookbook
di Florence K. Greenbaum (1918) e con la notorietà e diffusione
(grazie alla commercializzazione prima delle azzime prodotte
industrialmente e poi della farina di azzima) anche al di fuori delle
famiglie ebree acquistano anche un nome anglofono: Matzah
Balls (Palline
di Azzima). Sono immancabili nei Deli ebraici tutto l’anno, discussi
nei programmi di cucina in TV, soggetto di canzoni, oggetto di humor
affettuoso e definizione ultima dell’amore materno e delle virtu’
domestiche in cui esso si traduce. E soprattutto nella irrisolvibile
diatriba che oppone chi preferisce le matza balls morbide ed eteree,
galleggianti (floaters)
nel limpidissimo brodo di pollo e chi preferisce quelle piu’ corpose,
piu’ “al dente” e che quindi nel brodo inesorabilemnte affondano
(sinkers).
Uno o l’altro risultato si ottengono con accorgimenti quali
utilizzare l’acqua frizzante nell’impasto, usare una certa
proporzione di grasso, montare a neve gli albumi, far riposare la
massa prima di formare le palline e cuocere o meno col coperchio.
Nella mia esperienza personale, anche quanto fine (o meno) viene
macinata l’azzima e’ il “segreto” piu’ importante: piu’ e’ fine
piu’ denso e pesante sara’ il risultato finale. Tra gli amanti di
quelle leggere e galleggianti si annovera Louis B. Mayer, fondatore
della casa cinematografica Metro Goldwyn Mayer, dove le matzah balls
in brodo di pollo erano regolarmente parte del menu’ della mensa del
personale. Golda Meir, Primo Ministro israeliano dal 1969 fino al
1974, preferiva e preparava la versione piu’ corposa.
in America questa preparazione, inizialmente solo utilizzata dagli
ebrei aschkenaziti viene adottata e modificata da quelli di altre
tradizioni, delle comunita’ ebraiche Sefardite che si stabilirono
negli Stati Uniti del Sud, e che modificarono la versione iniziale
aggiungendoci erbe come il prezzemolo, aromi come la cipolla e la
cannella, e prodotti locali come le noci di pecan, mutandone la
natura con un tocco creolo proveniente dalle cucine caraibiche dalla
Jamaica a New Orleans.
versione tradizionale prevede semplicemente grasso di oca o pollo,
uova, brodo e azzima. Versioni moderne sostituiscono l’ olio al
grasso animale. Altre versioni tradizionali utilizzavano il midollo o
le mandorle macinate. Queste versioni vengono menzionate anche in un
manuale di cucina ebraica in italiano, compilato da Giuliana Ascoli
Vitali-Norsa. La versione col midollo e’ a volte aromatizzata con
noce moscata. Le palline di azzima vengono sempre servite in brodo di
pollo, preparato con carote, sedano cipolla e pastinache,
perfettamente sgrassato e filtrato in modo da renderlo limpido. Si
cuociono in acqua salata ma non direttamente nel brodo, perche’ ne
assorbono troppo e soprattutto lo rendono torbido. Un’eccezione la
versione preparata in Mississippi, per cui le palline hanno un
ripieno di cipolla e vengono cotte in forno fino a doratura per poi
essere servite in brodo. La versione ripiena viene chiamata
neshamah kneydlach,
cioe’ kneydlach con l’anima (neshamah
= anima). Quando gli kneydlach vengono cotti nello stufato (Cholent)
dello Shabbat, che cuoce tutta la notte dal Venerdi al Sabato,
prendono il nome di ganif
kneydlach (ganif in
Yiddish, ganef
in
ebraico = ladro, persona disonesta), perche’ “rubano” il sapore
dalla zuppa in cui cuociono.
di azzima leggere con olio di oliva (versione Israeliana).
Per
circa 30 palline di azzima
Ingredienti
-
4
uova -
1/2
cup acqua motlo frizzante -
1/3
cup olio extravergine di oliva -
1
cup di azzima macinata*
Procedimento
le uova con una forchetta per non piu’ di 1 minuto.
acqua e olio e mescolare per 30 secondi
la farina di azzima e mescolare con una spatola di silicone il minimo
indispensabile, finche’ l’impasto sia omogeneo (2 minuti)
e rassodare in frigo per 30-45 minuti
portare a bollore 3 litri di acqua in una padella larga e profonda.
Deve essere ampia da permettere che le palline raddoppino in volume
pur restando in un solo strato. L’acqua va salata come quella per la
pasta.
l’acqua bolle, ungersi bene le mani di olio e formare delle palline
della grandezza di una noce e porle delicatamente nell’acqua. Quando
sono tutte immerse far sobbollire con coperchio per 1 ora o anche 1
ora e 15 minuti. Se le palline restano crude all’interno sono
inutilizzabili. Le vedrete raddoppiare di volume e saranno tenere se
le infilzate con uno stecchino.
bene dall’acqua di cottura e servitele in ciotole individuali di buon
brodo di pollo.
possono preparare in anticipo in quantita’. Una volta cotte, scolarle
bene e porle ben distanziate su una teglia ricoperta di carta forno.
Metterle in freezer senza coprirle in modo che congelino rapidamente.
Una volte congelate suddividetele in sacchetti e conservatele per 6
mesi a -20C. Si fanno scongelare al microonde immerse in acqua e poi
si servono (tre a persona) in brodo.
chi non trovasse la farina di azzima, si puo’ fare in casa
semplicemente sfarinando le azzime in un robot da cucina.
Personalmente e’ il metodo che preferico, perche’ controllando la
finezza della macinatura si controlla la leggerezza o meno del
prodotto finale.
Balls con noci di pecan (Texas)
azzime
cipolla tritata
ml olio vegetale
farina di azzima
cucchiaino di sale
ml di brodo di pollo
uova
cucchiaio di prezzemolo tritato
cup di pecans tritati grossolanamente
l’impasto facendo ammollare le azzime in aqua tiepdida poi
strizzatele bene e unitele al resto degli ingredienti . Fate riposare
l’impasto coperto, in frigo per 30 minuti poi procedete come sopra
per formare e cuocere le palline.
L. The
New York Times Jewish Cookbook.
New York: St. Martin’s Press (2003)
Vitali-Norsa, G. (Cura.).
La Cucina nella Tradizione Ebraica.
Firenze: La Giuntina (1998)
Kander, L. The
Settlement Cookbook
(1901)
H. The
Rabbi of Bacharach New
York: Mondial (2008)
F. K. The
International Jewish Cookbook
(1918)
E. Jewish
Cookery Book
(1871),
G. Encyclopedia
of Jewish Food. New
York: Houghton
Mifflin Harcourt (2010)
G. Olive
Trees and Honey.
Hoboken NJ: Wiley Publishing (2005)
G. The
World of Jewish Cooking. New
York: Fireside 1999
J. Jewish
Cooking in America.
New York: Knopf (2001)
C. The
Book of Jewish Food.
New York: Knops (1998)
W. Romeo
and Juliet. London:
Macmillan and Co. (1892)
R. & S. Friedland. The
Jewish-American Kitchen.
New York: Wing Books (1999)
10 comments
Ann grazie, un post meraviglioso, dettagliato e che spiega benissimo una ricettache non conoscevo, particolare e molto interessante. Mi ispirano, vorrei provare a farli, anche quella versione 'con l'anima'. Fantastica.
Ann, sono così contenta che tu sia tornata! Anche perché questo post diventerà una pietra miglire per MTC! Interessante è dire poco!
semplicemente un post da urlo…
Grazie. Tra la bibliografia, sono particolarmente belli i tre libri di Gil Marks, che prima di essere un food writer e uno studioso di storia della cucina era anche un rabbino, e nei suoi testi fornisce una miriade di informazioni oltre a ricette perfette. Purtroppo e' mancato poche settimane fa. Ma ha lasciato un grande contributo nei suoi scritti.
–Ann
… e questo, è uno scalda cuore…
grazie, Ann!
Jewish comfort food 🙂
Cara Ann, ho letto tutto d‘un fiato questo tuo post da cui ho imparato tantissime cose. È molto interessante la storia di questi kneydlach e ho trovato molto carina la questione del galleggiamento o meno degli gnocchi. Per quanto riguarda la ricetta, mi hai fatto venire voglia di provare entrambe queste versioni, di gnocchi di pane ne ho provati di diversi tipi ma questi proprio mi mancavano 🙂
Grazie per questo bellissimo post e per la foto stupenda che fa venire voglia di sedersi a quel tavolo.
Grazie Mari. Quelli della foto li ho fatti con la prima ricetta che e' quella che uso da sempre. Se provi anche la seconda, nellos crivere "1/2 farina di azzima" intendevo 1/2 cup di farina di azzima. E se puoi prepara il brodo aggiungendo un paio di pastinache perche' donano un sapore leggermente dolce e sono il tratto inconfondibile per una chicken soup Jewish-style.
–Ann
I tuoi post sarebbero tutti da incorniciare.
E da leggere e rileggere.
Felicissima di rincontrarti qui all'MTC!
Grazie,Ann!
grazie a te!
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