Sono stata in Turchia per la prima volta quando ero già mamma di una bambina che faceva storie per mangiare.
Le piacevano poche cose, non aveva curiosità per il cibo, ad ogni viaggio era un pianto, visto che tutte le avventure gastronomiche si infrangevano sulla pasta al pomodoro del menu.
Era questo il motivo per cui si era sempre rimandato uno dei viaggi in cima alla mia lista dei desideri e non nascondo che, per tutto la durata del volo, avevo passato il tempo ad escogitare piani B che permettessero a noi di goderci una delle cucine migliori del mondo e a lei di trovare comunque qualcosa che la soddisfacesse.
E invece, non avevamo ancora messo piede in albergo che già venivo sommersa da domande, su quei profumi a lei ignoti che le mettevano fame. Il primo approccio fu un simit, preso appena scesi dal taxi; il secondo, un pezzo di baklavà, per accompagnare il tè. Il terzo, la scoperta dell’agnello, in un crescendo di curiosità e di sorprese che, da allora, non si sono mai fermate.
Così come non si è mai fermata, da parte mia, la passione per la cucina di questo Paese, consolidata in centinaia di altre esperienze sul campo (nascondetemi un ristorante turco, lo troverò in un battibaleno) e sublimata in una collezione di libri che ha piegato più di uno scaffale.
Anatolia è il primo di una lunga serie, quello più usato e più amato. Impossibile non condividerlo con le mie amiche, inevitabile cominciare da qui.
SIMIT – ANELLI DI SESAMO
Che li paragoniate ai pretzel, come fa l’autore, o ai bagel, come faccio io, assieme al resto del mondo, su una cosa dovete trovarvi d’accordo: i Simit vincono qualsiasi confronto.
Sarà per il loro gusto, dovuto alla melassa in cui vengono immersi prima della cottura, sarà per la loro consistenza (più morbidi dei Pretzel ma mai gommosi come invece capita ad alcuni bagels), sarà per il contrasto fra la parte croccante della superficie e quella soffice dell’interno, sarà sarà quel che sarà- ma niente è paragonabile a queste straordinarie ciambelline che i Turchi mangiano a tutte le ore del giorno, in tutti gli angoli di strada.
La ricetta originale si è persa nelle mille e una notte dei tempi ma tutti i Turchi sono concordi nel dire che i Simit si mangiano in piedi e per la zstrada. “A me non verrebbe mai in mente di prepararmene uno, se abitassi a Istanbul”, ammette infatti Somer: ma visto che non tutti hanno questa fortuna, eccovi la ricetta!
📚SIMIT S. Sivrioglu & D. Dale, Anatolia, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @profumicolori
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SAMSUN PIDE – Pide di Samsun con quattro formaggi
Samsun è una città sul Mar Nero famosa per le sue Pide che, per essere veramente all’altezza della loro fama, devono rispondere a 4 requisiti: gli ingredienti devono essere della migliore qualità, specialmente nel caso del burro, della farina e delle uova; l’impasto deve essere lavorato e soprattutto tirato a mano (bye bye mattarello); la forma deve essere quella di una barca, capace di contenere il ripieno (e migliori sono i fornai, più capiente sarà la pida); e, per finire, deve essere cotta in un forno a legna.
A cambiare, possono essere i “passeggeri ” della barchetta, tradizionalmente 4 formaggi locali, più uova, pomodori ed altre verdure di complemento: ma visto che a bordo c’è posto anche per la fantasia, datele spazio: non ve ne pentirete!
📚 SAMSUN PIDE S. Sivrioglu & D. Dale, Anatolia, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @cominciamodaqua
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KAYSERI MANTI – Mini raviolini di carne di manzo in doppia cottura
“Se dovessi nominare i tre piatti che si ricollegano senza ombra di dubbio al popolo dei Turk- la comunità che arrivò in Anatolia nel corso del XII secolo e che diede poi il nome all’intero Paese- direi lo yoğurt, il pastırma e quei piccoli ravioli chiamati mantı (pronuncia mant-uh)”.
Così parlò Somer e gli chiediamo scusa se, per la traduzione, abbiamo usato il termine “ravioli”, col rischio di generare confusione: i Manti turchi hanno origine asiatica, tanto che la traduzione più corretta sarebbe “wanton turchi”.
Le versioni di questo piatto non si contano, ma quelli che lui ci propone sono i più caratteristici, proprio per la forma minuscola: provengono dalla regione del Kayseri, nell’Anatolia centrale, dove pare che le suocere più esigenti mettano alla prova le giovani nuore chiedendo loro di cimentarsi nella preparazione dei mantu.
Secondo la tradizione, ce ne dovrebbero stare 40 in un cucchiaio (letto bene: 40), ma Somer è un tipo benevolo e chiude un occhio: basta che siano piccoli, insomma.
Dove non si transige, invece, è nella doppia cottura, in forno per asciugarli e in acqua bollente, per lessarli.
Il condimento tradizionale li vuole serviti con lo yogurt e il burro alla paprika e, sopo averlo assaggiato, non ci sentiamo di suggerirvene altri.
📚 KAYSERI MANTI S. Sivrioglu & D. Dale, Anatolia, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @vittoriatraversa
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KARNIYARIK – Melanzane al forno farcite di carne
Di Tina Tarabelli
Ovvero: non solo “imam svenuto”, tanto per citare il più celebre piatto turco a base di melanzane. Il numero delle ricette che ruotano intorno a questo ortaggio è, infatti, pressoché infinito e tutte insieme concorrono a definire la fisionomia della cucina turca, capace di far emergere sapori diversissimi dallo stesso ingrediente, grazie all’utilizzo di tecniche di cottura diverse.
A ciò si aggiunga anche il senso dell’umorismo con cui certi piatti vengono battezzati: all’Imam svenuto di cui sopra si associa questa “Pancia Squarciata”, dove la pancia, lo diciamo per tranquillizzarvi, è quella della melanzana. Si tratta infatti di una melanzana ripiena, di manzo e pomodoro, “accesa” da peperoncini freschi, prima fritta e poi cotta al forno, che Somer vieta di paragonare, anche lontanamente, al più famoso İmam bayıldı: la somiglianza è solo apparente, visto che il resto degli ingredienti, cosi come i metodi di cottura, sono diversi.
E comunque: il piatto del condannato a morte, per Somer, sarebbe proprio il Karniyarik preparato da sua nonna. Da anni, tenta di riproporne i sapori e questa ricetta è quella che più gli si avvicina: ancora indecisi, o state già affilando i coltelli in cucina?
📚 KARNIYARIK S. Sivrioglu & D. Dale, Anatolia, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @tartetatina
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CEZERYE – Tartufini di carota al cocco
Si scrive Cezerye, si pronuncia ‘jez-air-yeh’ e si sussurra che sia il vero Viagra degli abitanti di Mersin, uno dei più grandi porti del Paese, sulla costa sudorientale della Turchia.
Pare infatti che questi dolcetti conferiscano un vigore inaspettato e che, di conseguenza, vengano consumati in grande quantità, soprattutto dalla parte maschile della popolazione.
Poco male, precisa Somer, visto che si tratta di un dolce che fa eccezione alla regola, nel paese dello zucchero e del miele: gli ingredienti sono infatti perfettamente bilanciati, a creare un dessert che, per l’appunto, non stucca.
E se poi ci fossero altri effetti collaterali, ben vengano: aiuteranno a smaltire le calorie 🙂
📚 CEZERYE S. Sivrioglu & D. Dale, Anatolia, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @giuliffa
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Firikli Bildircin – quaglie super Freekeh e melassa di carrube
Quaglie al forno farcite di freekeh e lenticchie. Ricetta di origine ottomana, attualizzata dall’autore, che sostituisce il riso con il freekeh, mantenendo però l’uso dell’originale melassa di carrube (preferita dai sultani) invece della più modaiola melassa di melograno.
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Şekerpare – cupolette alla semola e sciroppo di limone
Un altro delizioso piccolo dessert turco, per finire dolcemente il pasto.
Somer racconta che sua nonna preparava gli şekerpare (che significa pezzo di zucchero in turco antico) in grandi quantità, e li offriva agli innumerevoli invitati con cui condivideva il té pomeridiano o la cena, e non erano mai meno di 12 persone alla volta. E’ fondamentale bagnare questi dolcetti con lo sciroppo mentre sono appena usciti dal forno, ancora caldissimi, in modo che assorbano il più possibile.
Dice l’autore di lasciare molto spazio fra le cupolette, in modo che cuocendo possano espandersi, come il girovita.
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BAZLAMA – PANE IN PADELLA
Somer Sivrioglu ce li racconta così:
“Il bazlama è la forma di pane più semplice del mondo, non richiede nemmeno un forno. La tecnica ha probabilmente almeno 3000 anni. Nei villaggi turchi, i pezzi di pasta vengono spalmati su un sacco (pronunciato “sazh”), che è come un wok capovolto che riposa sui carboni ardenti.
A differenza della maggior parte dei pani, il bazlama richiede poco tempo di preparazione. Poiché contiene yogurt, ha un sapore ricco e una consistenza interessante: morbida dentro e croccante fuori”.
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POĞAÇA – BRIOCHE ALLA BALCANA E TIRNAKLI PİDE
Parliamo ancora di pani, uno soffice arricchito da yogurt e semi,, da accompagnare a una colazione, o meze, e uno gustosamente farcito di patate e peperoncino, tutti fragranti, tutti da provare.
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LABNE MINTED YOĞURT BALLS
Il nome LABNEH come, ci spiega Sivrioglu, deriva da laban, vocabolo egiziano-arabo per ‘latte’, che è solo yoğurt colato, trattato con un po’ di limone e sale; e che può essere trovato in tutta la Turchia sotto il nome di suzme. Ai libanesi piace intingere le loro palline di labne in zaatar e agli egiziani in dukka, ma l’autore ha preferito mantenere la tradizione turca e condire le polpettine con menta e sommacco.
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PERDELI PÌLAV – TIMBALLO TURCO DI RISO
Una torta salata tipica, originaria di Siirt, una città nel sud-est della Turchia, che Somer Sivrioglu la presenta nella sua sontuosa bellezza. Il nome del piatto significa, letteralmente, riso velato.
Il “velo” è una sfoglia di pasta (in alcune ricette una fillo, in altre una pasta più spessa e burrosa) che, nella sua versione originaria, racchiude un riso pilaf arricchito con del pollo. La variante di Anatolia è invece molto più elaborata, con cipolle confit, un pilaf di mandorle aromatizzato allo zafferano e il profumo di cannella e di allspices, come tocco finale: ne risulta un timballo davvero sontuoso, che ben si adegua all’usanza di servirlo nei banchetti di nozze, come augurio di prosperità e di fecondità.
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IMAM BAYILDI – Il prete svenuto
Qualcuno dice che il prete (imam) sia svenuto per la sua bontá, qualcun altro sostiene che sia per la notevole quantitá di olio presente, altri ancora perché erano stati usati tutti gli ingredienti dalla sua dispensa.
Secondo quanlcuno, il prete sposó la figlia di un venditore di olio d’oliva. Ogni giorno, dopo il matrimonio, la moglie gli cucinava questo piatto con l’olio venduto dal padre. Ma, al tredicesimo giorno, l’olio terminó ed il prete collassó per lo shock.
La ricetta tradizionale si prepara friggendo la melanzana prima di cuocerla nella salsa.
Con il metodo usato nel libro, la ricetta risulta piú leggera e la melanzana assorbe di piú i sapori della salsa. Tuttavia il passaggio in forno diventa fondamentale per ridare croccantezza alla melanzana.
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Dolmas alle albicocche secche e noci
Questa é una ricetta dolce tradizionale della zone di Erzurum. Si tratta di un piccolo involtino di pasta kataifi, simile alla pasta fillo ma formata da un intreccio di capellini sottilissimi che, una volta cotta, diventa molto croccante.
Tradizionalmente il ripieno é costituito solo da noci tritate, qui l’autore ha voluto aggiungere una nota fruttata con l’albicocca secca.
Sono veloci e facili da preparare, una volta presa familiaritá con la pasta.
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CHOCOLATE DATES
Di Nicol Pini
Un piccolo dolcetto sfizioso che appagherà la vostra voglia di dolce. Perfetti da servire dopo cena o con un buon te per una pausa rilassante, proprio come usa in Turchia. Potete immergerli completamente nel cioccolato, come suggerisce l’autore, o solo la punta, come spiegato qui, dipende dalla vostra golosità.
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ÇILBIR – UOVA ALL’AGLIO YOGURT E PAPRIKA
Di Susy May
Semplicità è la parola chiave di questa ricetta turca, l’uovo pochè affonda in una crema di yogurt aromatizzato da un burro alla paprika, peperoncino ed aglio che risveglia tutti i sensi.
Ci vogliono davvero 10 minuti per preparare questa ricetta e se accompagnata dal pane o dalle tradizionali pide diventa un’antipasto praticamente perfetto!
La vera difficoltà sta nell’ottenere un uovo pochè degno di questo nome
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