La scuola è terminata da qualche giorno, e non potevamo che parlare della scuola di tutte le scuole che mai sia apparsa in una serie TV, quella di “Fame – Saranno Famosi“, serie culto che ha da poco festeggiato i 36 anni dalla sua messa in onda.
Abbiamo cercato di concentrarci sui temi che hanno caratterizzato questa serie così iconica e la sua (fortunatissima e vastissima) eredità.
Cominciamo da un argomento “classico”, quando si parla di “Fame”, la sua musica.
Alzi la mano chi non ricorda almeno una canzone tratta da questa serie!
Fame e la musica – Ilaria Talimani
…don’t you know who I am, remember my name, fame, I’m gonna live forever, I’m gonna learn how to fly, high…Baby, remember my name, remember, remember, remember, remember, Remember, remember, remember, remember”
Questo è più o meno quello che tutti in Italia capivamo all’epoca della prima messa in onda della serie TV “Fame – Saranno Famosi” ed era già parecchio considerando gli anni e la conoscenza dell’inglese medio. Ma quello che accadeva davvero, dopo pranzo, nella maggior parte delle case, erano i balli improvvisati a partire dalle prime note della colonna sonora, accompagnati dall’ululato “remember my name, Fame!” Erano gli anni di La febbre del sabato sera (1977), Grease (1978), Fame (film 1980), Flashdance (1981), e il messaggio diffuso era che se volevi diventare qualcuno dovevi metterti gli scaldamuscoli (possibilmente rosa) e cantare ballando fino allo sfinimento. La musica aveva il ruolo principale, fondamentale ed elitario.
La canzone “Fame” interpretata magnificamente da Irene Cara nel film e poi da Erica Gimpel nella series, ha vinto un Oscar e fu nominata ai Golden Globe, ai BAFTA e ai Grammy Award. Ha dominato la classifica USA e UK a lungo ed è divenuta un cult assoluto. Un’altra canzone che ha riscosso un grandissimo successo, interpretata sempre da Irene Cara è “Out here on my own”, molto conosciuta anche per la versione incisa da Nikka Costa l’anno seguente. Entrambe le canzoni furono scritte per il film, ma poi reinterpretate durante la series.
Sull’onda del successo della series molti dei protagonisti, hanno inciso diversi dischi, tanto da formare un gruppo “The Kids from Fame” che appunto ha inciso svariati album e compiuto diverse tour e concerti dal vivo, in particolare in Inghilterra e in Europa, sfruttando la fama non solo di quello che una volta si chiamava “telefilm”, ma anche delle canzoni contenuti nelle prime tre stagioni.
I principali vocalist dei The Kids of Fame erano anche i personaggi principali della series: Debbie Allen (Lydia Grant), Valerie Landsburg (Doris), Erica Gimpel (Coco), Carlo Imperato (Danny), Gene Anthony Ray (Leroy), Lee Curreri (Bruno), and Lori Singer (Julie). Purtroppo dopo un anno di tour e promozioni alcuni dissidi interni portarono allo scioglimento del gruppo, che riapparve in una mitica reunion nel 2003.
La serie ha avuto 34 nomination agli Emmy e ne ha vinti 3. Dato l’enorme successo, gli episodi si riempirono di “camei” aventi come interpreti famosi personaggi dello spettacolo che, nell’ambito della vicenda scenica, interpretavano se stessi, come Joan Baez. “Saranno famosi” è stato anche il trampolino di lancio per la carriera di Janet Jackson, esordiente di lusso. Ricordiamo anche per dovere di puro gossip, che una ventunenne Madonna, si presentò al casting per interpretare l’interesse sentimentale di Danny Amatullo nella seconda stagione, e venne scartata in favore proprio di Janet Jackson, a cui però verrà assegnato un ruolo minore.
Ironia della sorte, proprio le due dive del pop hanno raggiunto invece una fama mondiale.
La forza dirompente di questa serie TV è dovuta, oltre alla grandissima ricchezza di performance artistiche, è dovuta al fatto di aver forse per la prima volta portato sul piccolo schermo una realtà che andasse al di là del sogno americano perfetto e patinato che fino ad allora era stato il solo protagonista della televisione.
Fame e i temi sociali – Gioconda Pieracci
Il messaggio principale di Fame era quello del riscatto sociale attraverso l’arte. Inseguire il proprio sogno, senza arrendersi mai. La sigla nella versione italiana recitava
Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama. Ma queste cose costano ed è esattamente qui che comincerete a pagare, col sudore
Il grande impatto però, era stato anche il modo di comunicare questo messaggio, in maniera quasi brutale, mettendoci di fronte ad una realtà non addolcita dalla retorica e semmai raccontata in aspetti che ancora ci erano alieni. Anche la regia e l’ambientazione non avevano nulla dell’ottimismo felice delle altre scuole che avevamo conosciuto finora.
Eppure, nonostante questo o anzi, proprio per questo, Fame è diventata una serie di culto, alla quale la nostra generazione ha tributato un affetto sincero, pur senza riuscire ad immedesimarsi fino in fondo in realtà con cui avremmo dovuto fare i conti almeno 10 anni dopo.
Fame propone temi fondamentali e domande con cui la società è costretta a scontrarsi, temi dolorosi e complessi come l’autostima, il rapporto genitore e figlio, il carcere, la malattia, le disabilità, la difficoltà di vivere in un mondo dove spesso si devono fare conti con la fredda disumanità dei numeri.
Gli esempi sono moltissimi, la prima stagione culmina con l’episodio finale nel quale il professore di recitazione deve essere licenziato per mancanza di fondi e termina con un momento di pura emozione dove studenti e professori intonano la struggente Starmaker.
Nella seconda stagione è degno di nota l’episodio intitolato Un aiuto agli amici, dove viene trovata la lettera di un aspirante suicida e tutta la scuola si mette alla ricerca di questa persona in difficoltà.
Nella terza stagione il tema delle disabilità è affrontato in più episodi e sotto diverse angolazioni, la quarta e la quinta stagione sono davvero dense di temi importantissimi come l’immigrazione ed il nucleare affiancati dai temi legati al rapporto con se stessi e con gli altri come l’anoressia.
Fin dalla prima stagione ogni episodio dà il la ad una riflessione e disegna una mappa delle difficoltà incontrate da ogni adolescente nel rapportarsi con il mondo degli adulti, con la crescita e con le ingiustizie.
I ragazzi della New York School of the Performing Arts hanno però un grande strumento dalla loro parte, l’arte, che usano anche per capire, elaborare ed affrontare la realtà. Un valore importante in questa serie è infatti l’empatia che i ragazzi esercitano immedesimandosi, recitando e mettendo in scena episodi traumatici e temi importanti.
Il messaggio che Fame veicola è sempre positivo ma non è quello del lieto fine a tutti costi, è la convinzione che l’umanità sia sempre la risposta
Fame, lo abbiamo già detto all’inizio, è una serie culto, e come ogni serie cult raccoglie intorno a sé aneddoti e curiosità, e produce anche effetti che vanno ben oltre la durata della serie stessa.
Fame, curiosità e talent show – Susy May
“Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama; ma queste cose costano ed è esattamente qui che si comincia a pagare: col sudore!”
Questo, come abbiamo già detto, è l’incipit da cui tutto aveva inizio: la strada per il successo è lastricata di sacrifici, come ci raccontano i protagonisti di “Saranno Famosi”.
Alan Parker, con il suo omonimo film, aveva aperto le porte della High School of Performing Arts di Manhattan e spianato la strada alla serie Tv “Saranno famosi” di Michael Gore e David de Silva. Non fu però un successo immediato, tanto che la serie TV fu addirittura cancellata alla seconda stagione, nonostante le critiche favorevoli ed un buon riscontro di pubblico.
Fu il cambio di emittente televisiva che ne decretò il successo: dalla terza stagione in poi, la serie TV conquistò il mondo entrando direttamente nel mito. Il successo fu tale, che furono moltissimi i personaggi famosi a voler fare un cameo nella serie: tra questi ricordiamo Joan Baez, Richard Simmons e John Carradine. E furono molti i personaggi famosi (ma allora sconosciuti) che hanno partecipato senza successo ai provini del cast: Jennifer Beals (Flashdance) Fran Drescher (nota per la serie TV “La Tata”) e Madonna alla quale fu preferita Janet Jackson per il ruolo di Cleo Hewitt.
Sull’onda del successo e del fascino indiscutibile che esercitava ed esercita ancora oggi una scuola di artisti come questa, l’evoluzione televisiva ha trasformato il format in un reality show, dove il talento migliore emerge a colpi di televoto. In Italia il fenomeno reality ha il nome di “Amici”, che nella prima edizione aveva come sigla proprio la canzone “Fame” ed come sottotitolo “Saranno famosi”.
Ma molti altri sono i reality che hanno preso spunto dalla serie TV, differenziandosi per genere e materia. Con l’avvento dei reality, siamo passati dai sogni alla realtà: oggi migliaia di giovani fanno code chilometriche ed attese estenuanti per mostrare il loro talento in 3 minuti.
Siamo un po’ distanti da quel sudore e sacrificio di cui si parlava nel nostro incipit, ma nell’era dei social, del voglio tutto e subito, dell’Influencer e della velina come professione, delle diete miracolose da 7 chili in 7 giorni e delle scuole di twerking, non c’è più il tempo per “costruirsi” un futuro, perché il successo e la fama durano giusto i 30 secondi di un Instagram Story.