di Alessandra Gennaro – An old fashioned lady
In principio furono i Chelsea Buns.
Pare che gli antenati dei famosi Cinnamon rolls siano i Chelsea Buns, su cui Alessandra ha scritto un bellissimo articolo per “le Voci degli Altri” nella giornata nazionale della Torta di Rose per il Calendario del cibo italiano, che trovate per intero qui.
Chi fu il primo che ebbe l’idea di dare ai pani alla cannella la forma arrotolata per cui oggi sono universalmente famosi?
E’ di rigore un passo indietro, meglio se Oltremanica e più precisamente nella Londra del XVIII secolo e nel quartiere di Chelsea, dove sorgeva una piccola bottega, destinata a balzare agli onori della cronaca di quegli anni e della storia del cibo: la Chelsea Bun House, cosi chiamata dal nome della sua più famosa produzione, quegli omonimi Chelsea Buns che si trasformarono in una sorta di mania collettiva, nel secolo successivo, sia per la morbidezza dell’impasto sia per la loro “strana” forma, a spirale.
A dispetto delle critiche di Jonathan Swift, che li aveva trovati stantii, tutta Londra si dava appuntamento di fronte alla bottega di Mr Hands e sua moglie: pure due generazioni di reali, Georgio II e Giorgio III, con moglie e figli al seguito, non facevano mistero delle loro debolezze, recandosi pirsonalmente di pirsona dal fornaio e dalla moglie. Addirittura la regina Charlotte, moglie di Giorgio III, regalò a Mrs Hand un boccale d’argento, con dentro 5 ghinee, in segno di gratitudine e di apprezzamento.
Superfluo aggiungere che il proprietario del locale fosse una sorta di mago del marketing ante litteram: neppure era iniziato lo smercio di massa dei suoi panini che già aveva cambiato nome, da Mr Hand a Captain Buns e appena una shilouette regale apparì all’orizzonte, ecco che la sua bottega divenne immediatamente la Royal Bun House, con un nome non autorizzato che circolò ben presto fra i sempre più numerosi estimatori.
Le scene davanti al locale erano comunque da delirio: stando alla leggenda, il primo giorno in cui i Chelsea Buns vennero messi in commercio, ci fu una coda di 50000 (letto bene: cinquantamila) persone; le code si formavano già alle 3 del mattino, poco prima dell’orario dell’apertura e verso la fine del secolo fu necessario un presidio permanente delle forze di polizia, per evitare risse o schiamazzi: infine, nel 1792, la stessa Mrs Hand dovette alzare le braccia in segno di resa, dichiarandosi incapace di gestire le centinaia di migliaia di clienti (letto bene: centinaia di migliaia) che ogni anno si presentavano nel suo negozio. Tuttavia, gli estimatori del prodotto potevano stare tranquilli: la resa era solo parziale e riguardava la produzione di tutti gli altri panini dolci (fra cui gli Hot Cross Buns, per i quali la bottega era ugualmente famosa). I Chelsea Buns sarebbero rimasti e cosi fu per ancora molti anni, nel corso dei quali la sempre più anziana (e supponiamo ricchissima Mrs Hand) si vedeva costretta a blindare le porte del negozio e a passare la merce attraverso le feritoie delle persiane.
Ma qual era il segreto di questa ricetta?
Stando alla voce dell’Oxford Companion to Food, l’impasto era a base di cannella e scorza di limone e veniva poi farcito con burro fuso, zucchero scuro e uvetta. Dopo essere stato arrotolato due volte, veniva poi tagliato in tanti dischi a spirale, sistemati in una teglia rettangolare, distanziati. La successiva lievitazione e la cottura contribuivano a riempire gli spazi intermedi, dando ai buns la tradizionale forma quadrata. In ultimo, una spennellata di sciroppo di zucchero assicurava loro un ultimo supplemento di dolcezza, il primo a contatto con il palato, appena morsi. La fonte è quel monumentale English Bread and Yeast Cookery che però è il solo ricettario di quegli anni a prevedere la cannella nell’impasto. Tutti gli altri, a cominciare da Jane Grigson, (English Food) per finire con la prima edizione di The Great British Bake Off, passando per l’indispensabile Teatime Baking Book di Jane Pettigrew presentano la ricetta senza nessuna aggiunta, né limone, né cannella, neppure nel ripieno.
Il che ci riporta quasi al punto di partenza.
Appurato che il consumo di massa della cannella inizia nel XVIII secolo, lo stesso in cui un fornaio di Chelsea ha la bella idea di arrotolare a spirale un impasto lievitato, chi fu colui che celebrò una buona volta questa unione?
“Noi! Noi!” gridano in massa gli Svedesi, orgogliosi dei loro Kanelbullar piu’ che di qualsiasi altro piatto della loro tradizione: sono arrivati ai punti di dedicare loro una Giornata Nazionale, il 4 ottobre e questo quasi 30 anni fa, nel 1999, quando si era ancora lontanissimi dal confondere i santi con le ricette. Ma l’amore per questi panini in Svezia è davvero smisurato, anche perché’ da anni essi scandiscono tutti i loro riti quotidiani, dalla colazione allo spuntino. La storia, però, parla chiaro: prima del 1920 non è attestato nessun roll alla cannella, in tutto il Regno. I pani si, e pure da secoli (per giunta con una particolare associazione con il caffè che è da sempre una caratteristica dei Paesi del Nord), ma chiocciole no. Pare infatti che essi siano nati come reazione alle ristrettezze e ai razionamenti imposti dal governo svedese all’epoca del primo conflitto mondiale. A dispetto di una neutralità rispettata, la Svezia scelse comunque la via della prudenza, con inevitabili ripercussioni sulla spesa di tutti i giorni. Ad essere razionati furono i prodotti di importazione, primo fra tutti lo zucchero e quando si tornò alla normalità, non parve vero ai fornai di poter festeggiare la riacquistata abbondanza con la creazione di queste chiocciole di pane, aromatizzate alla cannella e al cardamomo. Si trattava comunque di spezie ancora piuttosto costose, tant’è che fino al 1950, quando anche i loro prezzi finalmente si abbassarono, i Kanelbullar restarono un prodotto da comprare, piuttosto che da preparare in casa, cosa che invece avviene da settant’anni a questa parte. I consumi toccano cifre impressionanti (316 kanelbunnel pro capite all’anno hanno fatto rizzare i capelli a tutti i nutrizionisti svedesi, con conseguente campagna di sensibilizzazione contro gli eccessi dello zucchero) e aumentano in modo esponenziale se riferiti al boom della pasticceria nordica in Europa e nel mondo di questi ultimi anni.
Rispetto ai Cinnamon Rolls americani, sono meno dolci e non hanno la glassa: di solito, i Kanelbullar svedesi sono decorati con lo zucchero perlato mentre quelli Norvegesi hanno un marcato gusto di cardamomo e semplice zucchero semolato in superficie. A differenza degli altri Buns, vengono preparati negli stampi dei muffins o in pirottini e sono piuttosto grandi, specialmente se si comprano nei forni. In Danimarca si chiamano Kanelsnegl’ (chiocciole alla cannella), in Finlandia Korvapuusti , letteralmente “orecchie prese a schiaffi” (forse perche’,come ha azzardato qualche linguista fantasioso, dopo una sberla sonora un cinnamon roll poteva essere una giusta consolazione!)
Ora, a dispetto di quello che si legge in tutti i testi svedesi sull’argomento, non è cosi assodato che i kanelbullen siano i padri dei Cinnamon rolls statunitensi: la prima ricetta attestata, infatti, si trova in un libro pubblicato a Milwakee nel 1910 (quindi 10 anni prima della nascita ufficiale dei panini svedesi), intitolato Practical Manual for Confectioners, Pastry-cooks, Bakers and Candy Makers, a firma di tal Mathew Malzbender che scrisse il manuale in due lingue, inglese e tedesco. Il cognome dell’autore e la lingua utilizzata ci portano allora in Germania, dove troviamo altri cinnamon rolls che, nella forma, ricordano moltissimo i Chelsea Buns e che, sin dalla ricetta originale, contengono la cannella. Ad esportarli negli USA furono gli Ebrei che animarono il quartiere tedesco di Philadelphia, alla fine dell’Ottocento, tanto che questi buns, forse sulla falsariga dei cugini britannici, in origine presero il nome dalla città in cui vennero prodotti per la prima volta: ordinare un Philadelphia Bun o un Philadelphia Sticky bun significava a quei tempi trovarsi di fronte ad un fragrante panino arrotolato, profumato di cannella, ripieno di uvetta e nocciole e- udite udite- decorato con fili di glassa.
E il cerchio- o meglio- la spirale si chiude.
Chelsea buns
Ricetta tratta da Jane Grigson, English food
Per l’impasto
60 g di burro
450 g di farina debole
2 cucchiai di zucchero semolato
5 g di lievito di birra disidratato
1 uovo, leggermente sbattuto
La scorza grattugiata di un limone non trattato (facoltativi)
1 pizzico di sale
Per il ripieno
30 g di burro, leggermente morbido
35 g di zucchero di canna chiaro
100 g di uvetta
Tuorlo e latte per spennellare
Per la glassa
2 cucchiai di zucchero semolato
1 cucchiaio di latte
2 cucchiai di zucchero demerara ( o altro zucchero di canna, chiaro)
Procedimento
- Fate sciogliere il burro nel latte a fuoco dolce e lasciate intiepidire.
- Setacciare la farina e mescolarla allo zucchero in una terrina capiente. Aggiungere il lievito.
- Versate l uovo nel latte e burro intiepiditi e mescolate. Poi versate tutto sugli ingredienti solidi e iniziate a impastare, prima nella ciotola e poi su un. piano di lavoro leggermente infarinato.
- Durante la lavorazione aggiungete il sale è, se prevista, la scorza grattugiata del limone.
- Impastate per circa 15 minuti, fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Dategli la forma di una palla, mettetelo in una grande ciotola leggermente infarinata coprite con un telo e fate lievitare fino al raddoppio.
- Ammollate l uvetta in acqua tiepida. Strizzare bene prima dell’uso.
- Quando l impasto sarà raddoppiato, sgonfiatelo su un. piano di lavoro leggermente infarinato e stendetelo in un rettangolo di circa 30 cm x 15 cm con il mattarello, anch’esso leggermente infarinato. Tenete il lato lungo di fronte a voi.
- Spalmate il burro all’ interno (potete anche fonderlo, per far prima.. L ideale sarebbe lavorare con del burro a pomata),spolverate con lo zucchero e l’uvetta.
- Imburrate una teglia rettangolare di 25 30 cm di lunghezza. La caratteristica dei Chelsea buns è la forma quadrata che deriva dal fatto di cuocere l uno a fianco all’altro. Per questo, è fondamentale che la teglia sia a misura. Se non dovesse contenerli tutti, potete far cuocere i pochi che restano separatamente: magari non prenderanno la forma precisa, ma saranno buoni lo stesso.
- Arrotolate l’impasto partendo dal lato lungo, il più strettamente possibile. Poi affettatelo come un salame, a fette di 2,5-3cm di spessore. Dovrete ottenerne come minimo 9.
- Disponetele sulla teglia a poca distanza le une dalle altre. Non devono toccarsi ma neppure essere lontane. Calcolate due dita al massimo. Spennellare con il tuorlo e il latte e fate lievitare x 40 minuti, coperto da un telo.
- Fate cuocere a – 200 gradi fino a quando i Chelsea buns saranno belli dorati (20 minuti circa). ( Io preferisco 180 gradi )
- Nel frattempo, sciogliere gli zuccheri nel latte, a fuoco basso.
- Sfornate il dolce e spennellate ogni bun con lo sciroppo. Lasciate intiepidire (almeno) prima di consumarli.
Fonti
per i Chelsea Buns
London Food History- Chelsea Buns
Collister, L., The Great British Book of Baking
David, E. English Bread and Yeast Cookery
Davidson, A., Oxford Companion to Food
Grigson J., English Food
Pettegrew J., The National trust Teatime Baking Book
per i Kanelbullen
Kanelbullensdag. Se (sito ufficiale delle celebrazioni del 4 ottobre)
Six Sticky Facts about Sweden’s beloved Buns- The Local.se
15 Things you need to know about cinnamon buns- scandikitchen.co.uk
per i Cinnamon Rolls
AA.VV. -The Larder Invaded: Reflections on Three Centuries of Philadelphia Food and Drink
Mariani F., J. Encyclopedia of American Food and Drink,
Cinnamon Rolls- Foodtimeline.org
5 comments
non conoscevo la storia dei Chelsea Bun ed è davvero interessante. ale riesci sempre a rapirmi quando scrivi e ovviamente i dolcetti sono stupendi!
Che meraviglia, adoro, adoro, adoro….e poi la storia come al solito scritta magistralmente.
questo tdm e’ top.
MI pare manchi l’indicazione della quantità di latte nell’impasto…
eccoli i famosissimi chelsea buns e la loro storia: non solo ricette ma approfondimenti e cultura … mi piace sempre di più questo mtc
Una delle torte preferite di mio marto che non ho mai fatto strano ma vero quindi sei arrivata a pennello
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