di Susanna Canetti Afrodita’s Kitchen
anche papassinas, pabassinos o papassinos, il loro nome deriva dalla
parola dialettale pabassa, che
in sardo significa uva passa. Si tratta di tipici dolcetti presenti su tutto il
territorio della Sardegna, in particolare nella zona centrale, dei quali
ogni paese ed ogni famiglia, custodisce la propria ricetta, sempre con l’ingrediente
comune dell’uva passa. Un tempo la loro preparazione era legata
alla stagione autunnale, periodo nel quale, in seguito alla vendemmia,
si avevano a disposizione uva e mosto. Le varietà di uva priva di semi e
ricca di zuccheri, come ad esempio quella sultanina, venivano sottoposte
ad un procedimento di essiccazione, per ottenere l’uva passa, che in questo modo
poteva essere conservata per lunghi periodi. Invece con il mosto d’uva bianca o
rossa si produceva la sapa (o saba), uno sciroppo dolce e denso,
risultato di una lunga cottura in un paiolo di rame insieme ad una mezza
dozzina di noci con il guscio, che rivoltandosi nel lento bollire, aiutavano il
mosto a non attaccarsi al fondo. La sapa è detta anche vino cotto o miele
d’uva, ed ha dirette affinità con il termine latino sàpor. Insieme al miele era
il dolcificante più usato nell’antichità, quando lo zucchero di canna e di
barbabietola erano ancora sconosciuti. I contadini, oltre che nei dolci, la
utilizzavano per insaporire piatti poveri come la polenta, per intingervi altre
pietanze (come ad esempio lo gnocco fritto), e per correggere vini
deboli. Pellegrino Artusi, nella sua celebre opera La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, pubblicata per
la prima volta nel 1891, nomina il prodotto tra gli sciroppi usando
le seguenti parole: “La Sapa, ch’altro non è se non uno siroppo d’uva, può
servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in
alcuni piatti. E’ poi sempre gradita ai bambini che nell’inverno, con essa e
colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti”. Oggi la sapa è
stata riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale, tipico di
Emilia-Romagna, Marche e Sardegna, dove ha dato origine a caratteristiche
pietanze, sia dolci che salate. In Sardegna la sapa, oltre che dal mosto, viene
ricavata anche dai frutti del fico d’india, e chiamata Saba de figu
morisca. Anche i pabassinas hanno ottenuto il riconoscimento di P. A. T. da
parte dell’Assessorato dell’Agricoltura, e negli ingredienti base vengono
identificati: farina 00, uva sultanina, uova fresche, vino cotto (sapa),
margarina vegetale, zucchero, mandorle nazionali, latte e lievito chimico. Ma
come dicevamo all’inizio esistono tantissime varianti, con aromi (cannella,
vaniglia, scorze di arance e di limoni, semi di finocchio selvatico o di anice)
ingredienti (burro, strutto, latte, sapa, miele, noci, mandorle, pinoli) e
forme diverse, anche se la più comune è quella a rombo. Tradizionalmente
venivano preparati nel giorno di Ognissanti, per essere regalati ai bambini che
facevano la questua di casa in casa, per le anime dei morti. Allora le tavole
restavano apparecchiate tutta la notte, e si riempivano di dolcezze per coloro
che erano presenti solamente nei cuori di ciascuno. Oggi, che si è un po’
perso il legame con le stagioni e con le tradizioni, vengono preparati tutto
l’anno, soprattutto in corrispondenza delle festività.
Ingredienti per
35/40 pabassinas:
- 500 g di farina
debole di grano tenero (W170) - 150 g di strutto a
temperatura ambiente - 150 g di uva passa
- 150 g di zucchero
semolato - 120 g di mandorle
pelate - 120 g di gherigli
di noce - 2 uova a
temperatura ambiente - 100 ml di sapa
- la scorza
grattugiata di 2 arance non trattate - 1 pizzico di sale
fino - 8 g di lievito per
dolci
Per la copertura:
- 250 g di zucchero a
velo - acqua q.b.
- codette di zucchero
colorate
Procedimento:
passa mettendola in una ciotola coperta di acqua tiepida per un quarto d’ora.
Nel frattempo
tritare grossolanamente le mandorle e le noci.
Versare nella
planetaria la farina setacciata, il lievito, un pizzico di sale, la scorza
grattugiata delle arance (senza la parte bianca), lo zucchero e lo strutto.
Impastare con il gancio a bassa velocità fino ad ottenere un composto
sbriciolato
Aggiungere le uova,
continuando ad impastare, e appena vengono assorbite versare anche le noci e le
mandorle tritate, e subito dopo l’uva passa ben scolata dall’acqua.
Versare a filo la
sapa, procedendo gradualmente, e continuando ad impastare a bassa velocità,
utilizzandone la quantità necessaria per avere un impasto compatto e morbido,
che si stacca dalle pareti della planetaria. A me sono serviti 100 ml di sapa,
ma la quantità può variare in base al grado di assorbimento della farina.
Avvolgere l’impasto
nella pellicola trasparente e far riposare in frigorifero per almeno 30 minuti
Su una spianatoia
leggermente infarinata stendere l’impasto con il mattarello ad uno spessore di
circa 7 mm. Con un coltello ritagliare dei rombi (in base alle dimensioni ne
verranno circa 35/40) e disporli su delle teglie ricoperte di carta da forno
Cuocere in forno
statico preriscaldato a 180° per circa 15/20 minuti, una teglia alla volta. Per
verificare la cottura controllare che la base dei pabassinas abbia preso
colore, ma la superficie deve risultare ancora leggermente morbida.
Estrarre dal forno,
far raffreddare, disporre su una gratella e ricoprire con una leggera glassa
ottenuta mescolando qualche cucchiaio di acqua (circa 7/8) con lo zucchero a
velo. Cospargere subito con le codette di zucchero colorate e lasciar
solidificare.
I pabassinas si
conservano in una scatola di latta per biscotti per diversi giorni, anzi il
giorno dopo sono ancora più buoni.
2 comments
Devo essere buonissimi, e poi sono anche molto allegri presentati così, brava.
A noi sono piaciuti tantissimo, buoni anche dopo diversi giorni, anzi sempre più buoni.
Grazie Ilaria
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