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Red Velvet e Devil’s Food. Misteri, miti e leggende metropolitane.
Le origini del Red Velvet Cakee del Devils Food Cakenon sono chiare e per molti versi si intrecciano e confondono tra loro. Varie teorie, piu’ o meno fondate, vengono ripetute da tempo e solo questo rende in qualche modo necessario prenderle in considerazione, prive come sono di riferimenti storici verificabili. Probabilmente, il mistero non verrà’ mai risolto, e forse questo e’ un bene perché’ fa parte del loro fascino che, soprattutto il Red Velvet Cake, continua a persistere. Non sempre vale la pena di svelare tutto ciò che e’ misterioso, in quanto alla fine quel che resta spesso non e’ che una delusione.
Considerazioni filosofiche a parte, conviene esaminare per prima cosa i nomi di questi due ultimi Layer Cakes. Il termine velvet (velluto) compare prestissimo nei ricettari Americani e si riferiva semplicemente ad un tipo di torta con una consistenza molto morbida, ottenuta con una particolare tecnica di preparazione dell’impasto.Tenendo conto del fatto che in generale le farine Americane sono piuttosto ricche di glutine, e quindi forti, ottenere torte sufficientemente morbide era difficile prima dell’avvento del lievito chimico. Una soluzione al problema era quella di preparare l’impasto per le torte al burro mescolando prima burro e farina, e unendo solo dopo i liquidi, come le uova. Il burro fungeva da “impermeabile” sulle particelle di farina, evitando cosi’ di sviluppare eccessivamente il glutine una volta entrate in contatto coi liquidi. Il metodo viene ad esempio consigliato da Lydia M. Childnel suo The American Frugal Housewife publicato nel 1829. In seguito, il termine’ resto’ ma la tecnica fu in qualche modo dimenticata, grazie all’avvento del lievito chimico a partire dal 1856. Infatti, Fannie Farmer nel suo Boston Cooking-School Cookbook (1896) fornisce una ricetta di White Velvet Cake(bianco, cioe’ senza cacao o cioccolato) la cui morbidezza e’ ottenuta grazie all’uso del lievito chimico e alla sostituzione di una parte della farina con amido di mais, senza minimamente menzionare questa tecnica.
Il Devil’s Food Cake, una delle torte al cioccolato piu’ famose del nostro repertorio, segna uno degli inizi della storia d’amore tra gli Americani e il cioccolato, che continua a tutt’oggi senza cedimenti. Anche per questa torta, non sappiamo bene a chi vada il credito di averla inventata, cosi’ come non sappiamo chi in effetti abbia inventato i Brownies, un’altra specialita’ al cioccolato originale Americana. Partiamo dal nome: tra tutte le teorie, quella che sembra avere maggior senso, se non prove a favore, e’ quella che lo attribuisce alla scelta di mettere in luce le caratteristiche di questa torta come il completo opposto dell’Angel Food Cake. Tanto quest’ultima e’ leggera e candida da evocare una natura angelica e “pura” quanto la prima e’ golosa e scura tanto da evocare origini molto meno elevate e molto piu’ peccaminose, infernali appunto.
In che modo il Devil’s Food e il Red VelvetCake si intrecciano fin quasi a confondersi e di certo fino a confondere noi, che vorremmo sapere una volta per tutte la verita’ sull’origine di ciascuna? A complicare ulteriormente le cose, il Devil’s Foodveniva anche chiamato con diversi altri nomi. In un libretto promozionale della Baker’s Chocolate Company pubblicato nel 1936, che fa parte della mia piccola collezione di ricettari d’epoca, sono presenti ben sei ricette di Devil’s Food Cake, con nomi che vanno da Red Devil,a Sour Cream Devil’s Food Cake,a Two-Step Devil’s Food Cake, in alcune si mette del caffe’ nell’impasto, in altre no. Non e’ fatta menzione di nessuna Velvet Cake, ne’ tantomeno di un Red Velvet Cake.In un libro precedente, pubblicato per conto della Walter M. Lowney Company,il primo produttore di cioccolato negli Stati Uniti (poi soppiantato dalla Baker’s Chocolate Company), ho trovato una insolita versione di Devil’s Food che include cannella e chiodo di garofano macinati. Il libro risale al 1912 e fu scritto da Maria W. Howard,famosa a suo tempo perche’ si era diplomata alla Boston Cooking-School sotto la direzione di Fannie Farmer, di cui Maria fu allieva. Per inciso, potrebbe essere proprio Maria colei che per prima invento’ i brownies.
L’apparente legame tra il Red Velvete il Devil’s Food a quanto sembra deriva dal fatto che il colore rosso del Red Velvetvenne attribuito (erroneamente) da molti giornalisti e autori di libri di cucina ad una reazione che avverrebbe tra il cacao e il bicarbonato, che a loro dire produceva un colore rossiccio. L’affermazione e’ totalmente errata dal punto di vista chimico, perche’ in realta’ la reazione tra un ingrediente acido come il cacao col bicarbonatoriduceva l’acidita’ del cacao e di conseguenza rendeva invece marrone molto intenso i naturali toni tendenti al rosso del cacao non trattato. Ricordiamoci che in America il cacao non veniva normalmente trattato col metodo Olandese (inventato da Van Houten) , che appunto con l’aggiunta di alcali riduceva la naturale acidita’ del cacao, il che oltre a renderlo piu’ scuro ne modificava anche il sapore. Negli USA questa modifica veniva considerata una forma di adulterazione alimentare e non veniva praticata dai produttori di cioccolato, che consideravano il cacao cosi’ trattato un prodotto di qualita’ inferiore. E’ solo in tempi molto recenti che il cacao “European-Style” e’ disponibile sul nostro mercato accanto a quello naturale. E’ vero d’altronde che il bicarbonato era presente nelle ricette di Devil’s Food , perlomeno quelle relativamente meno recenti. Ma era aggiunto per reagire con la componente acida del cacao, dell’aceto e del latticello (o della panna acida) per fornire la necessaria azione lievitante. Infatti in queste versioni non viene incluso il lievito chimico vero e proprio. Come spiegato nell’introduzione storica piu’ sopra, questo metodo per far lievitare i dolci era la norma prima dell’avvento del lievito chimico. Ricette piu’ recenti, come quella di Maria Howard del 1912 utilizzano invece il lievito chimico e al posto del latticello infatti richiedono il latte normale, altrimenti l’impasto finale avrebbe conservato un retrogusto acidulo. Ma in ogni caso l’uso del bicarbonato non era volto a produrre un colore rossiccio in quanto semplicemente dal punto di vista chimico questo non si poteva ottenere in tal modo. Tra l’altro, in molte ricette di Devil’s Food invece del cacao era (ed e’) utilizzato il Baking Chocolate, un cioccolato al 100%, ma le stesse considerazioni restano valide. Sembra chiaro, comunque, vista la differenza negli ingredienti in termini di quantita’ di cacao o cioccolato usati nel Devil’s Food rispetto al Red Velvet Cake che si tratta in effetti di due torte diverse.
Un’altra teoria sull’origine del Red Velvet Cake attribuisce la creazione della ricetta al Waldorf-Astoria Hotel (oggi Hilton) di New York. Tra tutte, questa e’ una delle teorie che possiamo eliminare immediatamente perche’, semplicemente, non e’ vera. Questa e’ una storia, una delle tante, tantissime leggende metropolitane (urban legend) incircolazione e che come taleesiste da parecchio tempo ed ha attraversato l’America con non poche varianti, pur mantenendo intatto il nucleo principale. Che, per la precisione, non e’ di natura culinaria ma riporta le caratteristiche tipiche del classico tale of revenge , (storia di vendetta o rivalsa), una storia in cui un torto e’ riparato con arguzia e il colpevole riceve la punizione che si merita. Nello specifico, la leggenda narra di una signora (proveniente ovviamente da qualche parte delMidwest,a volte dal Wisconsin, a volte dall’Iowa, o dall’Indiana…e cosi’ via) che durante una visita a New York si fermo’ a pranzo al Waldorf-Astoria e assaggio’ la celebre torta. Complimentandosi col cameriere azzardo’ a chiederne la ricetta e il cameriere con gran cortesia gliela fece avere scritta su un foglietto con gli ossequi dello chef—salvo poi aggiungere $100 al conto del pranzo come sovrapprezzo per la suddetta ricetta. Per vendetta contro l’esoso Chef dell’Hotel la signora, che aveva avuto l’impressione di dover ricevere la ricetta gratis, la diffuse con una sorta di catena di S. Antonio—in tempi recenti col mezzo più efficiente dell’email, allo scopo di danneggiare l’Hotel diffondendo il “segreto” della specialita’ inquestione. Questa versione circola a partire dai tardi anni ’50, tanto che la ricetta , anche chiamata $100 Cake, in altre versioni (forse tenendo conto dell’inflazione) varia dai $5, ai $250, ai $300 fino ai $1000. La stessa storia circola anche da piu’ o meno lo stesso numero di anni in riferimento ad una ricetta di fudge, diChocolate Fudge Cake e diChocolate Chip Cookies. A volte il “colpevole” e’ una nota marca di cookies (Mrs. Field’s) o una catena di grande distribuzione (Neiman-Marcus).
Variano i dettagli, ma la storia e’ sempre identica e non ha riscontro reale, al pari degli alligatori nelle fogne di New York, dell’autostoppista che scompare e della signora morsa da una Vedova Nera che aveva nidificato nel suo chignon. Il fatto e’ che apprezziamo sempre una storia interessante (che sia vera e’ irrilevante) tanto quanto apprezziamo i nostri dolci. A furia di riportarle sembrano vere, tant’è che la abbiamo anche esportata—la leggenda metropolitana del Red Velvet Cake, intendo—anche in Canada, dove assunse connotazioni locali.
Ricapitolando, sappiamo molto poco di questa torta e di dove e come origino’; sappiamo piuttosto con una certa sicurezza quale non sia la sua origine.E’ un fatto comunque che questa torta sia diffusa da tempo e molto amata in Texas come in tutti gli Stati Uniti del Sud. E questo e’ forse il tassello mancante: la Adams Extract,una delle prime compagnie produttrici di estratti, spezie e coloranti alimentari, basata a Gonzales, Texas, fondata nel 1888 e ancora operativa. Fred Adams, uno dei due figli del fondatore, e’ colui al quale si deve la diffusione del Red Velvet Cake al di fuori del Texas fino a farlo conoscere nel resto degli Stati Uniti. Durante la Depressione, per incoraggiare l’acquisto di colorante rosso, Fred forniva la ricetta (che per inciso non includeva ne’ cacao ne’ cioccolato) della torta che prevedeva l’aggiunta di una buona dose di colore prodotto appunto dalla sua azienda. Fred Adams fece conoscere a tutto il Paese il Red Velvet Cake, e anche se probabilmente non sapremo mai chi invento’ la ricetta iniziale, di certo possiamo concludere che sia stato lui a delinearne l’attuale versione. Forse il successo della torta sta più nel suo aspetto che nel sapore; stupisce, diverte, da’ un’impressione di lusso, di eleganza—o almeno di un certo concetto di eleganza.
La moda recente delle cupcakes, monoporzioni con una proporzione ideale tra frosting, torta e sano individualismo, ha riportato alla ribalta il Red Velvet Cake. La sua associazione con la festa di S. Valentino, poi, e’ anche piuttosto recente. D’altronde, a noi piacciono i colori vivaci. Ogni festa qui ha i suoi colori: rosso e verde per Natale, nero e arancione per Halloween… bianco e rosso per S. Valentino, come i tradizionali biglietti (e scatole di cioccolatini) a forma di cuore rosso contornato di pizzo bianco che Charlie Brown non riceve mai da nessuno e che tenta invano di avere il coraggio di inviare alla ragazzina coi capelli rossi in A Charlie Brown Valentinee in Be My Valentine, Charlie Brown.
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A proposito di S. Valentino…
Questa Festa arrivo’ qui negli Stati Uniti dall’Inghilterra intorno al 1840 ed attecchi’ in maniera sorprendente considerando che a quel tempo la persistenza dei concetti Puritani stava ancora ostacolando la celebrazione del Natale. Dall’Inghilterra giunse anche l’idea dei biglietti (chiamati anch’essi Valentines) da inviare al proprio innamorato (reale o desiderato), idea cheEsther Howland,figlia di un cartolaio, fece propria fondando la New England Valentine Company, che ebbe un successo ineguagliato. Sebbene all’inizio la festa riguardasse solo giovanotti e fanciulle in eta’ da marito, presto si allargo’ ad includere qualunque relazione affettiva, dai nonni ai fratellini ai genitori passando per le insegnanti e i vicini di casa. Parallelamente alle cartoline affettuose, romantiche, deliziosamente sdolcinate, se ne producevano anche altre, non propriamente gentili, in cui si riproducevano caricature che dall’impertinenza arrivavano a rasentare la crudelta’, facendosi beffe delle miserie umane a livello personale e sociale, le cosiddette Vinegar Valentines, con l’acidita’ dell’aceto posta in contrasto alla dolcezza dei Valentines veri e propri. Di Valentines d’epoca esistono numerose collezioni, per esempio quelle della Library of Congress e della New York Public Library.
La tradizionale filastrocca “Roses are Red, Violets are Blue….(le rose sono rosse, le violette sono blu…) viene completata in rima in maniera piu’ o meno affettuosa (od ostile) e ne esistono innumerevoli versioni con finali diversi. Attualmente, la celebrazione di questa festa, come di tutte le altre, dal Natale ad Halloween, in molte scuole purtroppo non e’ piu’ permessa, in nome del politically correcte della guerra all’obesita’.
Anne- Blog 2 Food
Bibliografia
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10 comments
Molto, molto interessante articolo… grazie. saluti golosi Marica
Anne, hai messo il copyright su questi articoli? Perché a molti presunti food-giornalisti faranno gola: così precisi, dettagliati, interessanti, adirittura avvincenti!
stasera ho arricchito la mia conoscenza sui dolci americani, grazie a questo contest sulla Red Velvet Cake oltre che ammirarla per la sua eleganza ne so qualcosa di più. Grazie e buona serata 🙂
Rosalba
La prima parte è già stampata pronta per essere studiata. Mi tocca anche con questa. Troppo brava!!!!
Bellissimo, davvero. Complimenti per la documentatissima chiarezza, per tutti gli interessanti riferimenti letterari (da Piccole Donne a Charlie Brown) e per tutta la cioccolatosa golosità profusa in questo articolo! Ora mi è venuta voglia di sperimentare un paio di ricette……. 😛
La cucina non è solo ricette. La cucina è arte, è storia, è passione e qui ne abbiamo un esempio lampante.
Complimenti all'autrice che ha proposto un (due) post davvero interessante e complimenti alle "proprietarie" di questo blog che riescono sempre a coinvolgere e a trovare temi interessanti.
Sono piacevolmente "sconvolta"…. Complimenti vivissimi per la scientificità dello studio curatissimo e molto interessante. Sono del parere che oltre alle ricette e capacità culinarie, andrebbe curata anche la storia della gastronomia e cucina. E questo è l'unico Blog che lo fa…..
Maria Chiara
Stupendo! E non dico altro 🙂
Altro post da incorniciare. Avere una Americana che ci scrive di torte americane è veramente inestimabile, o come dicono alla Mastercard, priceless!
grande Ann, e grazie, con il tuo articolo mi hai chiarito molti dubbi e soddisfatto mille curiosità! bacioni!!
Anne io ti voglio conoscere!!!
I tuoi articoli si leggono tutti d'un fiato…sono strepitosi!! (la mia è tutta invidia! 😛 )
Complimenti!!
E come ho scritto oggi sul gruppo fb, io AMO L'MTC proprio per questo suo modo di insegnare senza sentirsi al di sopra di "noi comuni mortali". Forse un giorno avrò qualcosa da "insegnare" anche io… :))
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