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MOTHER TONGUE di GURDEEP LOYAL

by Manuela Valentini
GURDEEP LOYAL

L’ultimissima tendenza dell’editoria gastronomica anglosassone é quella di dare spazio alle seconde o terze generazioni di immigrati e alla cucina che hanno sviluppato, come punto di incontro fra la vecchia e la nuova casa. Si tratta di un argomento affascinante, oltre che di stringente attualità, visto che siamo ormai una società multietnica da decenni e sono sempre di piú gli immigrati che hanno visto nascere figli e nipoti nel Paese dove si erano trasferiti, decenni prima. E se loro erano riusciti a preservare gran parte della cultura d’origine, non così si può dire delle generazioni successive che, giocoforza, ne hanno elaborata una peculiare e propria, in un dialogo costante fra il passato e il presente. Questo vale anche per la cucina che, lo sappiamo, é uno dei momenti identitari che meglio definiscono gruppi sociali e singoli individui e che, nel caso degli immigrati di seconda o terza generazione, é testimone di un processo di integrazione capace di esiti sorprendenti (e commoventi) nella sua diversità. A volte, penso che gli scaffali delle nostre dispense raccontino molto di piú dei trattati di sociologia o di politica, in merito al dialogo e alla intersezione delle culture o, quanto meno, lo facciano in modo assai piú piacevole, con una sfilza di piatti che solleticano curiosità e palato.

Non a caso, questi sono ancora i libri che compro in formato cartaceo e che leggo avidamente in ogni loro parte, convinta come sono che debbano avere sempre più spazio: per ora, glielo trovo io, nel bailamme della mia libreria e qui a Cook My Books, a partire da Mother Tongue, opera prima e pluripremiata di Gurdeep Loyal di cui racconto tutto nelle storie, fra poco.

E preparatevi a un viaggio pazzesco, con CMB!


PARATHA RIPIENA CON TALEGGIO, SALVIA E CIPOLLA

di Manuela Valentini

Ai tempi del nostro libro sulle Crepes (Crepes is the New Black, se non lo avete accanto alla Bibbia sul comodino provvedete istantaneamente), avevo intitolato la ricetta di questo pane “Qui si Paratha la tua nobilitade”: perché davvero il Paratha é la prova del Nove per certe suocere indiane che devono capire se il loro amato figlioletto finirà in buone mani, col matrimonio. Si tratta di un pane sfogliato che appartiene anche alla cucina di strada, dove viene tirato a mano in veli sottilissimi e poi cotto e farcito su grandi piastre tonde, come se fosse una crepes: nelle case, invece, ci si sofferma maggiormente sulla sfogliatura, ottenuta spennellando ghee come se non ci fosse un domani e con un sistema di pieghe che variano di casa in casa e si concludono inevitabilmente con l’arrotolamento nella forma di una chiocciola e la spianata finale col mattarello.

Onnipresenti nelle colazioni (sono l’equivalente dei nostri croissant), ripieni per pranzo e per cena (il classico é con le patate), i Paratha sono un vero pilastro della cucina indiana e non a caso non vengono modificate dall’autore che, invece, si sbizzarrisce nelle farciture, che spaziano dal prevedibile bacon (geograficamente si, culturalmente mica tanto, ne parliamo dopo nelle storie) fino a un sorprendente Taleggio come nella ricetta di oggi

📚 STUFFED PARATHA WITH TALEGGIO, SAGE AND ONION, da MOTHER TONGUE di Gurdeep Loyal, dagli scaffali di #Cook_My_Books alla tavola di @profumicolori

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MUHAMMARA DI FINOCCHIO E PEPERONCINO KASHMIRI

di Valeria Caracciolo

Cosa ci fa un Muhammara in una tavola indiana, direte voi, associando automaticamente questa preparazione a uno dei dip piú famosi della cucina del Medioriente? Ci fa quello che fanno tutte queste salsette o intingoli o come diamine si chiamano gli hummus e i suoi fratelli dalle nostre parti: creano convivialità, é il “mangiare dallo stesso piatto” che dopo il Covid tanto ci fa inorridire ma che nei secoli é sempre stato il gesto con cui si infrangevano le barriere, di cultura, di etnia, di religione, per lasciare spazio ad un fluire di reciproche conoscenze, solide fondamenta di dialoghi fecondi e duraturi.

La cucina indiana é maestra di tavole imbandite con ogni ben di Dio e non stupisce quindi questa apertura a uno degli intingoli che piú furoreggiano di questi tempi, la sempre piú dilagante salsa a base di peperoni arrostiti, noci, paprika e melassa di melograno. L’ingrediente che piú riconduce all’India, miscela di spezie a parte, é il Kashmiri Chilli, un peperoncino venduto di solito in polvere che, a dispetto dell’intendo color rosso, ha un indice di piccantezza piuttosto basso e un lieve retrogusto affumicato che si sposa perfettamente con il Muhammara.

📚 KASHMIRI CHILLI AND FENNEL MUHAMMARA da MOTHER TONGUE di Gurdeep Loyal, dagli scaffali di  #Cook_My_Books  alla tavola di @murzillosaporito

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MELANZANE VINDALOO CROCCANTI CON ACCIUGHE E YOGURT AL PEPERONCINO

di Susy May

So resistere a tutto tranne che alle melanzane impanate e fritte e se siete del mio girone dell’Inferno, palesatevi che ci facciamo compagnia. Nel mentre, studio questa ricetta che é una sorta di livello pro delle suddette, visto che unisce due pilastri della tradizione della cucina indiana, di Goa in particolare.

La prima é il Vindaloo, la miscela di spezie considerata la piú piccante dell’infinita varietà delle miscele di spezie che profumano ogni strada abitata da Indiani, che qui viene riportata ai due ingredienti che tanto piacquero agli Inglesi del XIX secolo, tanto da farne uno degli emblemi del cibo da stadio: l’aceto e l’aglio (prima che storciate il naso, il binomio Ketchup e patatine é faccenda dei cugini d’America. Qui, le patatine vanno rigorosamente con l’aceto, pure quelle di busta).

La seconda é la salsa di accompagnamento che appartiene alla grande famiglia dei Raita (semplificando al massimo, le salse a base di yogurt) qui reinterpretata con l’aggiunta dell’acciuga che non sarà propriamente indiana, ma ci sta.

Eccome se ci sta….

📚 CRISPY VINDALOO AUBERGINES WITH ANCHOVIES CHILLI YOGURT da MOTHER TONGUE di Gurdeep Loyal, dagli scaffali di #Cook_my_Books alla tavola di @coscina_di_pollo

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DESI KOFTA

di Giuliana Fabris

Desi é un termine che, in questi ultimi anni, ha acquisito un significato fondamentale nella definizione della identità di tutti i popoli del Sud Est asiatico, inclusi gli Indiani della diaspora: la radice é antichissima (deriva dal Sanscrito ed indica, genericamente, il Paese) ma l’evoluzione contemporanea gli ha conferito un senso molto piú profondo di partecipazione ad una medesima cultura. Qui in Gran Bretagna, per esempio, é “desi” tutto quello che riguarda la produzione culturale del Sud Est asiatico, inclusa la musica e l’arte, circoscrivendo una fascia di pubblico molto ben definita che segue programmi come Desi DNA, MTV Desi e via dicendo. In un libro che celebra l’integrazione, non poteva quindi mancare un piatto dedicato a questo concetto e mi piace pensare che la scelta delle polpette non sia casuale: quale migliore testimonianza degli effetti positivi degli incontri della diversità che non queste piccole palline che possono racchiudere infiniti gusti e infinite sorprese?

E a proposito di sorprese: l’ingrediente segreto, quello che porta questo piatto su un altro livello, trasformandolo in una vera esperienza del gusto, é assolutamente inaspettato e- ovviamente- sorprendente. Ma se aspettate che ve lo sveli, vi sbagliate di grosso: stavolta, bisogna correre a leggere la ricetta. Altrimenti, che sorpresa sarebbe?

📚 DESI KOFTA da MOTHER TONGUE di Gurdeep Loyal, dagli scaffali di #Cook_My_Books alla tavola di @giuliffa

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TRIFLE PANJIRI ALLA PERA

di Tina Tarabelli

Al contadino non far mai sapere quanto é buono il Panjiri con le pere, potremmo sostenere compiaciuti, parafrasando il celeberrimo proverbio, se solo sapessimo che cos’é il Panjiri. Per fortina che c’é Gurdeep, a spiegarcelo, in una delle tante prefazioni che spaziano dal particolare all’universale e che rendono Mother Tongue un libro unico e bellissimo.

Il Panjiri altro non é che una specie di crumble cotto in padella, dove alla farina si mischiano il ghee, la frutta secca e le spezie. Nella versione di Loyal, alla farina si sostituisce il semolino e lo si trasforma in un sontuoso trifle alle pere, nel nome di quella contaminazione che é la chiave di lettura del libro di questa settimana che, personalmente, saluto con un arrivederci e non solo per le ricette rimaste nella to do list: ma anche e soprattutto per la ricchezza di informazioni e per la testimonianza di una integrazione vivace, creativa e feconda, quale vorremmo che fosse ogni incontro di culture e di popoli.

📚 PEAR PANJIRI TRIFLE da MOTHER TONGUE di Gurdeep Loyal, dagli scaffali di #Cook_My_Books alla tavola di @tartetatina

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SALTED BESAN BUTTERSCOTCH TARTS

di Elena Arrigoni

Le salted besan butterscotch tarts sono piccole tartellette deliziose, dolci con una nota salata che hanno una particolarità: non sono cotte in forno!
Oltre a questo sono fatti con la farina di ceci e pochissima farina di semola che può essere sostituita con una farina gluten free rendendola adatta anche a celiaci ed intolleranti.

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MAKHANI MUSHY PEAS

di Tina Tarabelli

La  Makhani mushy peas è una Purea di piselli burrosa  che è l’unione di due classici – Punjabi beans  e  mushy peas

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INSALATA DI PESCHE AL CARDAMOMO, BURRATA E ZAFFERANO

di Vittoria Traversa

Un’insalata di pesche e burrata, arricchita da spezie e frutta secca, che portano profumi indiani e nuove consistenze ad arricchire ingredienti chiaramente occidentali, dando vita a qualcosa di assolutamente nuovo e stupefacente.

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TIKKA TEMPURA DI SCAMPI

di Katia Zanghì

…”Questi bocconcini di scampi al masala sono da mangiare entro pochi secondi dalla frittura, immersi in una fragrante aioli di foglie di lime e amchoor e poi dukkah per una maggiore croccantezza. Una spruzzata di aceto è facoltativa, ma molto consigliata”…. cit.Autore

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