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PROVENCE DI CAROLINE RIMBERT CRAIG

by Vittoria Traversa

Chi mi conosce sa che non mi piace la Francia, ma adoro ogni sua regione.

Me le sono girate praticamente tutte, in macchina, km dopo km, fermandomi ogni volta che c’era qualcosa di bello da vedere o di buono da mangiare.

Ho una classifica del cuore e la Provenza è, di diritto, nel novero delle preferite, oltre che di quelle più visitate, complice la vicinanza geografica e la straordinaria (e forse insospettabile) offerta culturale che mi ha tentata ad ogni stagione della mia vita genovese.

Al di là degli stereotipi- peraltro così corrispondenti ad alcuni luoghi da sconfinare in una dimensione assolutamente reale- quello che mi ha sempre affascinato di questa terra è il suo lato più oscuro, più selvaggio, più scarno.

E’ quello che si contempla dalle rovine di Les Baux, dalle terre rosse e aspre di Roussillion, dalle brume del Mont Ventoux, che si legge fra le pagine di una storia in bilico fra il fascino e il tremendo e di cui rimangono tracce in una cucina fiera e gagliarda, i cui sapori antichi non hanno ceduto alle lusinghe del nuovo.

Per anni, i “ponti” di primavera sono coincisi con un giro in Provenza.

Da anni, il doverla guardare da lontano ha allungato l’elenco delle rinunce obbligate, a cui ho cercato di ovviare, malamente, comprando tutti i libri sulla cucina provenzale che mi sono passati sotto gli occhi.

Il grazie alle signore di Cook my Books, dunque- infaticabili, entusiaste, curiose e sempre bravissime- è dunque più grande del solito e sono certa che, alla fine di questa rassegna, sarete d’accordo con me.

Partiamo da un libro meraviglioso, Provence di Caroline Rimbert Craig, che coniuga storia e territorio e lo fa con eleganza e raffinatezza- e un repertorio fotografico davvero emozionante: e vi invitiamo, come sempre, a farci compagnia, nel nostro viaggio.


FOCACCIA OLIVE E ROSMARINO

di Manuela Valentini

Anche se i food blog hanno portato sotto i riflettori la fougasse intagliata, per ovvi motivi di fotogenia, nella vita reale dire “focaccia”, da queste parti, include anche e soprattutto le focacce tradizionali, quelle che prepariamo anche noi, stendendole in teglia – e facendoci stendere, noi, dai profumi che sprigionano dal forno, in cottura.

La focaccia è infatti uno dei tanti trait d’union che legano la cucina provenzale a quella ligure e che sono rimasti impavidi a fronteggiare tutti i cambiamenti: molto più morbida della fougasse, è l’accompagnamento di tutte le giornate, il tocco che rallegra una tavolata di amici, l’aggiunta golosa al cestino del pane al ristorante, la concessione a una golosità che ci unisce, nelle nostre debolezze :), alle generazioni passate , visto che questa è una faccenda antica- e chissà come si dice, focaccia, in lingua d’oc.

La versione proposta dall’autrice è arricchita con olive e rosmarino e, nell’introduzione, vengono suggerite altre varianti, fermo restando che il segreto della sua riuscita sta tutto negli ingredienti di base.

Farina, lievito, olio extravergine e acqua: in quest’ultimo caso, in un impeto di ortodossia, Caroline si è pure recata ad una delle tante fonti, che non sia mai che ci si facciano mancare le chiare, fresche e dolci acque qui.

Dal commento finale (“mi sono divertita a raccoglierla”) sembrerebbe di intuire che tutta questa differenza non ci sia stata, per cui aprite i rubinetti, setacciate la farina e lanciatevi in questa preparazione: che una focaccia appena sfornata è una delle più grandi gioie della vita.

E pure a portata di mano.

📚 FOUGASSE da PROVENCE di Caroline Rimbert Craig, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @profumicolori

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TARTE DE BLETTES – TORTA DI BIETOLE

di Vittoria Traversa

Ovvero, la cugina prima della Torta di Gee genovese e ligure, sulla cui primogenitura è bene non discutere, se si vogliono mantenere buoni rapporti con i parenti stretti (e comunque, vinciamo noi- perché lo dico io :).

Al di là delle sterili discussioni sul chi è nato prima di chi, comunque, la mater certa di questo pilastro della gastronomia provenzale è Nizza, città assolutamente meravigliosa, molto più della Promenade e dell’insalata.

Il suo vero volto è nei vicoli della città vecchia, nel suo mercato, nelle case colorate che si affacciano su stradine e piazzette dai nomi familiari e in questa torta che del passato mantiene il sapore agrodolce, con la presenza delle mele nell’impasto.

📚 TARTE DE BLETTE da PROVENCE di Caroline Rimbert Craig, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @vittoriatraversa

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RATATOUILLE

di Francesca Geloso

Sono ancora fra i pochi che, al nome Ratatouille, si ostina ad associare la Provenza, anziché il personaggio dell’omonimo film della Disney: anziché essere funestata dai topi, infatti, la mia infanzia è stata illuminata da questi stufati di verdure dal nome così raffinato che da solo bastava a rendertele più appetibili, almeno finché il palato non è cresciuto e non si è dischiuso su una gamma di sapori un tantino più complicata del “dolce/salato”, con buona pace del mondo vegetale e di tutto quello che contiene.

La ratatouille, in realtà, è piatto povero e lo è sin dal nome che significa, all’ incirca, “mescolare”.

Era lo svuota frigo delle belle stagioni, quelle in cui le verdure andavano a male prima del solito e l’orto era generoso di erbe il cui profumo aggiungeva un tocco in più, trasformando un semplice contorno in un piatto con una dignità propria, talmente marcata da assurgere a simbolo di tutta la tradizione gastronomica della regione.

Le versioni non si contano, ma la Ratatouille rimane piatto estivo: melanzane, pomodori, zucchine sono i personaggi fissi, attorno ai quali girano tutti gli altri.

Si mangia calda o tiepida o addirittura fredda, come antipasto, come contorno, come condimento ad un piatto di pasta o come piatto unico, in padella con le uova, in una versatilità che tradisce l’amore che la Provenza nutre per questo piatto, per la sua bellezza e per la sua bontà.

📚 RATATOUILLE da PROVENCE di Caroline
Rimbert Craig, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @franew8

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PANISSES CON GAMBERI

di Katia Zanghì

A Genova, la panissa è il cibo di strada che solo i Genovesi vanno a cercare.

I turisti si accontentano della focaccia, ma se vedete qualcuno che annusa fra le friggitorie di Porta Soprana e ne esce con un cartoccio in mano, statene certi: quello è un Genovese vero – e pure uno che apprezza il buon cibo.

In Provenza, le Panisses sono esattamente la stessa cosa: spicchi di un impasto di acqua, sale, olio e farina di ceci, prima cotto sul fuoco e poi fatto rassodare, per finire tagliato a spicchi che si friggono in olio profondo e si mangiano subito, ancora caldi e fragranti, con appena una spolverata di sale.

Il legame del mondo mediterraneo coi ceci è antico, profondo, identitario: più che la pasta, più che il pomodoro (ma perché, mi chiedo, perché??), è in questo piccolo legume e nell’utilizzo che ne abbiamo fatto che ci riconosciamo come appartenenti ad uno stesso grande popolo, quello forgiato da un Mare chiuso, nella sua geografia, ma capace di aprirsi al mondo, nella sua storia.

E fra Provenza e Liguria, i ceci si declinano addirittura sulle stesse note, con la Socca nizzarda, compagna della Farinata e la panissa, appunto, qui impreziosita dai gamberi e dall’aioli.

📚 PANISSES AND PRAWNS da PROVENCE di Caroline Rimbert Craig, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @katiazanghi

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PANADE -TORTA DI MELE GRATTUGIATE

di Tina Tarabelli

A differenza delle ricette viste finora, la fama di questo classico della cucina provenzale non è planetaria ma, semmai, ben circoscritta al territorio. è un peccato, fatemelo dire, perché se mai c’è una torta di mele che meriterebbe di essere assaggiata, almeno una volta nella vita, è proprio la Panade, una crostata dal ripieno di mele grattugiate e profumata alla cannella, in cui la mela è davvero la protagonista indiscussa ed assoluta.

Pizzico di cannella a parte, infatti, non c’è altro: non ci sono creme e, meno che mai, c’è lo zucchero, se si fa eccezione per la spolverata in superficie, utile a farla caramellare e a conferirle un sapore più “scuro”, perfetto per far risaltare ulteriormente la semplicità del ripieno.

I golosi la servono tiepida, con una pallina di gelato.

Ma i veri gourmand la mangiano così, assaporando una bontà antica e senza fronzoli, ma proprio per questo capace di conquistare il palato e il cuore.

📚 PANADE da PROVENCE di Caroline Rimbert Craig, dagli scaffali di Cook My Books alla tavola di @tartetatina

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RICETTA di Manuela Valentini QUI


INSALATA DI CECI

di Giuliana Fabris

Questo libro l’ho subito amato molto perchè in tutte le ricette ho ritrovato profumi e sapori di un viaggio indimenticabile, fatto alcuni anni fa. Ne ho scelte diverse, quindi preparatevi. Intanto comincio con questa buonissima insalata, che a casa mia sarà uno dei piatti estivi per eccellenza.

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Soupe au pistou

di Giuliana Fabris

Pistou vuol dire Provenza, vuol dire profumo di basilico, profumo d’estate, profumo di giornate assolate con in sottofondo il frinire delle cicale  Vuol dire serate tiepide, terrazze apparecchiate e piatti di minestrone quasi freddo, arricchito con questa salsa al basilico che ricorda molto il nostro pesto, che non prevede pinoli ed è solo ed esclusivamente provenzale

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Pollo al Pastis

di Giuliana Fabris

Il Pastis è probabilmente emblematico della Provenza quanto il Pistou o la ratatouille.
Un aperivito da servire in stretti bicchieri, allungato con acqua fredda e ghiaccio  che gli conferiscono il suo caratteristico colore lattiginoso.
Nella ricetta che ho scelto  se ne fa invece  un uso davvero particolare con ottimi risultati.

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Accras de morue – Frittelline di baccalà

di Giuliana Fabris

Chiudo la settimana dedicata a questo libro, con una ricetta irresistibile.
L’autrice racconta che andava spesso in Martinica, dove aveva molti parenti e dove sua zia Tati Véro, moglie di un marinaio della Marina francese di stanza in quella  provincia d’Oltremare, imparò a fare queste frittelline. Tornata in Provenza, divennero l’accompagnamento di ogni aperitivo informale.
Tanto buone che, appena fritte,  sparivano ancor prima di toccare la carta da cucina…

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Baccalà gratinato

di Elena Arrigoni

In Provenza, Caroline Rimbert Craig, ci racconta come fino a non molto tempo fa, il venerdì mattina le fontane dei villaggi si riempivano di baccalà in ammollo. Il venerdì era, ovviamente, un giorno di astinenza dalla carne rossa …un po’ come il nostro periodo di quaresima, quindi il baccalà gratinato era il piatto perfetto!

La compagna del nonno di Caroline, Violette, ricorda ancora i battibecchi alla fontana del loro villaggio, quando la gente andava a ritirare il pesce dissalato e inevitabilmente dimenticava di chi era! Mi immagino il caos 

Non vi racconto di come metteva in ammollo il baccalà la suocera della prozia di Caroline perché a me fa senso solo leggerlo, figuriamoci a scriverlo…nel caso vi rimando al libro Provence…così vi leggete tutto 

Ai tempi nostri, se troviamo dell’ottimo baccalà, ricordiamoci di chiedere al pescivendolo i tempi di ammollo, e se invece lo troviamo nei supermercati io faccio così: lo risciacquo bene sotto l’acqua corrente, poi lo metto in ammollo ina una bacinella sufficientemente grande da contenere i filetti comodamente. Poi cambio completamente l’acqua almeno due volte al giorno, anche tre e proseguo questo procedimento per 2/3 giorni. Ma io vivo a 2000 m quindi ho temperature sempre relativamente basse in casa. In caso abbiate temperature normali/elevate, la bacinella con il baccalà in ammollo va tenuta in frigorifero… se poi invece avete la fortuna di avere una fontana con acqua ben fredda che scorre in continuazione, beh, quella è la soluzione migliore…ma attenzione ai gatti, oltre che ai vicini!!!

Questo baccalà gratinato è umile in apparenza, ma piuttosto lussuoso in realtà ed è soprattutto buonissimo. Non è altro che un assemblaggio di crema di spinaci, baccalà, patate lessate, pomodori e delizioso olio d’oliva. Teoricamente si potrebbe anche prepararlo in anticipo e conservarlo in frigorifero prima di cuocerlo in forno, basta solo prolungare un pochino i tempi di cottura qui indicati.

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Finocchi al vino bianco

di Elena Arrigoni

In questa ricetta tratta da Provence, il libro di Caroline Rimbert Craig, i finocchi vengono brasati con il vino bianco, e arricchiti con pomodorini e pancetta arrostita. In questo modo nessuno li potrà definire una semplice verdura, ma risultano gustosi e ‘importanti’.
Sono ottimi da soli o come accompagnamento di un buon piatto di pasta oppure del pesce grigliato.
In primavera, potete considerare di sostituire i finocchi con 6-8 indivie tagliate a metà tralasciando i pomodori.

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PANINO DEL VENTOUX

di Vittoria Traversa

Questo libro ci riserva tante ricette tradizionali, ma anche questo sfizio veloce e goloso, nato da un bel ricordo d’infanzia dell’autrice. Un panino robusto che sazia, senza appesantire, perfetto per una gita in montagna, ma anche su un buffet estivo.
come è nato questo panino? Ecco il racconto dell’autrice
“È tradizione da queste parti salire alla cima del Mont Ventoux, a 1912 m, in una notte per vedere l’alba. Tali passeggiate si svolgono solitamente a giugno, quando le notti sono più brevi, partendo dalla città di Bedoin verso mezzanotte. Mio nonno mi racconta che quando lui e le sue sorelle lo facevano tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, preparavano un sandwich all’uovo da mangiare in cima, mentre aspettavano di rientrare. Questa è la mia versione di quel ricordo”

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