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DEEPAVALI VAZHTHUKKAL A SINGAPORE

by Alessandra

ovvero, il Deepavali a Singapore!

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foto di Gloria Brigada

A Singapore risiede la più grande comunità indiana al di fuori dell’India. Gli Indiani rappresentano il 9% dell’intera popolazione singaporiana ma, rispetto ai Cinesi e ai Malesi, sono quelli che hanno mantenuto integri i legami con le loro radici e la loro cultura. Alcune feste abolite in India continuano a celebrarsi qui (la più famosa è il Thaipusam, che culmina in una processione di purificazione in cui i prescelti sfilano trafitti da centinaia di spilloni), la lingua (il Tamil) è pressochè incontaminata dalle influenze della modernità e le ricette si riallacciano spesso ai primordi della storia degli Indiani a Singapore quando, per volontà di Sir Stamford Raffles, il padre fondatore della città, essi vennero trasferiti in massa nella nuova colonia, spesso dalle carceri o da altre situazioni di cattività, per costruire quella che, nel giro di pochi anni, sarebbe diventata anche la loro nuova patria. Il Governo singaporiano tutela con grande cura i patrimoni culturali  delle sue etnie e non stupisce quindi che nel giorno in cui gli Hindu celebrano la festa  più importante dell’anno, tutta la città si fermi, in una festa nazionale che riconosce a questo popolo il ruolo di primo piano che ha avuto e che ha nella storia e nella civiltà di Singapore.

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foto di Gloria Brigada

Di conseguenza, se altrove è Diwali, da noi è Deepavali, la festa principale del calendario indù che, neanche a dirlo, si celebra pure un giorno prima (in questo caso il 6 novembre), a conferma di quella gelosa custodia delle proprie tradizioni capace persino di rinnegare una patria che la Storia fa percepire più come una trisavola lontana che non come una madre vicina e presente.

Non solo: siccome per gli Hindu il Deepawali ha la stessa importanza che per noi ha il Natale, la preparazione inizia praticamente subito dopo le celebrazioni cinesi della Festa di Metà Autunno: per cui, mentre ancora stiamo digerendo le Moon cakes, ecco che Serangoon Road, l’arteria principale di Little India,  si illumina di una scia di decorazioni luminose mentre tutt’intorno si erigono bancarelle e mercati, tutti rigorosamente locali. Per quanto meta turistica, infatti, Little India è genuina e autentica e non è un caso che gli Expat la evitino come la peste, preferendo i grandi mall di Orchard Road, già benedetti dallo spirito di un Natale artificiale e posticcio.

Se volete respirare una festa vera, insomma, è a Little India che dovete venire. E se vi armate del vademecum che segue, potrete vivere il Deepavali più memorabile della vostra storia 🙂

45635519_207724490006742_2817404933068816384_ni Pavoni: sono gli uccelli sacri del subcontinente indiano e non certo solo per credenza popolare: dal 1963 un decreto governativo li ha istituiti come tali, sancendone l’importanza come simbolo di gioia, orgoglio e prosperità. Buon peso, sono anche i protettori del governo indiano e non possono mancare in una festa come questa, dove tutto inneggia alla prosperità e alla felicità. Quest’anno, poi, abbiamo addirittura fatto il bis: come dire, doppia razione di cose belle

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2. Le luci: “che belle cose che hanno fatto quest’anno a Serangoon”, mi è scappato di bocca prima ancora che me ne rendessi conto. Mio marito mi ha guardata con un misto di divertimento e di rassegnazione e, ahimè, devo convenire che ha ragione. Per chiunque viva nella parte sinistra del pianeta, questo è il trionfo del Kitch, ma per Little India è un orgoglio che si accende ogni anno. (e comunque, la foto in mezzo alla strada per prendere tutta l’infilata di luminarie la fanno tutti quanti, esteti e non)

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3. La camminata sui carboni ardenti: avviene una settimana prima del Deepavali, nel più antico tempio hindu della città, proprio nel centro di Chinatown. La processione parte da lontano, ai lati della strada la folla incita i devoti con formule che altrove spaccano i timpani ma qui favoriscono la concentrazione,  nel tempio si canta, si suona, si prega e soprattutto si prepara il tappeto rovente di carboni. Quest’anno siamo partiti da una bella fiammata, con relativo getto d’acqua alla Grisù, ma alla fine era tutto perfettamente pronto per il ripetersi di questo rito. Che, per la cronaca, aveva più della gara dei 100 metri piani che della camminata ieratica, ma non diciamolo a nessuno…

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foto di Gloria Brigada

4. Le Mela 

Sono l’equivalente dei nostri mercatini, ovviamente con connotazioni tutte loro. Quella ufficiale, a Singapore è  a Little India Arcade che, per l’occasione raddoppia gli spazi e li riempie all’inverosimile di tutto quello che serve per addobbare la casa in modo congruo. Quelle ufficiose spuntano un po’ dappertutto,  con i negozi che spostano la merce per la strada e le bancarelle in mezzo alla strada, in una confusione allegra, colorata e autentica

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

5. Il Tempio. A Singapore, un tempio non vale l’altro e quello che vale più di tutti è il  Sri Mariamman Temple, il più antico della città. La sua particolarità è che si trova nel centro del quartiere cinese, a pochi passi da una moschea e a qualche centinaio di metri dal Buddha Relic Teeth Temple, il tempio più famoso di Chinatown. La spiegazione storica è assolutamente coerente: a causa della sua vicinanza alla foce del fiume,  l’area destinata alla popolazione cinese divenne ben presto la più strategica e la più trafficata, tanto da attirare altri rappresentanti di altre etnie che si stanziarono qui, con annessi e connessi, luogo di culto in primis. Da allora, non solo nessuno ha mai trovato da ridire su questa logistica ma anzi è diventata il modello di quelle successive: da noi è comune che ad una chiesa si alterni una moschea e ad un tempio buddista uno induista. La convivenza, pacifica, è anche tutelata dalla legge e guai a chi si permette di denigrare usanze o costumi di altre etnie.

E comunque, tutta sta pappardella per dirvi che il tempio per le celebrazioni del Deepavali è questo qui: dopo la camminata sui carboni ardenti, la più importante processione è quella sui carri argentati, che si tiene la vigilia della festa.

Tuttavia, non va dimenticato che il cuore delle celebrazioni è la casa: è qui che viene in visita la dea Lakshimi (nelle sembianze di parenti che portano doni in denaro)

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6. I Rangooli. 

Da noi dovrebbero chiamarsi Kolam, perchè questa è la traduzione in Tamil, ma poco conta. Sono  le decorazioni in riso (sotto varie forme, dal riso colorato alla carta di riso) che si trovano davanti ai templi o nelle case. Anch’essi sono di buon auspicio e dovrebbero equivalere alla nostra benedizione. Quelli che vedete nella foto, invece, fanno parte di un progetto per la tutela della tradizione che coinvolge tutte le etnie, specialmente vecchi e bambini. In occasione del Deepavali, li si invita a comporre il proprio Rangoli, imparando così che comunicare messaggi positivi è sempre una cosa buona, ma quando ci si sforza di farlo nella lingua del nostro interlocutore lo è ancora di più.

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

7. Cosa comproooooooooooooo?

Di tutto, ovviamente. Le vie laterali di Little India, attorno al Tekka Market e a Buffalo Road, traboccano di occasioni, dalle pentole di metallo agli abiti, mentre Serangoon è un tripudio di stoffe e di gioielli. Fermatevi in un negozio di sari ed ammirate le gemme ed il vetro intessuto negli abiti che si indosseranno in questa occasione: resterete senza parole. Attenzione anche al make up:  nel dubbio, truccatevi di blu

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foto di Gloria Brigada

8. Golden Age

Oro è una delle due parole chiave per affrontare il Deepavali nel modo più consono. In teoria sarebbe luce, ma quale migliore occasione per approfittare per un salto in una delle centinaia di gioiellerie che affollano il quartiere? Armatevi di tanta pazienza, perchè le code sono interminabili e considerate che l’oro è a 22 carati (il famoso “oro basso”). Se non avete un calibro al posto dell’occhio, intendo dire,gli affari sono davvero dietro l’angolo.

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

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9. Dulcis in fundo

Il Deepavali è “dolce”, a Singapore come altrove. I ristoranti allestiscono buffet appositi, le pasticcerie si attrezzano con avamposti, transenne e rudimentali mezzi per attutire spinte e colpi (quest’anno, grandi punching ball di spugna, rivestiti con sacchetti della spazzatura). I dolci sono tutti a base di latte, hanno nomi astrusi ma facili da imparare (ladoo, barfi, kulfi) e sapori che ben si accordano ai nostri palati, avvezzi più allo zucchero che alle altre spezie.  Quelli secchi si vendono in barattoli ordinatamente impilati nelle bancarelle, a metà fra la tradizione e l’innovazione…

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foto di Gloria Brigada

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foto di Gloria Brigada

Quelli freschi sono presi d’assalto, per una intera settimana, nel corso della quale le pasticcerie si espandono dovunque, sui marciapiedi e fra gli anfratti delle case, in un profumato disordine accresciuto da code che si ramificano un po’ dovunque, in quella maniera tutta indiana di interpretare le usanze britanniche. Una confusione spaziale, a farla breve, che però è la quintessenza della gioia di questa festa e che finità tanto per coinvolgervi quanto per esasperarvi.

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9. …e tutto il resto

I fuochi d’artificio, anzitutto. Regolati dal Governo anche quelli (a Singapore vige la severissima legge sul rumore e ogni deroga va approvata dalle Commissioni di Vigilanza), caotici e spettacolari. E poi la fiumana di gente per le strade, le case aperte a tutti (gli Indiani sono meno rigidi dei Cinesi, nell’osservanza dei cerimoniali: il nostro primo invito al Deepavali ci era stato fatto dal portinaio, per dire), i piatti tipici e, naturalmente, i regali tipici che, ahinoi, sono solo soldi.

In teoria, il Deepavali dovrebbe essere la vittoria della luce sulle tenebre, quindi della conoscenza sull’ignoranza”, mi spiegava oggi il mio maestro di Yoga, mentre sbocconcellavamo gli avanzi della festa del giorno prima, davanti ad un masala chai. “In pratica, è l’ennesima resa al dio del denaro: chi può, cerca di passarci attraverso, recuperando quello che resta del suo vero significato e meditando su quello. Chi non può, apre il portafoglio e si rassegna“.

Tutto il mondo è paese, avrei voluto rispondergli, pensando al nostro Natale alle porte. Ma, nello stesso tempo, commerciali o meno, le feste sono il modo più immediato per rinnovare tradizioni che altrimenti andrebbero perdute e che invece si mantengono vive anche attraverso il meno nobile dei modi.

E a me non resta che dire DEEPAVALI VAZHTHUKKAL, a tutti quanti!

2 comments

edvige 8 Novembre 2018 - 17:13

Che bello meraviglio auguri l’articolo è stupendo.

Sonia 7 Novembre 2018 - 21:10

Auguri auguri auguri…hai fatto il pieno di caccavelle? Cmq l’articolo è una meraviglia!!

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