Ci sono uomini che nascono per essere perdonati. E Anthony Bourdain è uno di quelli.
E’ il Modigliani degli chef, bello e dannato e tale si mantiene anche con il passare degli anni e il fiorire di una fama planetaria che gli ha imposto anche di piegarsi ai doveri dello show bizz di cui, di riffe o di raffe, fa oggi parte a pieno titolo. E’ bello e dannato anche in giacca e cravatta, anche quando siede composto al tavolo dei giudici, anche quando fa il mea culpa (sincero) a sostegno della fidanzata Asia Argento e della campagna contro gli abusi sessuali. E lo resta perchè lo è nel profondo, dannatamente bello, dannatamente tormentato, dannatamente scorretto, dannatamente avanti. E’ con lui che la storia della ristorazione ha dovuto squarciare il velo del politically correct e mettersi di fronte alla realtà scomoda raccontata in quella entrata a gamba tesa che è Kitchen Confidential. E’ con lui che la storia della cucina ha finalmente scritto un libro nuovo, uscendo dalle case, dalle scuole e dai mercati per trovare una ispirazione vera e palpitante nelle strade, con la sfida di No Reservation, la cui grandezza si misura anche dai patetici tentativi di imitazione che ne sono scaturiti. Bourdain è cosi, un genio senza filtri, un poeta senza rime, un campione che ha costruito le sue vittorie sulle sconfitte e per questo sa farsi interprete di tutte le voci del mondo, calandosi nelle loro vite e nelle loro culture, accogliendo con entusiasmo e con gratitudine il loro cibo- con buona pace di chi ricerca un appagamento dei sensi nei conti a 5 zeri dell’ultimo furbacchione targato Michelin o nelle bundt cake della cucina 2.0 (quest’ultima citazione è sua, e vale tutto il libro. Detto da una che ha 102 teglie e neanche uno stampo della Nordic, meno che mai da Bundt Cake)
Bourdain è sincero anche quando ci racconta la sua cucina di casa, come in questo libro, Appetites, pescato random fra tutti quelli che stanno sui miei scaffali. Il che significa parlare di uova fritte e di panini, di paste veloci e di tartare, di svuotafrigo improvvisati e di spese ragionate, in bilico fra la tecnica acquisita in cucina e il sapere imparato sul campo. Niente è ruffiano, in questo libro, a cominciare dalle fotografie (dagli scenari splatter post ricette coi pomodori al cestino della rumenta, rigorosamente pieno) e per finire con la sublime rinuncia al capitolo dei dessert, visto che a casa loro non esistono. Tutto, per contro, è vero, immediato, diretto e sublimamente ben scritto, come si conviene a uno che ha l’inchiostro nelle vene e il cuore che lo fa scorrere.
Non potevo che scegliere Mai, come compagna di viaggio fra le pagine di questo libro: è il mio treno ad alta velocità, la mia Ferrari, la mia stazione di servizio sempre aperta, quella che corre con me e mi incita a continuare, senza mai perdere il ritmo, ad ogni rialzo della posta in gioco. Compresa quella di fare una Caesar Salad alle due del mattino e due uova strapazzate mentre si attende la luce dell’alba per la fotografia…
CAESAR SALAD
CAESAR SALAD
La Caesar Salad è di origine messicana. Voi probabilmente pensate che non lo sia, dando credito invece agli Italiani. Nope. Un altro motivo per amare il Messico- a meno che non insistiate nel mettere tristi, troppo cotte e anonime strisce di pollo grigliato sulla superficie e a farne una roba buona per la rumenta 🙂
Da 4 a 8 persone
2½ cups extra-virgin olive oil
10 acciughe, sott’olio, ben scolate
4 spicchi d’aglio: 2 sbucciati e ricotti in poltiglia, 2 sbucciati e tritati finemente
6 fette di pancarrè bianco, tagliati a cubetti di 1 cm l’uno
1 cup finely di Parmigiano-Reggiano grattugiato fine
Sale e pepe fresco di mulinello
1 cucchiaino di senape di Digione
il succo di un limone (circa due cucchiai)
½ cucchiaino Worcestershire sauce
Una spruzzata di Tabasco
3 tuorli
1 lattuga romana grande o due piccole, privata delle foglie esterne, lavata, messa in frigo e poi tagliata grossolanamente
16 boquerones (acciughe marinate in aceto bianco), scolate dal loro liquido di conservazione, per guarnire (facoltativo)r
in un’ampia padella per saltare (tipo un wok, per intenderci, di quelli con un solo manico), scaldate 1 tazza di olio a calore moderato. Aggiungete 4 acciughee l’aglio schiacciato e fate cuocere le acciughe fino a quando si scioglierano nell’olio, facilitando questo processo schiacciandole con dolcezza con un cucchiaio di legno. Aumentate il calore e aggiungete i cubetti di pane, cuocendoli per pochi minuti, saltandoli in modo che siano uniformemente tostati e dorati. Con le pinza dea cucina o con un cucchiaio forato, trasferite i crostoni in una terrina e conditeli con ¼ cup di Parmigiano-Reggiano grattugiato, sale e pepe. Trasferite i crostini sulla teglia da biscotti rivestita di carta assorbente per asciugare.
Versate nel robot da cucina le restanti 6 acciughe, l’aglio tagliuzzato, la senape, il succo di limone, la Worcestershire, il Tabasco, i tuorli d’uovo e riducete in purea. Aggiungete a poco a poco l’olio rimasto e frullate, poco alla volta, fino a quando si sarà bene incorporato. Assaggiate e regolate di sale e di pepe.
In una insalatiera, condite la lattuga con la salsa, usandone a sufficienza per coprire le foglie, senza affogarle.Aggiungete i restanti ¾cup Parmigiano-Reggiano e mescolate gentilmente, di nuovo. Distribuite l’insalata nei piatti individuali, aggiungete i crostini e guarnite ogni piatto con uno o più boquerones, se li usate
UOVA STRAPAZZATE
Si dice che il segreto di Escoffier per le uova strapazzate fosse quello di sbatterle con una forchetta nei cui rebbi era infilzato uno spicchio d’aglio. Io non faccio cosi. Io credo nelle uova, nel sale, nel pepe e nel burro, quello vero, in cui le uova vengono cotte. Latte, panna, acqua non renderanno le vostre uova strapazzate migliori. Nello stesso tempo, anche io uso una forchetta.
Su una bacheca di un foodie, un po’ di tempo fa, qualche insopportabile gastrofighetto commentava un episodio della serie televisiva di Jacques Pépin, in cui Jacques cuoce le uova strapazzate in una padella antiaderente e le mescola con una forchetta. L’oltraggiato commentatore sbraitava che la forchetta di metallo avrebbe rovinato il rivestimento antiaderente della padella.
Ma la vuoi sapere una cosa? Se Jacques Pèpin ti dice che un fottuto uovo strapazzato si fa in questo modo, cosi è, coglioncelli. E ora tornatene a casa a studiare le tue ricette di Bundt cake.
Ecco qui come si fa un uovo strapazzato: rompete un uovo fresco contro una superficie piatta, come un bordo di qualcosa e sgusciatelo in una terrina in modo da eliminare eventuali pezzi di guscio che, naturalmente vanno scartati. Sbattetelo leggermente con una forchetta, per combinare il tuorlo con l’albume. Scaldate del burro (letteralmente whole butter, negli USA ormai ci sono anche i burri magri) in una padella, versatevi l’uovo e mescolate piano con una forchetta: quello che volete è solo sovrapporre gli strati, a mano a mano che sono cotti. Quando l’uovo è soffice e ancora morbido, mettetelo velocemente nel piatto e servitelo subito: ricordate, le uova continuano a cuocere, anche fuori dalla padella.
SPAGHETTI ALLA BOTTARGA
(Bourdain chiama e la Van Pelt risponde… cucina estemporanea, foto estemporanea… e la bottarga rimasta sotto gli spaghetti, prima che iniziassi a condirli. L’assenza di altre foto, comunque, vale più delle tesi tomistiche sulla esistenza di ciò che non si vede- e sulla sua bontà
Dopo che mi sono innamorato di questo piatto, sulle coste della Sardegna, ho chiesto a mio suocero di insegnarmi a farlo. Sotto molti aspetti, questi spaghetti alla bottarga racchiudono l’essenza della cucina italiana: prendi pochi ingredienti di eccellenza e poi trattali in modo da non mandarli a puttane.
Da 4 a 6 persone
450 g di spaghetti
50 ml di olio extravergine
1 spicchio d’aglio, sbucciato e finemente affettato
1 cucchiaino di peperoncino in fiocchi
120 g di bottarga, grattugiata (o anche di più, a seconda dei gusti)
sale, se è il caso
prezzemolo (aggiunta mia)
Cuocete gli spaghetti al dente, in abbondante acqua bollente salata. Nel frattempo, in una ampia padella dai bordi alti, scaldate l’olio, a calore moderato. Aggiungete l’aglio e il peperoncino e fateli andare, fino a quando diventeranno profumati, per 2 o 3 minuti. Togliete dal fuoco e, dopo 2 minuti, aggiungete metà della bottarga grattugiata, ruotando leggermente la padella. Scolate la pasta e versatela nella padella con l’olio tiepido. Mescolate bene, in modo che il condimento la rivesta completamente, poi aggiungete il resto della bottarga. Assaggiate e regolate di sale, se è il caso (tenete a mente che la bottarga è abbastanza sapida), poi servite immeditamente in piatti fondi.
11 comments
bottarga sempre in frigo!!
BouRdain lo terrei in frigo pure, tanto al cozzaro piace sia l’una che l’altro!!!
😉
te lo mando 🙂 cosi hai spazio per il prossimo 🙂 .)
Confesso che Kitchen Confidential non mi aveva fatto impazzire (ma leggendo un paio di libri analoghi, scritti da altri due chef celebri sulla sua falsariga , l’ho rivalutato 🙂 ), in compenso adoro le tue recensioni, che sono capaci di farmi correre su Amazon per ordinare l’ennesimo libro di cucina.
DISGRAZIATA!!! 😀
Mi piace molto la bottarga, preferisco quella che si deve grattugiare a necessia’ a quella che è gia granulata, Mi viene voglia di fare questo piatto di spaghetti. La fritta favolosa ma non posso le uova. Resto preso nota. Grazie e buona serata,
qui a singapore mi devo per forza portare quella in polvere, perchè l’altra non passa la dogana. ho imparato ad accontentarmi e ti diro’ che non mi sembra nemmeno vero, poter mangiare qualcosa che sappia del mare di casa nostra… fammi sapere se la provi e grazie, sempre
Questa è una bomba! Articolo, foto, ricette, tu Ale e la mai. Una bomba!
fammelo dire: finalmente, qualcuno che se ne rende conto 🙂
Grazie davvero!!!
Io ho uno stampo da bundt cake ma non lo uso (è bello, ricorda una cattedrale ma c’è forte il rischio di non riuscire a sformare la torta) e invece strauso 2 semplici teglie di alluminio, lisce lisce, pagate pochissimo ma che non mi tradiscono mai
Detto ciò una porzione di una spaghettata come la tua mi piacerebbe (vista anche l’ora)
Su Bourdain coinfesso la mia ignoranza ma so poco, ricordo solo un programma tv in cui girava il mondo assaggiando di tutto (compreso un cuore di serpente ancora palpitante perché appena estratto), a differenza di molti programmi simili che mi è capitato di sbirciare, in quello mr B sembrava assaggiare tutto sul serio e non avere a portata di mano un cestino in cui buttare tutto non appena la telecamera cambiava inquadratura; insomma sembrava tutto vero
Sulle foto dai libri sembrano davvero quadri astratti, molto diverse dalle foto “leccatissime” di tanti libiri di cucina
Dici che il Nostro merita una riscoperta?
si. io bazzicavo nel suo ristorante negli anni 90, prima ancora che diventasse famoso con l’articolo sul the new yorker da cui poi è stato sviluppato kitchen confidential e tutto il resto. per me è uno scrittore straordinario, un vero conoscitore del cibo e soprattutto un rude ma verace comunicatore. gli perdono pure la asia argento, guarda 🙂
Io la bottarga non so cosa sia, ho i miei tempi…quasi quasi, vista l’ora, questi spaghetti invitano le mie papille gustative a far lo yoga…ad ogni modo, bellissima scelta con questo Appetites…
Ps. La copertina sembrava un graffito di Basquiat 😉
provala, la bottarga… e soprattutto prendi l’abitudine di tenerne un po’ in frigo,se ti piace. riesce a risolverti una cena in 5 minuti, trasformandola in un’occasione speciale!
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