Paul Hollywood
Paul Hollywood’s British Baking (Favourite Recipes, from Cornish Pastries to Bakewell Tarts)
Mio nonno paterno faceva il fornaio.
Era nato baciato dalla sorte: ricchissimo, di quella ricchezza goduta ed ostentata che aveva reso unici i primi anni del Novecento, intelligente, intuitivo e affascinante, aveva cavalcato la Belle Epoque della riviera ligure fra motori e cavalli e belle donne, nella spensierata convinzione che tutto sarebbe durato per sempre.
Questa, fu l’unica cosa che gli rimase e che lo accompagnò per tutta la vita, rendendomelo un nonno lontano, mai capito, probabilmente mai amato. In mezzo, c’era stato mio padre, figlio primogenito che si era assunto sin da bambino tutte le responsabilità di una famiglia che aveva mantenuto la rotta grazie a lui e che trattava questo padre come una sorta di figliol prodigo, da tener d’occhio e da perdonare. Fra i vari miracoli che aveva fatto, c’era anche quello di aver dato alle sue figlie un nonno, insegnandoci ad accettare le intemperanze di quest’uomo nell’unico modo possibile, ossia provando a riderci sopra, senza mai giudicare.
Fra le tante doti che la vita aveva elargito a mio nonno, c’era anche questa straordinaria capacità di fare il pane. Sprecata anche questa, perchè negli anni in cui i fornai costruivano patrimoni solidissimi sulle loro levatacce notturne, mio nonno collezionava solo nuovi posti di lavoro, incapace com’era di reggere routine e costrizioni. Ma in qualsiasi posto andasse a lavorare, si poteva star certi che il giorno dopo ci sarebbe stata la coda. Non solo delle tante amanti che lo rincorrevano per tutta la città, ma dei tanti, tantissimi clienti che si innamoravano dei suoi “libretti”, dei suoi “caravagnini” e della sua focaccia. Perchè come impastava lui, non lo faceva nessuno.
Il ricordo più bello che ho di lui è di quando andavamo a trovarlo nel forno. Era tutto bianco, sempre in maglietta, anche d’inverno, in mezzo a file di panini il cui profumo si spandeva per tutta la via. Raramente l’ho visto impastare (a quei tempi, i fornai lavoravano di notte e dormivano nel pomeriggio), ma le poche volte che metteva mano a qualcosa, lo faceva con la sublime serenità con cui aveva affrontato i peggiori tracolli della sua vita. La focaccia che regalava alle sue nipotine aveva sempre una pennellata d’olio supplementare, in barba all’occhio del padrone e lo stesso valeva per le code saltate, le meringhe mangiate calde, quando ancora si sbriciolavano fra le mani, le frolle montate che assaggiavo con gli occhi chiusi, da tanto mi piaceva il loro profumo, che annegavano nel cioccolato fuso, anzichè esservi appena intinte.
A ben pensarci, l’eredità vera di mio nonno è questa qui: questa serenità con cui la sua nipote ansiosa impasta pane e focaccia, fottendosene elegantemente di dosi e bilance, perchè intanto, se può andar bene, lo farà. E lo farà in barba ai nuovi guru dell’arte bianca, che violentano l’operazione più naturale del mondo infarcendola di nozioni che a nulla giovano, se non ad allontanare con lo spretto della complessità quello che invece dovrebbe essere un diritto di tutti.
Paul Hollywood è considerato un cialtrone dalla maggior parte degli “esperti di pane” sul web.
Io, naturalmente, lo adoro. E lo adoro perchè il suo modo di insegnarti a fare il pane è il modo semplice, basico ma fiducioso che trasmetteva mio nonno, ogni volta che affondava le braccia fino al gomiti nella farina. Il suo approccio è lo stesso per cui tutte le casalinghe britanniche lo amano, quella pacata e gentile indulgenza con cui ha ingoiato le peggiori cose della sua vita a Bake Off, senza perdere il sorriso (e che sorriso…) o con cui si è fatto mazzuolare dalla più terribile delle adorabili vecchiette, quella Mary Barry con cui ha costituito l’ennesima coppia vincente dei programmi della BBC (e tornano assieme, vi do lo scoop).
E’ vero che il lievito è tanto, nelle sue ricette base. E’ lo stesso che consigliavano le Simili nei loro libri, quando avevano iniziato con i corsi di panificazione, i famosi 25 g per 500 di farina. Ma, fatemelo dire, il lievito è l’ultimo dei problemi (cosi come “ridurlo” non è la parola d’ordine che funzioni per tutti gli impasti, per dire): perchè di fronte ad un susseguirsi di ricette intelligenti, interessanti, spesso frutto di un lavoro di ricerca accurato come quelle del libro che vi consiglio oggi, spiegate passo passo con una semplicità che invoglia a setacciar farine, un grammo o meno di lievito non è la differenza.
A calibrare quello, ci arriviamo tutti.
E’ il mettere cuore in un impasto, che è roba per pochi.
E Paul Hollywood cel’ha, in abbondanza.
Tutte le ricette sono tratte da Paul Hollywood’s British Baking
DORSET WIGGS
Ricetta originaria delle Midlands, assolutamente da urlo.
La foto stavolta rende poco, perchè ho lo sportello del forno rotto e questo è il massimo che riesca a fare (specialmente quando alla condizione di cui sopra si sommano i minuti contati). In condizioni normali, questo è un pane dalla crosta dura, la cui mollica è resa umida dalla presenza delle pere e del formaggio.
500 g di farina forte
10 g di sale
1 bustina di lievito di birra 7 g (potete ridurre a 5, circa 13 g di lievito di birra fresco, non meno perchè è un pane ricco e quindi grasso: l’interno non ha grandi alvelolature, ma senza una spinta non cresce)
20 g di burro, morbido
320 ml di acqua (dai 280 ai 320, dipende dal tipo di farina)
200 g di Stilton (usate un gorgonzola piccante, di quelli a pasta soda), a cubetti piccoli
1 pera, pelata, mondata e tagliata a cubetti piccoli
100 g di noci a pezzetti (io le batto col batticarne, fra due fogli di carta da pane o di carta da cucina)
Setacciate la farina in una larga terrina, aggiungere il sale da una parte e il lievito dall’altra, il burro a tocchetti al centro e un terzo di acqua. Iniziare ad incorporarla con le dita di una mano, incorporando il resto dell’acqua poco alla volta. Quando vedrete che l’impasto starà insieme, passate ad impastarla nel modo vero e proprio: spolverate leggermente il piano di lavoro e dateci dentro, lavorando l’impasto per almeno 5 minuti, fino a quando sarà morbido e per nulla appiccicoso.
Se usate l’impastatrice, saltate tutti i passaggi: farina setacciata direttamente nella ciotola, poi lievito e 1/3 di acqua. Frusta a gancio, velocità minima. Sciogliete il sale nell’acqua e aggiungetela poco alla volta, sempre impastando alla velocità minima. Quando l’impasto sarà incordato, aggiungete il burro a tocchetti, un tocchetto alla volta.
Fate lievitare in luogo tiepido e a recipiente coperto fino al raddoppio.
Dopodichè, sgonfiate l’impasto sulla spianatoia, impastandolo di nuovo fino a quando non ci saranno più bolle d’aria. Dategli la forma di un rettangolo (approssimativo, intanto poi reimpastate tutto: è che in questo modo fate prima ad incorporare gli altri ingredienti), aggiungete noci, Roquefort e pere, chiudete e arrotolate. Schiacciate di nuovo con le dita, arrotolate dal lato più corto e ripiegate le estremità. Sistemate il pane su una teglia ricoperta di carta da forno, coprite con un telo (Hollywood la infila in un sacchetto di plastica per alimenti, cosa che ho sempre trovato assurda fino a quando non ho visto le misure che hanno qui. Dovreste trovarli all’IKEA, adesso, la misura più grande), poi lasciate lievitare fino al raddoppio.
Accendete il forno a 200 gradi.
Subito prima di infornare, spolverate leggermente il pane con un po’ di farina e praticate dei tagli diagonali incrociati. Cuocere per 30 minuti fino a quando la superficie sarà ben dorata e fate raffreddare su una gratella.
15 comments
Ale, i tuoi post sono pura poesia e hanno la capacità di trasportare il lettore nel tuo mondo incantato. Sì, perché tu racconti anche le vicende più contorte e dolorose con una levità che fa desiderare di esserci stati, in tutte quelle situazioni. E poi adoro le tue conclusioni. Prendiamo questa: “A ben pensarci, l’eredità vera di mio nonno è questa qui: questa serenità con cui la sua nipote ansiosa impasta pane e focaccia, fottendosene elegantemente di dosi e bilance, perchè intanto, se può andar bene, lo farà. E lo farà in barba ai nuovi guru dell’arte bianca, che violentano l’operazione più naturale del mondo infarcendola di nozioni che a nulla giovano, se non ad allontanare con lo spettro della complessità quello che invece dovrebbe essere un diritto di tutti.” Ecco, questa è una frase da incorniciare…
Paul Hollywood me lo hai fatto conoscere tu, e i boxty pancakes sono nella mia to-do list da quando ho letto un libro di narrativa su una food writer irlandese, che ripensava ai sapori della sua infanzia e che ha disseminato varie ricette – tra cui questa – nel libro.
Ovviamente non ricordo né il nome dell’autrice, né il titolo del libro, 🙂 ma vedere la ricetta qui me lo ha fatto riaffacciare alla memoria.
Un abbraccio.
lE RICETTE SECONDO ME PIù CHE BELLE DEVONO ESSERE BUONE E POI L’IMMAGINE PARLA DA SOLA E COMPLETA L’IDEA DELLA BONTà CON LA BELLEZZA. iL PANE DA SEMPRE NON è MAI STATO MOLO PRESENTE FORSE PERCHè NEGLI ANNI DEL DOPOGUERRA, IO DEL 43, IL PANE ERA SEMPRE DURO GRIGIO E IL PROFUMO NON SI SENTIVA. iL PANE BIANCO PROFUMATO FRESCO COSTAVA E NON SEMPRE LA LIRETTA C’ERA. MAI FATTO QUINDI PANE IN CASAE ALLO STESSO TEMPO POCO PANE USATO NELL QUOTIDIANITà. iL NONNO TUO MI RICORDA UN Pò IL MIO ANCHE LUI PIENO DI DONNE SE LA SPASSACA DA GIOVANE A VIENNA E NE AVEVA ANCHE LA POSSIBILIT MA POI SI è DOVUTO RIMBOCCARE LE MANICHE NELL’ARTE SARTORIALE. fORSE è DA LI CHE HO IMPARATO COSI BENE A STIRARE I CALZONI E LE CAMICIE DA UOMO …….E ANCORA OGGI QUANDO SO L’AGO ED IL FERRO LO VEDO STIRARE CON ALLORA I FERRI A CARBONE CON IL RISCHIO DI BRUCIARE …..
gRAZIE DEL RACCONTO MOLTO MOLTO BELLO E DELLE RICETTE NE HO PRESO NOTA DI DUE. sONO SOLO IO PAZZA DEL FORMAGGIO STILTON NON PIACE A NESSUNO E NESSUN FORMAGGIO NON SOLO PICCANTE MA DI UN CERTO SAPORE IMPORTANTE. sCUSA IL MIO LUNGO COMMENTO. bUONA GIORNATA.
Ps. Scusa tutti gli errori maiuscolo e minuscolo e lettere mancanti, la tastiera e’ andata devo provvedere oggi. Grazie
sai cosa dice massimo montanari, il piu’ grande storico del cibo che abbiamo in italia, a proposito della nuova passione per il pane nero? che sono conseguenze della ricchezza. siccome oggi stiamo tutti bene, nel senso che abbiamo tutti a disposizione tutto, ci siamo inventati che il pane bianco fa male e siamo in caccia del pane nero. mio padre commenterebbe con una delle sue frasi preferite, quando non volevamo mangiare..”ti ci vorrebbe un po’ di 43″, (giusto il tuo anno di nascita), in ricordo della fame nera di quegli anni… e’ smpre un piacere chiacchierare con te, edvige, grazie!
ps il mio sogno è imparare a cucire e sono negata. ho una ammirazione sconfinata per chi lo sa fare… addirittura le camicie da uomo, complimenti!
Mi sa che l’arte di trattare gli impasti e quella di trattare le donne vanno di pari passo… io posso vantare un bisnonno (di cui ho solo un vaghissimo ricordo) fornaio e grande appassionato di donne; in famiglia si narra anche di un possibile flirt con l’attrice Lina Cavalieri. Dev’essere lui comunque che mi ha passato il gene panaio 😀
E Paul Hollywood comunque è una garanzia!
erano le teste matte di allora… se pensi comunque al tipo di vita che facevano, tanto “regolari” non dovevano esserlo, in partenza. sui flirt di mio nonno sorvolo non per decenza, ma per terrore 🙂 non sia mai che incocci qualcuna che ha subito il fascino dell’arte bianca 🙂
Sono sempre belli i tuoi racconti, fai vivere cio’ che scrivi… paul hollYWood un mito… quel pane Ha profumo anche attraverso lo schermo
grazie! ma tutto il libro profuma di buono. ogni tanto è in offerta su amazon, converrebbe prenderlo, quando e’ scontato…
belle davvero queste ricette, ma adesso quasi sempre sola non riuscirei a mangiare tutto… ma via almeno i pancakes si devono provare!
li ho fatti ieri, fra una cosa e l’altra… e sono andati bene a tutti e tre, con tre piatti diversi. Favolosi.
Sono sicura che tuo NONNO sapeva trasferire l’amore negli impasti che preparava perché tutte le alchimie moderne di temperatura dell’aria, lieviti super calibrati non vanno a braccetto con la passione, con quella gioia d’affondare le mani nell’impasto per sentirlo. Si perché un impasto lievitato al di là di tutte le teorie BISOGNA ASCOLTARLO varia ogni giorno perché è vivo
Grazie per lo splendido libro che ci hai proposto so già che mi conquisterà proprio per come si pone di fronte all’impasto
e chi se nn tu può dirlo meglio? 🙂
Ricette tutte golosissime, il pane mi intriga particolarmente, mi rilassa impastare e adoro l’accopiata pere-formaggio
Lasciami però dire che la parte migliore è la storia che hai raccontato, su un nonno certo inaffidabile ma proprio per questo più affascinante, che da ora in poi non potrò fare a meno di immaginare con gli occhi e il sorriso di Paul Hollywood
io l’ho sempre visto come un nonno.
Ma ero l’unico esemplare femminile nel giro di qualche km a vederlo cosi, temo 🙂
grazie davvero per questo commento!
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