di Cinzia Martellini Cortella – Cindystar
Donnafugata, residenza estiva del Principe di Salina, Sicilia Orientale, fine ‘800.
Come ogni anno, da generazioni, con l’arrivo della bella stagione i Salina vi si trasferiscono da Palermo; e come ogni anno, da generazioni, viene organizzata una cena sontuosa per riunire tutti gli amici e rimarcare, se mai fosse necessario, il potere del padrone di casa.
Il Principe aveva sempre badato a che il primo pranzo a Donnafugata rivestisse un carattere solenne: i figlioli sotto i quindici anni erano esclusi dalla tavola, venivano serviti vini francesi, vi era il poncio alla romana prima dell’arrosto; e i domestici erano in cipria e polpe. Su di un solo particolare transigeva: non si metteva in abito da sera, per non imbarazzare gli ospiti che, evidentemente, non ne possedevano. Quella sera, nel salone detto “di Leopoldo”, la famiglia Salina aspettava gli ultimi invitati.
Il Principe conosce bene le regole previste dall’alta cucina, ma ama trasgredirle, soprattutto se non compiacciono i suoi gusti. L’usanza di servire un potage come apertura di un pranzo lo imbarazza, come pure fremono timorosi i suoi ospiti nell’eventualità di trovarselo nel piatto. Non vi è, quindi, sorpresa più gradita nel vedere arrivare i tre servitori (di verde, oro e cipria adornati) recare in mano ciascuno un imponente piatto d’argento sormontato dal più troneggiante Timballo di maccheroni, come fosse d’oro brunito rivestito e voluttuosamente profumato di zucchero e cannella. Al taglio rivela il suo prezioso aroma e la grande varietà di ripieno: fegatini di pollo, ovetti duri, sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi, mescolati abilmente nei morbidi maccheroncini corti.
Si susseguono le portate, incalzanti e goduriose, che mostrano con abbondante eloquenza la grande maestria culinaria di Monsù Gaston, il cuoco dei Salina.
Ma il Principe è in attesa del suo dolce preferito, la gelatina al Rhum, che quasi fatica a dividere con gli altri commensali.
Tutta l’enfasi di Maria Paiato, attrice teatrale e cinematografica contemporanea, nel descriverla testé arrivata in tavola:
Alla fine del pranzo venne servita la gelatina al rhum. Questo era il dolce preferito di don Fabrizio e la Principessa, riconoscente delle consolazioni ricevute, aveva avuto cura di ordinarlo la mattina di buon’ora. Si presentava minacciosa, con quella sua forma di torrione appoggiato su bastioni e scarpate, dalle pareti lisce e scivolose impossibili da scalare, presidiata da una guarnigione rossa e verde di ciliegie e di pistacchi; era però trasparente e tremolante ed il cucchiaio vi si affondava con stupefacente agio. Quando la roccaforte ambrata giunse a Francesco Paolo, il ragazzo sedicenne ultimo servito essa non consisteva più che di spalti cannoneggiati e di blocchi divelti. Esilarato dall’aroma del liquore e dal gusto delicato della guarnigione multicolore, il Principe se la era goduta assistendo allo smantellamento della fosca rocca sotto l’assalto degli appetiti. Uno dei suoi bicchieri era rimasto a metà pieno di Marsala; egli si alzò, guardò in giro la famiglia fissandosi un attimo più a lungo sugli occhi azzurri di Concetta e ”alla salute del nostro caro Tancredi” disse. Bevve il vino in un solo sorso. Le cifre F.D. che prima si erano distaccate ben nette sul colore dorato del bicchiere pieno non si videro più.
Gelatina al Rhum
Ingredienti:
850 g di zucchero bianco
200 cl di acqua
100 g di colla di pesce
Rhum a piacere, circa 15 cl
Ponete sul fuoco molto dolce l’acqua e lo zucchero e lasciate sobbollire qualche minuto, quindi aggiugete la colla di pesce precedentemente ammollata nell’acqua fredda e ben strizzata.
Mescolate, sempre sul fuoco, e fate riprendere il bollore allo sciroppo.
Fuori dal fuoco aggiungete il rhum e versate nello stampo, lasciate raffreddare, quindi passate in frigorifero per sei – otto ore.
Al momento di servirlo, rovesciatelo sul piatto di portata, guarnendolo a piacere con frutta candita e secca assortita.
Da: “Il banchetto del Gattopardo” di Elena Carcano (Il leone verde Editore).
1 comment
La gelatina rum mi spira proprio. d’estate con una bella macedonia secondo me ci starebbe bene!
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