di Patrizia Malomo – Andante con gusto
Basta pensare al Vitello Tonnato, e si palesano alla mente memorie di antipasti estivi anni ’70-’80, che alla bisogna si trasformavano in provvidenziali salva cena, là dove le bocche erano molte e neanche troppo raffinate.
Il Vitello Tonnato era il cavallo di battaglia delle nostre mamme, che riuscivano a far bella figura velocemente e con poco. Inoltre non mancava mai nei pic nic, sui buffet delle cerimonie ed ovunque la fantasia facesse difetto.
Se la ricetta con la salsa a base di tonno compare soltanto nel 1891 nella “Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene dell’Artusi”, quella del Vitel Toné ha radici molto più lontane, probabilmente risalenti al tardo medioevo ed ha origine da un nome che trae in inganno.
La patria di questo piatto così appetitoso è il Piemonte, in particolare la zona di Alba.
Non è sbagliato pensare che la nascita di questa ricetta risalga successivamente al periodo della cosiddetta “guerra del sale” (XVII secolo) quando Genova, acquisendo un feudo nel savonese, impose, è il caso di dirlo, un pedaggio “salato” al commercio di sale verso il Piemonte.
Ciò scatenò una vera e propria guerra tra il ducato di Savoia (sostenuto dalla Francia) e la città di Genova.
L’ingegno dei Piemontesi, geograficamente da sempre svantaggiati per non avere sbocco sul mare, ricorse ad un astuto espediente per procurarsi il prezioso elemento.
In epoca medievale, il mestiere di “acciugaio” era diventato un’occupazione estremamente redditizia.
Contadini e montanari si recavano fino in Camargue, al delta del Rodano, dove acquistavano il sale a cifre irrisorie rispetto a quelle imposte dal monopolio di Venezia e Genova.
Non potendo però rischiare di farsi scoprire, cominciarono a trasportare il sale in barili sotto strati cospicui di acciughe.
Una volta in patria, rivendevano il sale con massimi guadagni e le acciughe, insaporite e ben conservate, venivano acquistate per pochi soldi.
Ecco che la presenza di questo pesce azzurro così saporito e umile diventa un ingrediente fondamentale in numerosi piatti Piemontesi, tra cui appunto nel Vitel Toné delle origini.
Nel Grande Libro della Cucina Albese (Ed. Famija Albeisa) viene riportata la fedele ricetta di questo piatto tramandata da generazioni di donne langarole e del tonno, come il nome ci suggerisce, nessuna traccia.
L’errore più grande deriva proprio dall’aver associato il suono della parola Toné a “tonno”.
Il termine toné infatti, in dialetto langarolo, è una derivazione della parola francese “tanner” che significa “conciare” o “scurire” e che probabilmente si riconduce alla marinatura della carne in acqua e aceto (ma anche al colore della salsa a base di acciughe con cui si nappa la carne una volta cotta).
Per altri invece, si tratterebbe della dizione abbreviata della parola dialettale “mitoné” riferito alla lenta cottura della carne. Originariamente avremmo quindi avuto Vitel mitoné che nel tempo si è trasformato in Vitel Toné.
Il sapore della vera salsa toné che troverete in questa ricetta, ricorda il profumo del mare grazie alla presenza delle acciughe, ma nulla ha a che vedere con la salsa tonnata che ha imperversato sulle nostre tavole tra la fine degli anni 70 e 80.
Questa salsa è un capolavoro di eleganza e delicatezza e ricorda uno zabaione salato che si sposa armoniosamente con la più tenera delle carni.
La grande differenza tra la ricetta dell’Artusi e quella che viene preparata oggi, è la mancanza della salsa regina della cucina: la maionese, che arrivò sulle tavole italiane solo nel XX secolo. Dal Piemonte, nella fattispecie dalla cucina del Ristorante Da Guido di Costigliole d’Asti, cominciò la grande affermazione di questo piatto.
Un piatto che a quanto pare non conosce stanchezza visto le rivisitazioni dei grandi Chef come Heinz Beck, creatore del “tonno vitellato” o di Marco Stabile, dell’Ora d’Aria di Firenze, ideatore del “Vitel palamité”, che utilizza la più umile palamita nella sua preparazione.
Vitello tonnato
Ingredienti per 8-10 persone
- 1 kg di girello di vitello
- Vino bianco secco in pari quantità di acqua necessari a coprire la carne
- Mezzo bicchiere di aceto bianco
- 2 foglie di alloro
- 1 cipolla
- 2 chiodi di garofano
- 2 grani di pepe nero
- 1 pezzo di cannella
Per la salsa
- 10 acciughe dissalate (o sott’olio)
- 1 tuorlo d’uovo sodo
- 2 tuorli di uova fresche (o più se si vuole maggiore salsa).
- 10 capperi
- Brodo di carne se necessario
- 20 g di burro
- sale qb
- Olio extravergine
- 1 cucchiaio di farina
Prendi la carne, legala in modo che non perda la sua forma e mettila in una ciotola che possa accoglierla con facilità.
Ricoprila con parti uguali di vino bianco secco ed acqua ed aggiungi in fondo mezzo bicchiere di aceto bianco, la cipolla steccata con i chiodi di garofano, la cannella, il pepe e le foglie di lauro.
Copri la ciotola con un foglio di pellicola e falla marinare tutta la notte.
Il giorno dopo fai rosolare il burro in una casseruola a fondo spesso. Scola la carne dalla sua marinata e falla rosolare bene a fuoco vivace su tutti i lati.
Togli la carne dalla casseruola e a fiamma dolce fai sciogliere le acciughe ben pulite nel suo burro. Aggiungi il tuorlo sodo schiacciato bene con la forchetta ed un cucchiaio di farina setacciata. Mescola bene con un cucchiaio di legno e rimetti la carne nella casseruola.
Aggiungi la marinata senza esagerare, e fai cuocere a fuoco dolcissimo.
Aggiungi la marinata via via che si asciuga e prosegui la cottura coprendo con un coperchio.
Quando la carne sarà cotta e l’intingolo ristretto (con la consistenza di uno sciroppo), togli la carne e passa al setaccio il liquido.
Aggiungi i capperi tritati al coltello finemente.
Affetta la carne in fettine di c.ca 5 mm di spessore e sistemale sul piatto di portata.
In un recipiente concavo di acciaio, metti i tuorli ed un cucchiaio di vino bianco per ogni tuorlo.
Metti il recipiente a bagno maria facendo attenzione che l’acqua non tocchi il fondo e con una frusta elettrica comincia a montare il composto.
Aggiungi gradatamente il fondo di cottura già setacciato e se la salsa ti dovesse sembrare troppo densa, aggiungi qualche cucchiaio di buon brodo di carne.
Quando la salsa sarà ben gonfia, soffice e leggera, togli dal fuoco e nappa la carne con generosità.
Fai riposare in frigo almeno un’ora prima di servire.
Fonti:
A Tavola – Agosto 2015
Il Grande Libro della Cucina Albese – Famija Albeisa
Vitel Toné (dal Grande Libro della cucina Albese)
3 comments
Vedi quanto cose si imparano…E ti dirò che la versione con le acciughe mi tira molto di più di quella tradizionale. e le foto aiutano non poco! 🙂
Io questo piatto non l ho mai capito e mmm non mi ha mai fatto impazzire: ricordo quello di mia madre e no, non mi faceva gola. Quindi mai cucinato. Ma a vedere il tuo sto cambiando idea, deve essere proprio buono!
Ricetta splendida. Non uso neanche io la maionese,ma il tonno sì , almeno fino adesso. Proverò la tua versione.
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