Patty – Non ho mai letto il libro “The Help”, ma ho visto il film quando uscì nel 2012 e l’ho molto amato. Mi racconti la storia per capire se lo script ricalca le vicende del libro?
Alice – Siamo nel 1962, in Mississippi, in quel sud dove i contrasti razziali sono più forti che mai: quartieri separati, bagni separati, supermercati separati, l’integrazione è un concetto di là da venire. La giovane Skeeter, aspirante scrittrice e unica tra le sue amiche ad aver finito l’università ed essere ancora nubile, decide quasi per caso di scrivere un reportage sulle domestiche di colore a servizio delle famiglie bianche: i soprusi, le frustrazioni, ma anche storie positive di umanità e reciproco rispetto.
Il progetto è ardito e provocatorio in una cittadina come Jackson, e non è facile trovare domestiche disposte a raccontare la loro storia: è troppa la paura di essere licenziate, punite con la galera o peggio ancora. La prima a farsi coraggio è la mite Aibileen, cui fa seguito Minny, che con la sua energia riesce a convincere anche altre donne a partecipare alle interviste.
Mentre il libro viene scritto a tempo di record, tra l’altro senza la garanzia di una pubblicazione, anche la giovane Skeeter paga il prezzo di una diversità che non ha a che fare con la pelle ma con la coscienza civile. Restìa ad uniformarsi alle vite di plastica delle sue amiche e ad accettare le convenzioni sociali imperanti (che di lì a breve sarebbero state sbaragliate dal movimento hippy di protesta studentesca) viene a poco a poco emarginata ed esclusa da qualsiasi attività sociale: tutto ciò che le rimane è il libro, e il sogno di scrivere per mestiere.
Alla fine il libro sarà pubblicato e creerà non poco scompiglio nella comunità di Jackson, ma sarà una scossa utile a smuovere le coscienze di chi avvertiva già l’ingiustizia del sistema ma non aveva il coraggio di ribellarsi.
P – Mi sembra di capire che sia uno dei pochi libri trasposto in maniera fedele sul grande schermo. L’impressione che ho avuto la prima volta che l’ho visto (si, ammetto, l’ho guardato almeno altre 3 volte), è che la regia fosse sostenuta da una storia forte, ben scritta ed estremamente veritiera.
All’epoca non sapevo che fosse tratto da un libro quindi ho apprezzato molto anche la sceneggiatura.
I film americani sulla segregazione razziale ed i suoi soprusi sono moltissimi, ma questo per una volta, entra dentro le vite di un gruppo di donne del profondo sud americano degli anni ’60, e ne traccia un ritratto senza troppi filtri o raffinatezze stilistiche.
Un film corale, tutto al femminile dove, se ci pensi, non si riceve soltanto una sensazione di rabbia e frustrazione per la condizione delle domestiche di colore (delle quali, prima di questo libro/film non sapevamo nulla a parte quello che abbiamo appreso dalla grandissima e fondamentale Mamy di Via col Vento), ma anche un senso di disturbo per quella che era la vita “perfetta” delle mogli bianche, tutte tese a preservare l’apparenza di un’esistenza senza scopo, senza valore reale.
Una vita anni lontana anni luce dall’emancipazione femminile e le sue lotte che dovranno arrivare. Di questo “vento” di libertà ne è unica portatrice Skeeter (interpretata sullo schermo da una giovanissima Emma Stone ad uno delle sue prime prove importanti), anche se in maniera appena abbozzata, nel suo tentativo di registrare la verità di una condizione, quella delle governanti nere.
A – Sono tanti i volti di donna che mi sono rimasti impressi di questo libro. Più di tutti, per temperamento, mi sono affezionata all’anziana Aibileen, saggia, riflessiva, pacata, che ha tanto sofferto per la perdita dell’unico figlio eppure va avanti con dignità, ancora capace di dare amore e credere in Dio. Perfettamente complementare a Minny, direi, che è scontrosa e impulsiva, sempre nei guai per le sue rispostacce secche da attaccabrighe nata. Due caratteri opposti uniti da un’amicizia profonda, di quelle in cui non servono parole per capire le difficoltà e i bisogni reciproci.
Tra le signore bianche spicca invece Miss Hilly, moglie di un maggiorente locale e grande manipolatrice, che con un sollevarsi di ciglia pilota pensieri e comportamenti di tutte le altre; un personaggio capace di pura cattiveria, di grande forza ed estrema negatività. A lei fa da contraltare Miss Celia (l’unica disposta ad assumere Minny, dopo che Miss Hilly l’ha licenziata mettendo in giro la voce – falsa – che sia una ladra). Miss Celia, quasi stupida nella sua purezza, cieca di fronte ai ruoli e alle barriere sociali, dimostrerà di avere tempra e coraggio, oltre a quell’umanità di cui non c’è traccia nella perfida Hilly.
P – Minny è uno dei personaggi più amati della storia. E’ quello in cui si tende ad immedesimarsi nel desiderio di rivalsa, di reazione. Nel film ha il volto espressivo e spiritoso di Octavia Spencer, che per l’occasione vinse un Oscar come attrice non protagonista. Ma è anche quello che catalizza rabbia e impulsività e che in finale, darà lo spazio ad una speranza grazie al rapporto che si instaura con la sua nuova padrona.
Celia, la splendida e trasformista Jessica Chastain, è una moglie bianca dall’apparenza frivola e sciocchina ma più di tutti nel film, è priva di malizia e preconcetti, ed accoglie Minny nella sua casa come un’amica. Fra le due nasce un rapporto all’inizio non facile a causa della ritrosia di Minny, sempre sospettosa nei confronti dei bianchi che l’hanno sempre maltrattata, ma che piano piano si apre anche grazie al cibo, elemento fortemente simbolico presente spesso nella pellicola.
A – Anche nel libro il cibo è ricorrente e non a caso viene preparato esclusivamente dalle donne di colore. Sono loro ad essere materne, accoglienti, abbondanti anche nelle forme, mentre le donne bianche emanano solo secchezza fisica e aridità di sentimenti. Pare di vederle, sedute compunte al tavolo da bridge, coi loro vestiti bon ton e il mignolo alzato, a mangiare tartine e insalate di pollo, mentre Aibileen e Minny cucinano splendide costolette d’agnello, pollo fritto dorato, torte al caramello e torte al cioccolato, in un tripudio di generosità emotiva e trigliceridi senza sensi di colpa.
P – Le hai descritte perfettamente pur non avendo visto il film, perché anche il regista ha scelto fisicità che raccontano queste donne.
Nel film emerge il contrasto fra la cucina “bianca e borghese” e quella dei neri. I te pomeridiani delle mogli bianche in casa di Hilly, una bravissima ma gelida ed implacabile Bryce Dallas Howard, fatti di tartine, canapé e altri cibi raffinati, dove però non poteva mancare la torta al cioccolato di Minny, nota per la sua squisitezza, e che diventerà simbolo suo malgrado, di una vendetta servita “a caldo”.
A contrasto, il meraviglioso rito catartico della frittura del pollo, in una delle scene più belle e divertenti del film, quando Minny pronuncia la sua famosa frase “Fried chicken just tend to make you feel better about life”, in cui c’è tutto il significato della necessità di cercare piccoli elementi di gioia per superare la quotidianità di una vita brutale.
Minny condivide il suo amore per la cucina con Celia, spiegandole i trucchi per la frittura perfetta ed è in questo momento che fra le due si apre la speranza di un rapporto che supera ogni divisione di razza e classe sociale. Al termine del film, sarà Celia a dimostrare a Minny la sua gratitudine preparandole un pranzo superbo con tutti i piatti da lei appresi.
A – A Minny, tra l’altro, si devono alcune delle battute e degli episodi più divertenti del libro, come quello in cui deve spolverare un enorme orso imbalsamato e non riesce a farlo se non emettendo urletti e facendo balzi ogni volta che è costretta a toccarlo. Nonostante la tematica difficile, infatti, il l’autrice Kathryn Stockett riesce a mantenere un tono lieve, stemperando gli episodi più dolorosi con uno humor pungente comune a Skeeter, Aibileen e Minny, che sono le tre voci narranti del libro. Quello che rimane, alla fine, è la sensazione di un libro positivo e pieno di speranza.
P – Anche la mano di Tate Taylor, regista del film, è decisamente lieve nel trattare la storia.
L’uso della luce, dei colori, sempre estremamente luminosi e saturi, gli ambienti incantevoli delle case dei bianchi o le grandi proprietà terriere, sempre immersi in una luce rassicurante. Anche le scene in notturna, le interviste nelle povere ma ordinate case delle domestiche nere, non sono realizzate con un contrasto sgradevole, cupo, ma sempre accogliente, positivo. L’intenzione del regista è proprio quella di fare in modo che sia la storia e le emozioni che ne emergono ad essere importanti senza influenzare il sentire dello spettatore con effetti scenografici speciali.
Il film lascia essenzialmente un messaggio di speranza nonostante la storia sia attraversata anche dalla notizia dell’assassinio di Kennedy come un’ombra dolorosa.
A – Quello che sembra paradossale nel rapporto tra bianchi e neri è il ruolo delle governanti nella crescita dei bambini bianchi.
Se tra adulti di diversa razza non ci si può permettere una stretta di mano o uno sguardo più prolungato, i bambini vengono nutriti, allevati e coccolati dalle domestiche in un rapporto intimo e fisico che lascia sconcertati. Sono loro a crescere ed educare i figli, ricoprendo in toto quel ruolo di madre che le donne bianche assumono solo in maniera intermittente e arbitraria.
Se non che, con la crescita, il rapporto di vicinanza emotiva viene soffocato dalle convenzioni sociali: l’affetto per la vecchia “tata” non basta a superare una distanza che si fa abissale.
La stessa Skeeter, pur con tutte le buone intenzioni, trova enormi difficoltà ad avvicinarsi ad Aibileen in un rapporto che possa essere paritario, tanto forti sono i condizionamenti e le consuetudini cui entrambe hanno soggiaciuto per tutta la loro vita.
P – Inevitabilmente le governanti di colore diventavano il reale riferimento materno per molti bambini bianchi dell’epoca.
Nel film è chiarissimo come il rapporto fra domestica e bambino non fosse univoco. Aibileen (una dolente ed intensa Viola Davis) che consola la “sua” bambina bianca con una frase che diviene un mantra per rassicurarla: “tu sei brava. Tu sei carina. Tu sei importante”.
Di fronte all’estremo disinteresse di una madre insicura, Aibileen diviene il solo riferimento per quella creatura fragile e la scena in cui viene licenziata e deve lasciare la casa, è una delle più commoventi del film.
A – In tutto ciò, gli uomini sono praticamente inesistenti. Le figure maschili sono scialbe e inconsistenti, restano in ombra come personaggi-spalla che servono a riempire l’azione ma non sono mai davvero determinanti. E nei rari episodi in cui sono appena più definiti, sono un concentrato di opportunismo, insensibilità e ipocrisia. Non fa meraviglia che questo libro abbia fatto tanta presa sul pubblico femminile!
P – Esatto, Alice. The Help è un film corale che ha una voce femminile estremamente potente ed un messaggio che invita al supporto reciproco, alla fiducia, alla complicità.
E adesso non ti resta che vedere questa meravigliosa pellicola, mentre io ho già il libro sul comodino.
11 comments
Toccherà mettere il libro sul comodino e il dvd nel lettore. Mi avete commossa con questa storia, così ben descritta. Grazie <3
Non conoscevo nè libro nè film, per cui, grazie di nuovo. Qui è tutto un imparare.
E ancora una volta, dopo le vicende del cavaliere in garfagnana, complimenti per l’idea che avete avuto: Anche questa del dialogo tra Patty e Alice è davvero carina. SEmbra di vederle e sentirle chiacchierare come davanti ad una tazza di tè.
Bravissime il film è bellissimo ma rivedendolo con i vostri occhi è ancora più emozionante
Brave
è stupendo questo post, bravissime, avete davvero saputo rendere l’atmosfera, il clima, i personaggi. brave! Brave! brave!
Bello, bello, bello! Tutto, dal formato a dialogo originalissimo, al tema, al modo in cui ne avete parlato.
Rifatelo, vi prego!
la cosa piu’ bella di questa nuova vita e’ che posso riscoprire libri e film in lingua originale. E dopo aver letto la vostra chiacchierata so che domani mi fiondero’ in libreria e dopodomani saro’ a guardarmi the help, fino all’ultimo fotogramma. aggiungendoci tutti i vostri spunti, preziosissimi. Grazie davvero!
Grazie …. grazie per lo scritto e per aver ricordato questa perla 😍
Ho visto il film e ho letto il libro.
E concordo su tutto.
Brave!
che bel lavoro di coppia. Capito ste due toscane? sempre bello leggervi.
Un articolo magistrale, che oltre ad avermi seriamente commossa e tenuta avvinta fino all’ultima parola, mi ha fatto venir voglia di rivedere il film e di leggere il libro, che come patrizia non ho letto, con una consapevolezza maggiore ed occhi diversi. Grazie per questa condivisione generosa. siete state bravissime.
Queste sono le cose che mi piacciono. E DI FILM ce ne sono tantissimi da “RILEGGERE”. Brave bravissime direi 😍
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