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MTC N. 60 – Anche no: Tapas, caffè e Montalbano di Debora

by Anche no

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di Debora Ganci

Buongiorno gente,

Quando ho visto il tema del mese ho pensato che mi sarebbe piaciuto esserci, eccezionalmente ed occasionalmente, perché era un ottimo modo per tornare nella penisola iberica almeno virtualmente.

Della Spagna mi piace tutto; il calore, la gente, l’idioma, il flamenco, i sapori, i colori, Enrique Iglesias, Antonio Banderas (quando però non parlava con le galline) … e le tapas o meglio, tutto quello che “Ir tapas” o “Vamos a tapear” significa: festa, convivialità, risate, chiacchiere, amici, bar, uscite, ecc.

Tra le mille curiosità che ho letto a proposito della Spagna e quello visto con i miei occhi quell’unica volta, per il momento, in cui ci sono andata ho notato che andare a tapas equivale in un certo senso a rimandare tutto il superfluo, pensieri negativi compresi, a dopo…

Questo modo di fare mi ricorda tanto una frase che ho spesso sentito in Sicilia… “amuninni, ‘n ciè nenti, pigliamunu ‘n cafè” della serie non esiste problema, discussione, lite o altro che non possa essere risolto davanti ad una tazza fumante di caffè, da prendersi rigorosamente al bancone del bar, perché da sempre questo è visto come un luogo di aggregazione e socializzazione.

L’associazione è quindi partita spontanea, giocherò con delle ricette siciliane, anche perché se la Sicilia l’ho lasciata con dolore, al contrario, se dovessi invece trasferirmi in Spagna, penso che lo farei cantando e saltellando di gioia… per quanto mi renda perfettamente conto che vivere in un paese, non è non sarà mai come andarci da turista.

Piatti siculi e fin qui nessun dubbio ma non volevo che trasparisse solo un forte senso di nostalgia per quei sapori o per la mia terra e quindi… a raccontarvi la Sicilia a tavola sarà l’abile penna di A. Camilleri ed il suo bravissimo commissario Montalbano ed il perché, a pensarci bene, è comunque legato al mio essermi trasferita a Modena… quando si dicono coincidenze.

Piccola premessa: non sono una grande appassionata di televisione!!! Quando ancora vivevo a Palermo, sempre più spesso sentivo che in tanti alla semplice domanda “Chi è?” rispondevano “Io, Montalbano sono!” Il mio unico approccio al celebre commissario era stato grazie ad una parodia, trasmessa in una TV locale, da un allora sconosciuto Sergio Friscia e no, non avevo mai letto un solo libro dello scrittore siciliano.

Appena trasferita qui, un mio amico, dopo fidanzato ed oggi marito, rispondendo al citofono disse proprio “Io, Montalbano sono!” ed al mio “Oh no, anche tu ma perché????” considerato che è campano… “Come perché??!! Libri di Camilleri, fiction RAI… tu siciliana…?” È stata la prima volta di una lunga serie in cui mi ha definita una siciliana atipica per mille ed un motivo… ed il primo libro che mi ha prestato da leggere “La gita a Tindari”…

In seguito ho avuto modo di vedere ed apprezzare anche il commissario Montalbano come personaggio televisivo, anche perché Luca Zingaretti ha proprio le “fisique du rule” e poi diciamocelo, vederlo mangiare è davvero una gioia, la più grande soddisfazione per ogni cuoco/a che si rispetti… non è solo una buona forchetta ma è principalmente un buongustaio; mette nel cibo la stessa passione attenta e scrupolosa che mette nel suo lavoro e questo fa di lui un personaggio a tutto tondo, positivo e piacevole che ben si addice quindi, allo spirito delle tapas (modalità autoconvincimento in corso,  avviata).

Mi piacerebbe solo sapere se il commissario Montalbano, data la sua smodata fame, apprezzerebbe queste quantità mignon… Intanto io mi sono divertita tantissimo e quindi grazie ad Alessandra per avermi permesso questo mese di giocare con voi, al bellissimo tema proposto per il 60 MTC (https://www.mtchallenge.it/2016/10/05/mtc-60-la-ricetta-della-sfida/) da una simpaticissima Catalana purosangue Mai (http://ilcoloredellacurcuma.blogspot.it/2016/10/per-questo-mtc-se-va-de-tapas_5.html) che ha lanciato: Tapas, distinte in 3 categorie e legate tra loro da un filo conduttore:

tapa (piccola porzione di un piatto tradizionale e non, servito in piattino, ciotolina, ecc. da mangiare sempre con le posate)

pincho (qualcosa che deve essere infilzato con uno stuzzicadenti in numero da 1 a 3, da mangiare con l’ausilio dello stesso)

montadito (piccolo panino super farcito o fetta di pane che deve sostenere il condimento, da mangiarsi in massimo 3/4 bocconi, solo con le mani).

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Tapas, caffè e Montalbano

Appena aperto il frigorifero, la vide. La caponatina!!! Sciavuròsa, colorita, abbondante, riempiva un piatto funnùto, una porzione per almeno quattro pirsone. Erano mesi che la cammarera Adelina non gliela faceva trovare. Il pane nel sacco di plastica, era fresco, accattato nella mattinata. Natuarali, spontanee, gli acchianarono in bocca le note della marcia trionfale dell’Aida.” – La gita a Tindari

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Tapa-nata

(Caponata o caponatina) – ricetta di mamma

Dosi valide per 4/6 persone

Ingredienti:

  • 5/6 melanzane di media grandezza
  • Un gambo di sedano
  • 50 gr di capperi
  • 150 di olive verdi grandi
  • Una cipolla bianca
  • 4/5 pomodori da salsa di media grandezza
  • 3 cucchiai (da minestra) d’aceto di vino bianco
  • Un cucchiaio e 1/2 (da minestra) di zucchero semolato
  • Un pizzico di bicarbonato
  • Olio di semi di girasole q.b.
  • Sale q.b.

Preparazione: Togliere una striscia di buccia dalle melanzane dai 2 dei 4 lati e tagliarle a dadi possibilmente tutti uguali, per rendere più uniforme la cottura. Metterle in acqua salata, coprirle con un peso e lasciarle spurgare per almeno ½ h. Tenere in ammollo il pomodoro in acqua calda, pelarlo e tagliarlo a dadi grossolani, sgocciolarlo. Privare le olive del nocciolo e tagliare ogni fetta ricavata a metà. Togliere il sale ai capperi, sciacquandoli bene sotto acqua corrente fredda. Pulire il sedano, eliminando tutte le sue parti più dure e tenere solo le foglioline più tenere; tagliarlo a tocchetti. Affettare la cipolla sottilmente.

In abbondante acqua salata, unite il bicarbonato ed il sedano e fate cuocere sino a quando sarà tenerissimo. Non buttare l’acqua di cottura. Scolate e sciacquate le melanzane, per togliere ogni residuo di sale e friggetele, un po’ alla volta in abbondante olio caldo. Fate sgocciolare l’unto su carta assorbente e salate solo a frittura terminata molto leggermente; scuotete le melanzane per distribuire al meglio il sale e fatele freddare. Scaldate un po’ d’olio in una capace padella o tegame che poi riesca a contenere il tutto, unite la cipolla e fatela appassire ma non colorire. Aggiungere le olive ed i capperi e far rosolare appena un po’. Unire il pomodoro ed amalgamare per qualche minuto. Unite il sedano e parte della sua acqua di cottura e cuocete a fuoco medio per almeno 10 minuti. La restante acqua, andrà aggiunta un po’ alla volta, sino al suo totale assorbimento. Per la cottura completa, occorreranno circa 30/40 minuti. Regolare la sapidità. In una tazza, emulsionate l’aceto con lo zucchero ed assaggiate… Ricordate che il sapore perfetto della caponata deve essere solo ed esclusivamente agrodolce, piccole variazioni sono ammesse a seconda dai gusti ma meglio non esagerare. Due minuti prima che la cottura del condimento venga terminata, aggiungere l’emulsione appena preparata, fate evaporare un po’ l’aceto e spegnete il fuoco. Versare il sugo in una terrina, preferibilmente di vetro o ceramica, no plastica, unire le melanzane e mescolare bene e spesso. Una volta che la caponatina si è freddata a temperatura ambiente, copritela con pellicola alimentare e ponete in frigorifero a riposare per almeno una notte; se avete modo ricordatevi ogni tanto di mescolarla, affinché i sapori si sposino tutti alla perfezione. Prima di servirla, riportarla sempre a temperatura ambiente. Si mantiene per qualche giorno ma di solito non dura più di 3 gg. dipende ovviamente da quanta ne avrete preparata e dalla fame dei commensali. Tenerla sempre coperta e conservare in frigorifero. E’ un antipasto o contorno ma basta mangiarla con il pane e diventa a tutti gli effetti una cena. Piatto tipicamente estivo, non solo per la sua freschezza ma anche per i prodotti usati (melanzane e pomodoro) che prima si trovano solo d’Estate, ed oggi grazie o purtroppo a causa delle serre, hanno perso la loro stagionalità.

Curiosità: La ricetta originaria nasce come piatto nobile che prevedeva l’uso del capone (da cui probabilmente deriva il nome) un pesce oggi chiamato lampuga, arricchito da un condimento agrodolce. Il popolo che non poteva permettersi d’acquistare il pesce ha cominciato a sostituire alcuni ingredienti dal costo non accessibile, con i prodotti dell’orto e mai avrebbe immaginato che la versione povera, superasse in fama e diffusione la sua antenata.

S’arrisbigliò malamente: i linzòla, nel sudatizzo del sonno agitato per via del chilo e mezzo di sarde a beccafico che la sera avanti si era sbafàto, gli erano strettamente arravagliate torno torno il corpo, gli parse d’essere addiventato una mummia.” – Il ladro di merendine

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Sard-incho

(Sarde a beccafico) – ricetta di mamma

Dosi valide per 6/8 persone

Ingredienti:

  • 30 sarde di piccole dimensioni
  • Una manciata abbondante di passolina (*uva sultanina io)
  • Una manciata di pinoli
  • Un ciuffo di prezzemolo
  • Un cucchiaio di formaggio grattugiato (*parmigiano io)
  • 10 cucchiai di pangrattato
  • 2 cipollotti piccolini
  • 2 limoni di medie dimensioni
  • Un cucchiaio pieno (da minestra) di zucchero semolato
  • Olio di semi di girasole q.b.
  • Sale q.b.
  • Alloro q.b.

Preparazione: Spremere i limoni e filtrarne il succo, aggiungere un cucchiaio d’olio e lo zucchero ed emulsionare. Pulire le sarde, tagliare la testa, togliere le lische, lasciare la coda ed aprirle a libro. Sciacquarle sotto l’acqua corrente e farle sgocciolare per bene. Tagliare in piccolissimi pezzetti i cipollotti (se grande abbastanza ne basta solo uno). Nel caso si usi l’uva sultanina farla rinvenire per un’oretta in acqua calda e poi strizzarla ed asciugarla. Pulire il prezzemolo e stracciarlo con le mani in piccoli pezzi.

In una padella cominciare a tostare il pangrattato, mescolando spesso per non farlo bruciare. Quando avrà raggiunto un colore abbastanza brunito, togliere dal fuoco, unire il trito di cipollotti e prezzemolo, la passolina o uva sultanina ed i pinoli, il formaggio, il sale, 1 o 2 cucchiai d’olio e mescolare sino a quando non si ottiene un composto un po’ umido, tipo sabbia bagnata. Prendere le sarde una alla volta, posizionare un po’ di condimento al centro e chiuderle ad involtino, dalla parte larga sino alla parte più stretta. Metterle in una teglia, con la coda all’insù, tutte una vicina alle altre e frapporre tra un involtino e l’altro una foglia di alloro. Irrorare con l’emulsione precedentemente preparata e mettere in forno a 180° per circa 20 minuti. Una volta cotte, fate raffreddare a temperatura ambiente e servire. Si conservano in frigorifero, coperte con pellicola alimentare o carta stagnola ed in effetti si gustano meglio il giorno dopo, purché vengano servite alla giusta temperatura. Anche questo è un antipasto ma se consumato in grande quantità, diventa ovviamente una cena, un po’ pesantuccia però.

Curiosità: Le sarde a beccafico, di chiara ispirazione araba, sono un piatto tipicamente palermitano nato dalla reinvenzione popolare di un alimento diffuso nelle tavole dei nobili che usavano degli uccelli dalle carni molto pregiate: i beccafico, da qui il nome. I pinoli proprio per il loro potere antiossidante, furono inseriti per prevenire eventuali malattie, dall’uso di pesce, a volte non sempre freschissimo. *La passolina, ampiamente usata nei piatti siciliani, salati soprattutto, è un tipo particolarissimo d’uva passa che cresce esclusivamente in Sicilia (Lipari per l’esattezza) e Grecia. Ha un colore prugna/nerastra, tanto da sembrare un grano di pepe nero ed ha un sapore lievemente acidulo e dolciastro.

Montalbano niscì fora, s’assittò su una panca allato alla porta e al primo boccone si sentì ringiovanire di quarant’anni, tornò picciliddro, era il pane come glielo conzava sua nonna. Andava mangiato sotto quel sole, senza pinsare a niente, solo godendo d’essere in armonia col corpo, con la terra, con l’odore dell’erba.” – La voce del violino

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Cunza-dito

(Pani cunzato) – non ricetta tradizonale

Dosi valide per 1 o 2 persone

  • 4 rimacinatini mignon (comprati)
  • 100 gr di primosale
  • Un fico d’India
  • 4 filetti d’acciuga sott’olio
  • 4 capperi privati del sale
  • 2 peperoncini piccoli secchi (diavoletti)
  • 2 spicchi d’aglio
  • Uno spruzzo d’aceto di vino bianco
  • Olio di semi di girasole q.b.
  • Origano secco q.b.
  • Sale q.b.

Preparazione: Affettare il primosale o altro formaggio semi stagionato. Pulire il fico d’India ed affettarlo in 4 parti. Arrotolare il filetto d’acciuga attorno al cappero. Tagliare i panini.

In una padella mettere l’olio, l’aglio schiacciato con l’apposito attrezzo, il sale, i peperoncini sbriciolati e l’origano. Far scaldare ma non soffriggere, aggiungere l’aceto, lasciarlo evaporare giusto un paio di secondi. Unire le fette di formaggio e farle insaporire da ambo i lati per 2 minuti o sino a quando non comincia a fondere leggermente. Posizionare la fettina di primosale sulla metà bassa del panino senza aver cura di sgocciolarlo, proseguire con la fettina di fico d’India, il filetto d’acciuga ed il cappero, se necessario aggiungere ancora un po’ dell’olio aromatizzato ed infine spolverare con altro origano. Servire caldo. Ha ragione il commissario Montalbano, è il classico piatto che fa tornare indietro nel tempo, alla merenda di una volta, a quando da bambini bastava davvero una fetta di pane caldo, olio, sale, pepe, pomodoro facoltativo e non c’era niente di più buono.

Curiosità: Per primosale s’intende uno specifico grado di stagionatura del pecorino ma, in Sicilia indica proprio un formaggio tipico. Il pane cunzato ovvero pane condito, è al contrario delle precedenti ricette uno dei più tradizionali pasti poveri della gastronomia siciliana. In mancanza di un companatico ricco, diventò consuetudine arricchire il pane di sapori, odori e condimenti dal basso costo e di facile reperibilità.

 

14 comments

Alessandra 30 Ottobre 2016 - 4:49

i nomi delle tre tapas sno da incorniciare!!!!
E certo che si, che apprezzerebbe montalbano.
esattamente come apprezo io, sempre piu’ felice del tuo ritorno all’mtc!

debora 3 Novembre 2016 - 9:22

Grazie mille Alessandra, mi sono divertita come non mi capitava da tempo… non lo so se sono ritornata, ma farò di tutto per essere più presente, perchè VI ammiro e tanto

Rossella 25 Ottobre 2016 - 10:57

sE NON AVESSI SCELTO I CARTONI ANIMATI, mONTALBANO SAREBBE STATO IL MIO SOGGETTO. mI PIACE MOLTO LA TUA INTERPRETAZIONE, COMPLIMENTI!

Debora 26 Ottobre 2016 - 13:45

Grazie Rossella… i cartoni animati???? appena posso vengo a vederli… argomento che nonostante l’età, mi piace ancora tanto 🙂

Mapi 25 Ottobre 2016 - 8:57

Spettakolo!!! La tua Sicilia è anche la mia, nel senso che ho riscontrato differenze nella preparazione delle ricette, tra Sicilia occidentale e orientale. La caponata è proprio quella che fa mia mamma (a parte il trucco di cuocere il sedano col bicarbonato, che non conoscevo) e tutti i piatti che hai proposto mi riportano ai piatti di una terra molto amata e mai dimenticata, sebbene sia nata su (ma ci ritorno ogni anno, l’estate non è estate se non vado in Sicilia!).

Splendide tapas, grazie per averle proposte!!!

Debora 26 Ottobre 2016 - 13:43

Grazie Mapi, sinceramente avevo sempre pensato che tu fossi nata in sicilia e non al Nord… ecco anche per me una cosa che non conoscevo 🙂

Mai 25 Ottobre 2016 - 0:43

Mio marito al citofono risponde “ù lupo mannaro sono!” … uomini del sud…
Che pureio come dici tu con tanto calore della gente, i colori i sapori quanto ci si stà bene,,, io vado e mi sposo un pugliese e rimango a vivere a milano, mi capisci vero, tanto come io capisco te… ma dai andiamo de tapas che tutto passa ed hai ragione, pure davanti un caffè!
Davanti una tappa-nata (stupendo il nome che li hai dato) per esempio, passa tutto, tristezza, problemi… tutto, passa anche il tempo!
Passa tutto anche con i tuoi pinchos artisticamente appoggiati nella tazza de caffè! E sapere che per me hai scelto una ricetta di tua mamma non fa altro che aumentare la mia felicità perché il tra mandarsi le ricette é una cosa bellissima!
E per il montadito un fico d’india nel panino? Con l’asciuga? Sai, dalle mie parti andresti d’accordo con tutti, perché questi abbinamenti dolce salato e anche con la frutta sono molto a bituali!

Grazie Debora per queste tapas!

Debora 26 Ottobre 2016 - 13:41

🙂 Mai, grazie a te è stato davvero un piacere tornare a giocare con voi e le tue tapas, il filo conduttore, sono stati davvero un ottimo stimolo a togliere un po’ di ragnatele dalla mia cucina…
beh tra “u lupo mannaro sono” ed un “moltabano sono”… non so chi delle due stia messa peggio 😉
Buon lavoro giudichessa…
Usted fue muy amable y agradable!

sabrina fattorini 23 Ottobre 2016 - 11:22

Io sono una fan sfegatata di Camilleri, ho letto tutti i suoi libri ed ovviamente montalbano è per me un mito assoluto! mi sono goduta il tuo post con immenso piacere, perché tra l’altro, la cucina siciliana è la mia preferita dopo quella toscana!!

Debora 26 Ottobre 2016 - 13:32

Gentile Sabrina, grazie mille

Katia Zanghì 22 Ottobre 2016 - 17:19

Ciao. Tu non lo sai, perche’ non ho ancora pubblicato, ma le mie tapas sono molto simili alle tue. Pazzesco, davvero ! Non so adesso se rifare tutto o scrivere comunque il post. Le foto avevo da poco finito di farle…. Ora vediamo !

debora 22 Ottobre 2016 - 18:17

Mi spiace Katia 🙁
Pubblica tutto lo stesso, io non sono in gara

Claudio 22 Ottobre 2016 - 17:08

Fossi tuo ospite per questa “tapata” credo che mi comporterei come montalbano: gusterei tutto in religioso silenzio e guai a chi parla mentre si mangia! 🙂

debora 22 Ottobre 2016 - 18:18

🙂 stsshhh allora
Grazie

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