di Roberta Cornali – Vado a vivere in campagna
Sono un’appassionata di cibo e cucina. Non un’esperta: sono troppo pigra e indisciplinata per diventare esperta in qualunque campo. Il cibo e la cucina mi appassionano. Mi attraggono e mi incuriosiscono in ogni loro forma e modo. Ogni ingrediente, dal più comune al più esotico e sconosciuto, mi racconta una storia. Ogni tipo di cucina, da quella più semplice a quella più elaborata, da quella più povera a quella più ricca, da quella più tradizionale a quella più innovativa, casalinga o esotica, tutte esercitano un enorme fascino su di me.
Però una sola cucina riesce ad emozionarmi davvero, sempre e comunque: quella che fa del tempo, della pazienza e della semplicità i suoi ingredienti principali. Resto spesso stupefatta davanti a certe opere d’arte culinaria, ammirata dall’abilità e dalla creatività di molti cuochi, professionisti o dilettanti che siano. Ma la vera commozione la provo solo davanti ad un piatto di zuppa fumante o quando per casa si spande il profumo di uno stufato che cuoce lentamente.
Chiunque abbia scambiato anche solo poche parole con me, sa che vivo con lo sguardo costantemente rivolto al passato e che spesso mi sento a disagio, fuori luogo e fuori tempo, quando non apertamente in conflitto con il mondo attuale. E’ comprensibile, quindi, il mio interesse per quelle comunità che ancora oggi conducono un’esistenza priva delle comodità della vita moderna. Non parlo dei quelle tribù che vivono allo stato primitivo in luoghi tanto remoti da non essere stati quasi raggiunti dal progresso come noi lo intendiamo, ma di quei gruppi di persone che vivono circondati dalla modernità, ma si rifiutano di farne parte. Parlo degli Amish e più in generale dei Mennoniti.
Non posso e non voglio dilungarmi qui parlando di queste comunità, dico solamente che se non fossi così selvatica e inadatta alla vita comunitaria e se non fossi così ribelle e insofferente delle rigide regole di comportamento imposte dall’esterno, probabilmente a quest’ora vivrei da qualche parte in Pennsylvania. Che poi diciamoci la verità: quelle cuffiette ti donano solo se hai il viso di Kelly McGillis da giovane!
Con questi presupposti, era inevitabile che mi tuffassi a pesce nell’attimo stesso in cui è uscita la lista delle ricette del Tema del Mese per l’MTChallenge: i rivels dovevano essere miei! Ottima occasione per mettere nuovamente mano agli adorabili libretti di cucina tradizionale amish ai quali sono profondamente affezionata, soprattutto perché acquistati nel gift shop di Orchard House a Concord, Massachusetts, che per chi non lo sapesse è stata l’abitazione della famiglia Alcott quindi è il luogo dove hanno vissuto le quattro Piccole Donne e io lo considero come il tempio della mia educazione sentimentale. Forse anche per questo ho amato ogni singola ricetta tratta da quei piccoli libri: dai biscuits al cobbler, dai pani in cassetta al chicken pot; dal pumpkin bread alle zuppe cremose… e la Chicken Corn Rivel Soup non ha fatto eccezione. Ognuno di questi piatti parla un linguaggio semplice, confortante, rassicurante. Parla di famiglia, di casa, di fuoco di legna. Di fatica e soddisfazione. Di lentezza e silenzio.
Purtroppo non vengono mai date informazioni di alcun tipo circa la storia e l’origine dei piatti descritti. Da una rapida ricerca in internet, che mi riprometto di approfondire, sono riuscita a trovare solo vaghi riferimenti ai Mennoniti Tedeschi emigrati nel Nuovo Mondo alla fine del XVII secolo e pare che il nome rivel, che contraddistingue degli gnocchetti di farina e uova, derivi dal tedesco “zu reiben” che significa sfregare, strofinare, perché in alcune ricette i rivels vengono fatti sfregando l’impasto tra i polpastrelli, un po’ come si fa per gli impasti sabbiati. Oggi questa zuppa viene elencata tra i piatti tradizionali della cucina tipica della Pennsylvania Dutch Country, quella zona nel sud est dello stato della Pennsylvania dove ancora vivono le comunità Mennonite e Amish.
Come per qualunque piatto tradizionale, antico e molto diffuso, non esiste una sola ricetta. Praticamente ogni famiglia ha la propria versione: con pollo e mais oppure con le patate; in alcune c’è il pomodoro in altre la carota; c’è che fa i rivels con il solo tuorlo, chi con l’uovo intero e chi aggiunge il latte; c’è anche chi li chiama rivlets; l’impasto può essere asciutto e sabbioso oppure fluido come per una stracciatella; c’è chi al momento di servire aggiunge un uovo sodo sbriciolato e/o del prezzemolo tritato…e così via. L’unica cosa in comune è che sono tutte minestre arricchite con gnocchetti di pasta all’uovo. Mi ha sorpreso non trovare alcun accenno a una zuppa simile tra i piatti tradizionali olandesi, ma appena farò ritorno al mio amato Nord, indagherò più a fondo.
Io ho seguito fedelmente la ricetta così com’è riportata nel libretto monografico dedicato alle zuppe e che prevede una piccola quantità di latte aggiunta all’impasto dei rivels che rimane quindi più morbido e va versato nel brodo un cucchiaino alla volta. Nella ricetta viene lasciata libertà di scelta riguardo al mais: fresco, surgelato o in scatola. Io ho optato per il mais fresco, dato che ora è di stagione. Ho acquistato due pannocchie, le ho pulite e bollite per circa 30 minuti in acqua leggermente salata e poi le ho pazientemente sgranate.
E ora bando alle inutili ciance ed ecco a voi la
Chicken and Corn Soup with Rivels
Ingredienti per 4 persone:
- 1,5 kg di pollo con pelle e ossa
- 1 cucchiaio di sale grosso
- 1 cucchiaino di pepe bianco in grani
- 2 cucchiai di aceto di mele
- 4 gambi di sedano tagliati a pezzetti
- 1 cipolla media tagliata a cubetti
- 300 g circa di mais bollito
Per i rivels:
- 1 uovo intero
- 125 g di farina bianca
- 50 ml di latte
- Sale
Per servire:
- 2 uova sode, facoltative
- Prezzemolo tritato, facoltativo
Mettete il pollo in una casseruola capiente e copritelo con circa 1,5 l di acqua fredda. Aggiungete il sale grosso, il pepe in grani e l’aceto di mele, coprite e portate ad ebollizione. Abbassate la fiamma e proseguite la cottura, schiumando il brodo quando necessario, per circa un’ora o fino a quando il pollo sarà ben cotto.
Nel frattempo cuocete anche le pannocchie e le uova sode, se pensate di utilizzarle.
Togliete la carne dal brodo e quando si sarà intiepidita, eliminate la pelle e le ossa e sminuzzatela con le mani. Tenete da parte.
Filtrate il brodo e rimettetelo al fuoco aggiungendo anche le verdure e il mais. Aggiustate di sale e pepe e fate cuocere per circa 20 minuti o fino a quando le verdure saranno tenere. Intanto preparate i rivels mescolando tutti gli ingredienti con l’aiuto di due forchette fino ad ottenere un impasto morbido. Aiutandovi con due cucchiaini, versate l’impasto nel brodo, formando degli gnocchetti irregolari della dimensione di un nocciolo di ciliegia. Se avete mani leggere e veloci e avendo l’accortezza di inumidire le dita con poca acqua fredda, riuscirete anche a realizzare gli gnocchetti senza l’aiuto dei cucchiaini. Aggiungete anche la carne di pollo che avevate tenuto da parte. Fate cuocere per circa 10 minuti, togliete dal fuoco e lasciate riposare la minestra per pochi minuti prima di servirla. Volendo potete guarnire ogni piatto con pezzetti di uovo sodo e del prezzemolo tritato.
5 comments
Anche a me hanno colpito moltissimo le stesse frasi riportate da mapi. nel senso che ho proprio sentito la stessa cosa, che quello che può dare un piatto di casa (ma di casa vera) non lo trovo in nessun altra meraviglia degli chef, che mi possono entusiasmare ma non dare calore. è un entusiasmo freddo e tecnico, senz’anima.
è Molto bello leggerti e mi piacerebbe tanto vedere quei librini di cui parli e spulciare le varie ricette 🙂
su Piccole Donne soprassiedo: credo di esserci rimasta sotto a otto anni e non ne sono ancora uscita 😀
“una sola cucina riesce ad emozionarmi davvero, sempre e comunque: quella che fa del tempo, della pazienza e della semplicità i suoi ingredienti principali.[…] la vera commozione la provo solo davanti ad un piatto di zuppa fumante o quando per casa si spande il profumo di uno stufato che cuoce lentamente.”
Poche parole che riassumono quello che amo veramente della cucina: niente di fotogenico, ma piatti che scaldano il corpo e il cuore e che ci collegano direttamente alla tradizione, a un passato a cui, volenti o nolenti, apparteniamo.
“gnuno di questi piatti parla un linguaggio semplice, confortante, rassicurante. Parla di famiglia, di casa, di fuoco di legna. Di fatica e soddisfazione. Di lentezza e silenzio”, prosegui poco più giù, e dev’essere proprio per questo che amo alla follia zuppe e minestre.
Una cosa è certa: questa non me la farò mancare, mi piace troppo!!!
Un abbraccio, carissima. 🙂
Grazie Mapi, che emozione! Non ti conosco di persona, ma negli anni ho imparato a conoscere la tua cucina, raffinata, ma sempre fortemente ancorata alla tradizione e alla sostanza. Secondo me questa zuppa ti piacerebbe!
Interessantissimo !! Grazie
Grazie a te Sandra!
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