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In Giappone non esistevano fino a qualche decennio fa pani, torte
e dolci da forno tipo quelli occidentali: il ruolo del pane era ricoperto dal
riso bianco, non si chiudevano i pasti con un dessert ed i soli, splendidi e
curatissimi dolcetti, prevalentemente a base di riso e zucchero, erano i
wagashi destinati ad accompagnare il tè e le cerimonie ad esso collegate.
e dolci da forno tipo quelli occidentali: il ruolo del pane era ricoperto dal
riso bianco, non si chiudevano i pasti con un dessert ed i soli, splendidi e
curatissimi dolcetti, prevalentemente a base di riso e zucchero, erano i
wagashi destinati ad accompagnare il tè e le cerimonie ad esso collegate.
Le ragioni sono molteplici, dalla scarsità di legna per
alimentare dei forni veri a propri alla presenza dello zucchero come ingrediente
comune nelle preparazioni salate, senza quindi
necessità di uno “spazio” nutrizionale a sé se non a livello rituale. Ma una
delle motivazioni più curiose è quella che ha influenzato il gusto e la mentalità
giapponese per secoli ed è responsabile anche della scarsità di ricette salate
che contengano burro e latticini.
alimentare dei forni veri a propri alla presenza dello zucchero come ingrediente
comune nelle preparazioni salate, senza quindi
necessità di uno “spazio” nutrizionale a sé se non a livello rituale. Ma una
delle motivazioni più curiose è quella che ha influenzato il gusto e la mentalità
giapponese per secoli ed è responsabile anche della scarsità di ricette salate
che contengano burro e latticini.
E di questo parliamo oggi, visto che la brisée di Flavia
vede il burro come ingrediente principale del guscio e la panna è protagonista
nella farcitura della sua quiche. Perché sia il gusto per pane e dolci sia
quello per i prodotti caseari sono eredità occidentali per il Giappone, che è
rimasto un Paese completamente isolato dal resto del mondo dai primi del ‘600
fino alla seconda metà dell’800.
vede il burro come ingrediente principale del guscio e la panna è protagonista
nella farcitura della sua quiche. Perché sia il gusto per pane e dolci sia
quello per i prodotti caseari sono eredità occidentali per il Giappone, che è
rimasto un Paese completamente isolato dal resto del mondo dai primi del ‘600
fino alla seconda metà dell’800.
Prima della Seconda Guerra Mondiale i contatti con gli
stranieri in generale e con gli Occidentali in specifico erano vietati ed il
Giappone era politicamente, economicamente, culturalmente e militarmente
isolato rispetto al mondo, a parte antichi contatti nel XVI secolo con
missionari portoghesi e sporadici rapporti con mercanti olandesi e cinesi,
confinati però in piccolissime aree di un’isola secondaria dell’arcipelago
giapponese.
stranieri in generale e con gli Occidentali in specifico erano vietati ed il
Giappone era politicamente, economicamente, culturalmente e militarmente
isolato rispetto al mondo, a parte antichi contatti nel XVI secolo con
missionari portoghesi e sporadici rapporti con mercanti olandesi e cinesi,
confinati però in piccolissime aree di un’isola secondaria dell’arcipelago
giapponese.
Quando si riaprirono i confini nel 1868 ed i primi Inglesi
ed Americani misero piede sul suolo nipponico, i loro occhi chiari ed i loro capelli
biondi e rossi spaventarono molto i Giapponesi, la cui iconografia classica
attribuiva quei colori a folletti e spiriti maligni del folklore popolare. Ma
ciò che più convinse i Giapponesi dell’epoca a diffidare di quei biondi
stranieri fu il loro odore…
ed Americani misero piede sul suolo nipponico, i loro occhi chiari ed i loro capelli
biondi e rossi spaventarono molto i Giapponesi, la cui iconografia classica
attribuiva quei colori a folletti e spiriti maligni del folklore popolare. Ma
ciò che più convinse i Giapponesi dell’epoca a diffidare di quei biondi
stranieri fu il loro odore…
La dieta occidentale ricca di grassi animali conferiva
infatti al sudore degli stranieri un sentore acre, che risultava
sgradevolissimo per una popolazione che non prevedeva quegli alimenti nella
propria alimentazione e che aveva generalmente una scarsa attitudine al
contatto con gli animali. La diffidenza innata nei confronti dei latticini
aveva inoltre radici antiche, visto che il latte era considerato una
“secrezione animale” poco piacevole, un po’ come la saliva o il sudore, e
quindi non era mai stato preso in considerazione per ricavarne qualcosa di
alimentare…
infatti al sudore degli stranieri un sentore acre, che risultava
sgradevolissimo per una popolazione che non prevedeva quegli alimenti nella
propria alimentazione e che aveva generalmente una scarsa attitudine al
contatto con gli animali. La diffidenza innata nei confronti dei latticini
aveva inoltre radici antiche, visto che il latte era considerato una
“secrezione animale” poco piacevole, un po’ come la saliva o il sudore, e
quindi non era mai stato preso in considerazione per ricavarne qualcosa di
alimentare…
I Giapponesi si convinsero che la responsabilità di
quell’odore fosse fondamentalmente del burro e soprannominarono gli Occidentali
bataa-kusai, “quelli che puzzano
di burro”: il termine bataa deriva
chiaramente dal suono inglese della parola butter
e ancora oggi il termine definisce le persone occidentali pigre o sciatte ed in
generale tutto ciò che per i Giapponesi
è sinonimo di “sgradevolmente occidentale”…
quell’odore fosse fondamentalmente del burro e soprannominarono gli Occidentali
bataa-kusai, “quelli che puzzano
di burro”: il termine bataa deriva
chiaramente dal suono inglese della parola butter
e ancora oggi il termine definisce le persone occidentali pigre o sciatte ed in
generale tutto ciò che per i Giapponesi
è sinonimo di “sgradevolmente occidentale”…
Si tentò comunque di iniziare una produzione locale di latte
e burro verso la fine dell’800, grazie alle qualità nutrizionali ed al sapore
gradevole di quegli alimenti testimoniate dai primi Giapponesi coraggiosi che
cominciarono a farne uso nonostante superstizioni e tabù. Nell’area
settentrionale dell’isola di Hokkaido vennero importate delle vacche frisone, si
permise che vi si stabilissero dei casari danesi e, negli anni ’20, venne loro
chiesto ufficialmente di fare formazione alla popolazione locale in cambio del
monopolio della produzione di carne e latticini.
e burro verso la fine dell’800, grazie alle qualità nutrizionali ed al sapore
gradevole di quegli alimenti testimoniate dai primi Giapponesi coraggiosi che
cominciarono a farne uso nonostante superstizioni e tabù. Nell’area
settentrionale dell’isola di Hokkaido vennero importate delle vacche frisone, si
permise che vi si stabilissero dei casari danesi e, negli anni ’20, venne loro
chiesto ufficialmente di fare formazione alla popolazione locale in cambio del
monopolio della produzione di carne e latticini.
Ma il personale inviato dal Governo per imparare a lavorare
i latticini era purtroppo composto quasi esclusivamente da ronin, i samurai mercenari all’epoca disoccupati: la loro mentalità
guerriera poco si adattava ad attività di allevamento e manifattura, così dopo
nemmeno un anno, la fama dello stabilimento risultò talmente compromessa che
l’esperimento fallì, il monopolio saltò e la fabbrica chiuse.
i latticini era purtroppo composto quasi esclusivamente da ronin, i samurai mercenari all’epoca disoccupati: la loro mentalità
guerriera poco si adattava ad attività di allevamento e manifattura, così dopo
nemmeno un anno, la fama dello stabilimento risultò talmente compromessa che
l’esperimento fallì, il monopolio saltò e la fabbrica chiuse.
Si tentò allora di favorire il consumo di latte come bevanda
nutriente e salutare per il corpo e per la mente, utilizzando (un po’
all’americana) degli slogan che legassero l’incremento della salute della popolazione
all’orgoglio nazionale, ma solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando usi e
costumi statunitensi dilagarono in Giappone a causa dell’occupazione militare,
si ottenne di far bere il latte a bambini, anziani e convalescenti come
ricostituente.
nutriente e salutare per il corpo e per la mente, utilizzando (un po’
all’americana) degli slogan che legassero l’incremento della salute della popolazione
all’orgoglio nazionale, ma solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando usi e
costumi statunitensi dilagarono in Giappone a causa dell’occupazione militare,
si ottenne di far bere il latte a bambini, anziani e convalescenti come
ricostituente.
C’è chi commenta che sarebbe bastato aromatizzarlo con
fragole cacao o vaniglia e lo scopo sarebbe stato raggiunto più velocemente,
come è successo di fatto negli Stati Uniti, ma forse non conosce bene i sapori
considerati “golosi” dai palati nipponici più tradizionalisti!
fragole cacao o vaniglia e lo scopo sarebbe stato raggiunto più velocemente,
come è successo di fatto negli Stati Uniti, ma forse non conosce bene i sapori
considerati “golosi” dai palati nipponici più tradizionalisti!
Il burro rimase però sempre off-limits per i Giapponesi nell’immediato
dopoguerra. La diffidenza nei suoi confronti era alimentata dai primi
disastrosi tentativi di importazione degli anni ’30, quando non si era ancora
in grado di garantire la corretta conservazione del prodotto ed i pani di burro
occidentale sbarcavano in terra giapponese praticamente sempre rancidi e
deteriorati.
dopoguerra. La diffidenza nei suoi confronti era alimentata dai primi
disastrosi tentativi di importazione degli anni ’30, quando non si era ancora
in grado di garantire la corretta conservazione del prodotto ed i pani di burro
occidentale sbarcavano in terra giapponese praticamente sempre rancidi e
deteriorati.
Nonostante tutte queste “disavventure della
comunicazione”, dagli anni ‘70, quando il rapporto con gli Occidentali
divenne meno conflittuale e calò gradualmente la diffidenza nei confronti della
gastronomia estera, anche la cucina giapponese cominciò ad apprezzare ed
utilizzare il burro, tanto è vero che in pochi decenni è diventato un alimento
comune e oggi ne vengono consumati in Giappone 90 milioni di tonnellate all’anno,
ovvero circa un terzo del consumo pro-capite americano ed un decimo di quello
francese o tedesco.
comunicazione”, dagli anni ‘70, quando il rapporto con gli Occidentali
divenne meno conflittuale e calò gradualmente la diffidenza nei confronti della
gastronomia estera, anche la cucina giapponese cominciò ad apprezzare ed
utilizzare il burro, tanto è vero che in pochi decenni è diventato un alimento
comune e oggi ne vengono consumati in Giappone 90 milioni di tonnellate all’anno,
ovvero circa un terzo del consumo pro-capite americano ed un decimo di quello
francese o tedesco.
Non solo il burro è entrato di prepotenza nel “gusto dolce”
nipponico, causando la recente esplosione di pasticcerie in stile francese in
tutto il Paese, ma si è cominciato anche ad utilizzarlo in diversi piatti
salati, sia casalinghi che della ristorazione, trasformando ricette
tradizionali in modo yoshoku e creandone altre in stile “giapponese moderno”.
nipponico, causando la recente esplosione di pasticcerie in stile francese in
tutto il Paese, ma si è cominciato anche ad utilizzarlo in diversi piatti
salati, sia casalinghi che della ristorazione, trasformando ricette
tradizionali in modo yoshoku e creandone altre in stile “giapponese moderno”.
Burro
e latticini sono ora davvero “di moda” e la produzione di Hokkaido è la più
rinomata del Paese. In questo senso oramai i Giapponesi si sono praticamente
occidentalizzati, tanto che nel 2008, quando per problemi legati al foraggio
calò drasticamente la produzione giapponese di latte e per qualche settimana il
burro scarseggiò dagli scaffali dei negozi: be’… nei consumatori si scatenò il
panico e dovettero razionarne la vendita a non più di un panetto a testa al
giorno!
e latticini sono ora davvero “di moda” e la produzione di Hokkaido è la più
rinomata del Paese. In questo senso oramai i Giapponesi si sono praticamente
occidentalizzati, tanto che nel 2008, quando per problemi legati al foraggio
calò drasticamente la produzione giapponese di latte e per qualche settimana il
burro scarseggiò dagli scaffali dei negozi: be’… nei consumatori si scatenò il
panico e dovettero razionarne la vendita a non più di un panetto a testa al
giorno!
Acquaviva – acquaviva scorre
credits:
foto 1: http://global.rakuten.com/en/store/gourmet-m/item/gc0080/
foto 2: http://www.tcj.com/guns-butter/
foto 5: http://www.letsjapan.markmode.com/index.php/2008/06/18/enough-shortages/
37 comments
Dici bene: l'MTC è il meglio!
Ma quante cose mi sono persa? L'MTC è meglio di un'enciclopedia di cucina. Articolo interessantissimo!
Annalena, come al solito, i tuoi articoli sono incredibilmente interessanti. Poi sai quanto io sia affascinata dal Giappone, quindi tutto quel che ci sveli di quel Paese è per me oro! Grazie per questo splendido pezzo!
e pensare che temevo di essere finita un po' fuori tema… Il richiamo del Giappone epr me è sempre troppo potente, però.
Annaelenaaaaaaaaaaaaaaaa, da appassionata del Giappone non posso che dirti mille volte grazie 🙂 guardando la loro cultura gastronomica si capisce la loro storia, ma questa del burro mi mancava e da tempo mi interrogavo sui prodotti caseari, insomma, questo post è divertente e interssante! lo dico sempre: mtc è scuola, e non solo di cucina 😉
la prossima volta che sei in Giappone fatti una puntatina in Hokkaido: lì dei latticini giapponesi trovi la storia completa!
grazie della dritta, se tutto va bene vorrei fare un giro a giugno 🙂
anzi, qualsiasi consiglio tu abbia è superbenaccetto!
Questo post mi è piaciuto un sacco! Davvero interessante complimenti! 🙂
Grazie. Allora resta sintonizzata sull'MTC che di curiosità come queste se ne sfornano in continuazione…
Un pezzo davvero interessante, che notizie particolari. Mi piace scoprire come altre popolazioni siano così lontane da noi per abitudine e cultura, ma credo che in ogni popolo qualcosa da imparare ci sia sempre. Ho girato tanto ma il Giappone mi manca e non vedo l'ora di poterci andare per… restare colpita, lo so già.
Un abbraccio, Lidia
se ci vai con spirito curioso qualsiasi posto ti rivela sorprese gradevolissime. Non ti dico il Giappone!!!
Tra le cose che mi ha maggiormente colpito nel mio soggiorno in Giappone, è stata l'assenza di odore dei giapponesi (e parlo di metropolita stipata nel mese di agosto), quindi ho dedotto che si facessero una doccia ogni 15 minuti o che il cibo che ingeriamo rilascia degli odori dalla nostra pelle (è risaputo che i coreani odorano di aglio visto l'elevato consumo nella loro cucina). Però sapere di burro non è poi così male… Bell'articolo !!
Tra le cose che mi ha maggiormente colpito nel mio soggiorno in Giappone, è stata l'assenza di odore dei giapponesi (e parlo di metropolita stipata nel mese di agosto), quindi ho dedotto che si facessero una doccia ogni 15 minuti o che il cibo che ingeriamo rilascia degli odori dalla nostra pelle (è risaputo che i coreani odorano di aglio visto l'elevato consumo nella loro cucina). Però sapere di burro non è poi così male… Bell'articolo !!
verissima la storia che ogni popolazione ha un proprio odore caratteristico, gran parte dovuto all'alimentazione. E concordo che quello del burro è proprio un buon profumo!
Vi diro' che adesso il burro va davvero di moda in Giappone: mi ha scritto alcune settimane fa un cortese venditore di Tokio (che tra l'altro scriveva in italiano piu' che comprensibile e non Google-assistito) per chiedermi se poteva inserire nel suo sito, che vende appunto burro (e che burro: quello di Occelli) la mia foto di "signore Occelli" scattata al Salone del Gusto di Torino e presente sul mio blog!
La motivazione e' la seguente: e' cosi' bella ce vera che ci credo che il suo burro e' il migliore.
che meraviglia! Questi sono i lati della mentalità giapponese che adoro!
in compenso, c'è qualcosa che adoro meno-e cioè la pubblicità. su questo blog è tassativamente vietata. Food blogger avvisata… 😉
Bellissimo questo articolo, davvero interessante: non sapevo che per i Giapponesi noi puzzassimo di burro! 😀
Mi è rimasta la curiosità di sapere quali sapori sono considerati golosi per i palati nipponici, visto che fragole, cacao e vaniglia non hanno per loro la stessa attrattiva che hanno per noi. 🙂
Mapi, una volta avevo letto che per i giapponesi è interessante quella zona della donna che viene lasciata intravedere sulla nuca dalle pieghe del kimono, una sorta di decolleté alla rovescia. Quindi magari anche nel cibo si potrebbe pensare a un rovescio 🙂
attenta… non erano sapori apprezzati centocinqunata anni fa… ora l'omiage (piccolo dono che si porta agli amici da un viaggio) occidentale più gettonato sono proprio cioccolatini e dolcetti!
Per quanto riguarda ciò che era tradizionalmente considerato sensuale dovremmo pensare che, ammirando una donna in kimono, le uniche parti "scoperte" che possono parlare di lei sono la nuca ed i polsi… Ma non è così strano se pensate allo scalpore che fecero da noi le prime gonne che a inizio '900 lasciavano intravedere le caviglie…
A mio parere cucina architettura e moda solo le tracce di cultura materiale hce meglio raccontano la storia e la mentalità dei popoli…
interessante, bello, ben scritto, mi è piaciuto "un sacco" !
sono tante le cose curiose ed interessanti, in effetti, se ogni tanto si prova a cambiare punto di vista. Questo blog credo ne sia ogni mese la testimonainza
Grazie interessantissimo ed è sempre importante conoscere le altre culture per poterle poi apprezzare meglio !!!
concordo pienamente: conoscere le altre culture ci fa rapportare meglio anche con la nostra, in cucina come nella vita
Grazie Annalena, un post prezioso ed interessantissimo!
i post preziosi qui sopra non credo siano davvero i miei, però devo ammettere che trovo questo molto divertente
Grazie Annalena, mi hai affascinato. bellissimo post
Vitto
io sono affascinata dalle ricette giapponesi con il burro. Una delizia da non credere. Come al solito fanno di ogni cosa, anche prima sconosciuta, un'arte
confermo
Non le conosco. Devo rimediare, io adoro il burro
Interessantissimo questo post…Oggi anche io faccio una scelta consapevole sull'acquisto del burro. E devo dire che molti nipponici sono diventati abilissimi pasticceri, spesso incappo in qualche video…Una passione che dilaga
ero incerta se scrivere un post tecnico sul burro (cos'è, come si fa, come lo si sceglie), ma poi il curioso mondo giapponese ha prevalso
Bel post Annalena! Nonostante I cambiamenti,i pregiudizi qua e la rimangono.Non tantissimo tempo fa ad un mio caro amico fu fatto notare per strada (questo pero' e' successo in Tailandia)
come puzzasse di latte!
ma noooo! Troppo forte questa cosa…
Interessantissimo questo post, grazie Annalena, leggendo mi sono ritrovata a sentire Hiroshi, la nostra guida di Tokyo che non parlava del burro, ma di come il Giappone si è cominciato ad aprire all'Occidente in tempi recenti…e mi hai fatto tornare voglia di rimettere piede in quell'arcipelago meraviglios!
come ti capisco…
e io capisco te!
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