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di Mariella di Meglio- Mariella Cooking
Per quanto, istintivamente, il riso possa venir associato alla cucina del Nord Italia, esso è invece ben presente anche in quella meridionale e, per giunta, da molto tempo. Infatti già i medici della Scuola Salernitana raccomandavano di consumare riso, qualora si fosse sofferto di disturbi viscerali. E, in effetti, anche al giorno d’oggi, il riso in bianco è la dieta classica quando abbiamo l’intestino sottosopra.
Sarà per questa associazione tra una condizione d’infermità ed una preparazione non particolarmente saporita che il riso, a Napoli, si è meritato il nomignolo di “sciacquapanza”.
Sarà per questa associazione tra una condizione d’infermità ed una preparazione non particolarmente saporita che il riso, a Napoli, si è meritato il nomignolo di “sciacquapanza”.
Di contro, forse per riscattarlo da questa fama di cibo per malati, le ricette partenopee a base di riso sono tutte ricette dai sapori molto forti e decisamente non consigliabili a persone dallo stomaco delicato: gli arancini, la frittata di riso, riso e verza.
Ma, su tutti, (è il caso di dirlo), troneggia il sartù, piatto ricco e sontuoso, quasi certamente nato nelle cucine dei Monzù, i cuochi francesi che, nel ‘700, lavoravano presso i nobili napoletani, adattando il loro sapere gastronomico alle materie prime e alla tradizione della città che li ospitava, con risultati spesso strepitosi. Francese sembra essere il
nome di questo piatto: si tratterebbe, infatti, di una storpiatura di “sour tout”, su tutto, con riferimento all’involucro di riso che accoglie al suo interno, di tutto.
Del sartù esistono due versioni: una bianca ed una rossa. La versione originaria era molto più ricca di quella che, per lo più, si mangia oggi nelle case napoletane, vuoi per alleggerire un po’ il piatto, vuoi per velocizzare un po’ la preparazione che, specie nella versione rossa, richiede parecchio tempo.
La Francesconi, come ripieno prevede: pancetta, fegatini di pollo, piselli, funghi, salsicce fresche, prosciutto, fior di latte, uova sode e polpettine.
La versione di casa mia prevede, invece, “solo” piselli, polpettine e fior di latte, talvolta sostituito dalla provola.
Ma, su tutti, (è il caso di dirlo), troneggia il sartù, piatto ricco e sontuoso, quasi certamente nato nelle cucine dei Monzù, i cuochi francesi che, nel ‘700, lavoravano presso i nobili napoletani, adattando il loro sapere gastronomico alle materie prime e alla tradizione della città che li ospitava, con risultati spesso strepitosi. Francese sembra essere il
nome di questo piatto: si tratterebbe, infatti, di una storpiatura di “sour tout”, su tutto, con riferimento all’involucro di riso che accoglie al suo interno, di tutto.
Del sartù esistono due versioni: una bianca ed una rossa. La versione originaria era molto più ricca di quella che, per lo più, si mangia oggi nelle case napoletane, vuoi per alleggerire un po’ il piatto, vuoi per velocizzare un po’ la preparazione che, specie nella versione rossa, richiede parecchio tempo.
La Francesconi, come ripieno prevede: pancetta, fegatini di pollo, piselli, funghi, salsicce fresche, prosciutto, fior di latte, uova sode e polpettine.
La versione di casa mia prevede, invece, “solo” piselli, polpettine e fior di latte, talvolta sostituito dalla provola.
Sartù di riso
Ingredienti
Ragù napoletano
Riso Arborio 400 g
Brodo di carne 850 ml
Piselli 150 g
Cipolla 1/2
Burro 40 g + 30
Fior di latte 200 g
Carne trita 150 g
Mollica di pane 150 g
Tuorlo 1
Parmigiano 50 g
Olio per friggere
Pan grattato 2 cucchiai
Riguardo alla cottura del riso, esistono varie scuole di pensiero: c’è chi lo cuoce come un risotto e chi diluisce un po’ di ragù con dell’acqua, fino a raggiungere il doppio del volume del riso e, in questo liquido freddo mette a cuocere il riso per 15 minuti, tenendolo coperto e senza mai mescolare. Anche io cuocio il riso per assorbimento, ma in brodo di carne, anziché nel ragù diluito.
Una volta che il riso è cotto, lo si condisce col ragù e il parmigiano (meno un cucchiaio). Si prende il classico stampo a tronco di cono, lo si unge e lo si cosparge di pan grattato. Si versa quasi tutto il riso nello stampo, lasciando un’ampia cavità centrale, in cui andrà messo il ripieno.
Con la carne trita, la mollica di pane, il tuorlo ed il parmigiano tenuto da parte, formare delle polpettine della grandezza di una nocciola e friggerle in olio caldo. Tagliare a velo la cipolla e farla rosolare nei 40 g di burro; aggiungere i piselli e portarli a cottura. Sistemare nella cavità creata dal riso le polpettine, i piselli ed il fior di latte tagliato a dadini, aggiungere un mestolo di ragù e coprire col riso tenuto da parte. Spolverare di pan grattato, infiocchettare di burro ed infornare a 180 gradi per 45-50 minuti. Sformare il sartù, ricoprirlo con un mestolo di ragù e servire.
Con la carne trita, la mollica di pane, il tuorlo ed il parmigiano tenuto da parte, formare delle polpettine della grandezza di una nocciola e friggerle in olio caldo. Tagliare a velo la cipolla e farla rosolare nei 40 g di burro; aggiungere i piselli e portarli a cottura. Sistemare nella cavità creata dal riso le polpettine, i piselli ed il fior di latte tagliato a dadini, aggiungere un mestolo di ragù e coprire col riso tenuto da parte. Spolverare di pan grattato, infiocchettare di burro ed infornare a 180 gradi per 45-50 minuti. Sformare il sartù, ricoprirlo con un mestolo di ragù e servire.
Fonti: Jeanne Carola Francesconi “La cucina napoletana”
6 comments
Ulahlah, che bontà il tuo sartù, brava!!!!!
Dici che per merenda di metà mattina va bene?! No, perché me ne hai messo davvero una voglia irresistibile! Un piatto che non ho mai assaggiato, ma che pare paradisiaco!
Devo trovare il tempo e prepararlo, solo per la gioia degli occhi (quella del palato è scontata)!
Claudette
Ma quanto é buono il sartú di riso!
Una ricetta veramente sublime…per i miei gusti..il riso così diventa il RE!!! Brava Mariella
Naaaaa, questa è da copia, incolla, stampare e riporre in cassaforte in modo da non perderla nel caso si rompesse il pc. Non posso, non posso, non posso resistere, la devo fare alla prima occasione
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