Cina e India si contendono la paternità del riso, che in Oriente ha nomi riconducibili a nome cinese, in mandarino mi-fan (nel nord tao, dao o dau, nel sud k’au, hao, ho, heu, deu, e khaw, nel Sudest ni o ne (riso selvatico) e nu (riso glutinoso), in Giappne han), mentre in Occidente richiamano l’indiano arisi (roz in arabo, arroz in spagnolo e potoghese, rice in inglese, riz in francese, Reis in tedesco, oruzain greco, e ovviamente riso italiano).
La più antica testimonianza di coltivazione del riso da
parte dell’uomo ci porta nella Cina del 7000 a.C., ma dal punto di vista
botanico probabilmente la pianta selvatica progenitrice delle migliaia di
varietà di riso attualmente conosciute era già presente nelle zone umide del
preistorico super-continente di Pangea, che fratturandosi negli attuali
continenti diede origine alle due principali specie di riso in Asia e Africa e lasciò tracce di sé in Australia
e Sudamerica.
sono maggiormente diffuse provengono comunque dalla Cina: presero piede prima
in India e poi in Asia Minore, dove lo assaggiarono per la prima volta le
truppe di Alessandro Magno nel IV secolo a.C…. e che ai tempi si limitarono ad
importare il vino di riso!
mediterranea ci pensarono gli Arabi, che tra VII e X secolo ne svilupparono
l’aridocultura e lo impiantarono in Egitto e nel Maghreb, in Spagna ed in
Sicilia.
Invece dal 1500 a.C. sembra iniziasse la coltivazione del
riso autoctono nell’Africa nigeriana,
soppiantato in gran parte dal riso di tipo asiatico a partire dall’800
a.C. soprattutto sulla costa orientale grazie ai contatti commerciali con India
ed Indonesia. Nell’Africa Occidentale e nei Caraibi il riso arrivò invece
attraverso i colonizzatori spagnoli, che insieme agli schiavi africani
contribuirono alla diffusione anche nel resto delle Americhe.
coltivazione ma i terreni non erano adatti e, solo con l’arrivo prima dei
cercatori d’oro cinesi verso il 1850 e con l’intervento poi di un tecnico
giapponese ex parlamentare nel 1906, si trovarono zone e tecniche appropriate,
che diedero vita ad una produzione consistente a partire dal 1920.
gli Spagnoli oppure attraverso i Veneziani. Inizialmente viene destinato ai
piatti della festa, come testimonia la tradizione del risotto allo zafferano,
ma tra 1500 e 1600 diventa invece un
cibo popolare, inseme a tutti quei farinacei che compensano nella dieta
contadina la scarsità della carne. Proprio per questa sua funzione
“riempipancia”, alla pari di legumi, pani, zuppe e polente, non viene spesso
citato nei ricettari dell’epoca, ovviamente destinati ai ceti abbienti.
coltivazione per per paura della malaria legata all’acqua stagnante, ma il successo
definitivo del riso viene determinato da un nuovo periodo di carenze alimentari
nel secolo successivo quando, insieme a prodotti del Nuovo Mondo come patate e
mais, si rivela risorsa risolutiva per fronteggiare la carestia.
diffuso e, se le regioni storicamente legate alla sua coltivazione hanno
ovviamente contribuito in modo maggiore ad una golosa tradizione italiana di
piatti dolci e salati a base di riso, molti piatti sono diventati “italiani”
tout court. E ognuno, naturalmente, va preparato con la giusta varietà di riso.
Fino a metà ‘800 però in Italia si coltivava un solo tipo di riso, il Nostrale,
fino a quando un gesuita contrabbanda in italia i semi di nuove varietà
orientali e Cavour fa costruire un sistema di canali di irrigazione
all’avanguardia.
tipiche locali e quelle invece che coprono la più recente domanda del mercato
verso risi “etnici”, sono come si diceva circa 150. Una decina di varietà
di riso, quelle più commercializzate, sono ben conosciute, mentre una forte
realtà di piccole coltivazioni specializzate esalta la ricchezza della varietà
e della tipicità, anche se le regole della distribuzione non permettono loro di
superare i confini regionali se non come prodotti di nicchia o addirittura di
lusso.
A questo punto scegliere quale varietà di riso utilizzare per la proposta all’MTC comincia a delineare una prima espressione della propria personalità culinaria e dei propri gusti, un po’ come potrebbe essere il formato di una pasta o lo stampino per un biscotto… Chi l’avrebbe mai detto!
in Tavola, Quadratum, 1997
Editore, 2011, ISBN 978-88-222-6073-4
Kiple, Kriemhild Coneè Ornelas (cura), The
Cambridge World History of Food, Cambridge University Press, 2000, ISBN-10:
0521402166
88-420-6718-0
http://temi.repubblica.it/nationalgeographic-food/2014/05/05/riso-una-storia-italiana/
per le foto:
http://www.cialombardia.org/fattoriascuola/C-r-zone.htm
http://kids.britannica.com/elementary/art-75753/Workers-plant-rice-in-a-paddy-in-India
http://www.ecosmagazine.com/?paper=EC154p22
4 comments
Grazie1000 Annalena, per questa lezione di storia!!
Già da sempre il riso mi ha incuriosita e piaciuto, ma adesso ho il neurone in fermento e vuole provare tutta la qualità di risi diversi possibile!!
besos
Questo post è veramente magnifico, ed è valsa la pena di aspettare un giorno per potermelo gustare in pace. Manco a dirlo, mi è venuta una gran voglia di cercare qualche varietà italiana semi sconosciuta, cosa che farò con calma quando avrò più tempo… perché l'MTC sul riso terminerà a fine settembre, ma per fortuna la nostra voglia di sperimentare con il riso non finirà lì. 😉
lettura interessantissima, grazie Annalena!
Questo post mi avrebbe fatto comodo ieri, quando in spiaggia è partita una discussione sull'arrivo del riso in Italia. Due le ipotesi: gli arabi o Marco Polo. ..Da li abbiamo continuato a parlarne e ho scoperto che esiste una varietà di riso prodotta solo in Calabria, nella piana di Sibari.
Ho girato un po' alla ricerca di varietà nuove peccato che non abbia trovato un granché, oltre Castroni dovrei provare il mercato di Piazza Vittorio, ma lì si compra a scatola chiusa. ..difficile farsi capire.
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