di Spery- Babà che Bontà!
A Napoli si mangia così: colazione di casa mia!
Per scrivere della colazione alla napoletana mi son lasciata andare ai ricordi. Son tornata indietro di circa quindici anni, quando studente universitaria, partivo di buon’ora da casa per dare il via ad una lunga giornata sui libri, tra corsi, esami e quattro chiacchiere tra amici. Di solito, con il mio bel gruppo di studio, si iniziava intorno alle nove, ma prima erano d’obbligo il caffè e la graffa!
Come farsi mancare il caffè. Non un caffè qualunque, ma il Caffè, con l’iniziale maiuscola, quello che a Napoli va degustato con le C: “comodo, caldo e carico”.
“Comodo, caldo e carico”, però, è solo l’attualizzazione della frase dialettale poco educata, che recita: “comme’ c…o coce!’” (letteralmente “ come diavolo scotta!”)
Il momento del caffè a Napoli è un rito e rappresenta in qualche modo lo spirito conviviale del popolo partenopeo. Semmai vi capiterà di conoscere un napoletano, capirete quello che sto dicendo: “ ti posso offrire un caffè?” è ciò che vi sentireste dire, pochi attimi dopo aver fatto la sua conoscenza! E in tal senso che “a tazzulell e cafè” unisce, lega, invoglia a fare due chiacchiere.
Tra le leggende che aleggiano intorno alla bontà del caffè napoletano, c’è quella dell’acqua. Molti sostengono che il segreto sia tutto lì. Per la verità, da quando vivo lontana dalla mia terra, il sospetto che potesse essere vero è venuto anche a me, ma di certo la tostatura della miscela è essenziale. Così come essenziale è il fatto che deve essere ristretto: al bando le brodaglie!
Se avete la fortuna di trovare ancora in giro la cuccumella, accaparratevela, perché ormai sono quasi rare. Purtroppo la moka l’ha soppiantata, ma se vi dovesse capitare di utilizzarla, non fatevi mancareu cuppitiell’ , un pezzo di carta a forma di tronco di cono, utilizzato per chiudere il foro del beccuccio, in modo da preservare tutto l’aroma. Che ingegno, sti napoletani! E che cuore, visto che l’usanza del caffè pagato, rimane ancora molto sentita. E’ consuetudine, infatti, nei bar partenopei, pagare un caffè non consumato per chi non può permetterselo!
Altro particolare, secondo me, da non sottovalutare è la tazzulella. Il caffè nelle case napoletane si serve nei bicchierini di vetro, quelli a forma di tronco di cono, un po’ svasati. Anche questi, purtroppo, non è semplice trovarli nei negozi di casalinghi, ma vi assicuro che il caffè servito in vetro ha davvero un altro gusto. Oltre a conservare meglio l’aroma, anche la temperatura regge di più, in modo da poter esclamare “comme’ c…o coce!”
Ma andiamo a lei, lei che fa bella mostra di sé immancabilmente tutte le mattine, nei bar: la graffa.
Vi prego non chiamatela zeppola, perché per un napoletano potrebbe essere quasi blasfemo. Vi direbbe: “ la zeppola è una cosa e la graffa è un’altra!”
Sì, perché sebbene siano entrambe deliziose ciambelle di pasta lievitata fritte e passate nello zucchero, la graffa prevede le patate, mentre la zeppola no. Sfatato questo mito e messe ben in evidenza questa differenza, ho provato ad eseguire le graffe nella loro ricetta di casa mia, quella della mia mamma. Se nei bar partenopei si possono trovare quotidianamente, la mia mamma le prepara, una volta all’anno, tutti i sabati delle palme come tradizione vuole.
Sono di una sofficità unica e restano morbide anche per più giorni. A dire il vero, se provate a replicare la ricetta vi renderete conto che svaniscono in batter d’occhio. In ogni caso il consiglio ve lo do lo stesso: mangiatele calde, sono paradisiache!
Ingredienti per circa 20 pezzi
150 g di patate lesse
500 g di farina manitoba
3 cucchiai di zucchero semolato
2 cucchiai rasi di strutto
120 ml di latte intero
15 g di lievito di birra
1 pizzico di sale
2 tuorli
Estratto di vaniglia
Zeste di un’arancia
Olio di semi di arachidi per la frittura
Zucchero semolato qb
In una planetaria, inserire il latte tiepido, il lievito di birra e lo zucchero.
Far andare la macchina a bassissima velocità, con la foglia.
Aggiungere le patate lesse e passate allo schiaccia patate, la farina, gli aromi e il sale. Far incordare, portando la macchina a velocità 2. Aggiungere i tuorli, uno per volta e con la planetaria sempre in movimento.
Aggiungere poi lo strutto e fare in modo che l’impasto resti sempre incordato. Lasciar andare fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo.
Lasciar raddoppiare l’impasto.
Quando sarà raddoppiato, sgonfiare l’impasto e fromare le ciambelle. Aspettare che queste raddoppino di volume e poi friggere in abbondante olio bollente. Appena che queste si saranno imbiondite, scolarle dall’olio e passarle nello zucchero semolato.