Scapoli è piccolo angolo di terra molisana adagiato su un colle e cinto alle spalle dalle imponenti cime delle Mainarde.
L’origine del primo agglomerato risale al 982, ad opera di monaci
benedettini della vicina Abbazia di San Vincenzo al Volturno, sorge così
il castrum Scappili ( anche Scappelli, Scapuli), in
seguito a contratto di fondazione con quattro soggetti ( i livellari)
chiamati a dissodare e a mettere a coltura il territorio.
Dal XVII secolo le terre dell’Alta Valle del Volturno furono
riammesse sotto la giurisdizione spirituale dell’Abbazia di
Montecassino, tutte le notizie raccolte dall’allora vicario generale D.
Erasmo Gattola, vennero successivamente trascritte nel Codice Cassinese
697, esse danno un quadro della Diocesi e del paese di Scapoli:
Questa terra di presente sta nella Provincia di Terra di Lavoro,
ed è sita sopra una collina fatta a guisa di schiena di cavallo. Fu
edificata dagli Abati di S. Vincenzo e sul finire del X secolo vi
vennero ad abitare genti del Contado di Valva. Questa terra è circondata
da forti mura, e vi sono solo due porte. È anco abitata fuori dalle
mura. La sua chiesa madrice è sotto di S. Giorgio Martire. La cura del
popolo risiede appresso dell’arciprete della suddetta chiesa […] La
suddetta terra di presente fa anime 450 incirca. Ha prodotto molti
uomini dotti.[…] Il territorio della suddetta terra è assai vasto e
produce abbondanza di vino, grano, oglio, frutti, ghiande. Vi è buona
caccia di volatili, e di quadrupedi. Il suddetto territorio è irrigato
da due rivi, uno dei quali sta alla destra, e l’altro alla sinistra. I
cittadini per loro comodità hanno molte acqua sorgenti, delle quali si
servono per loro uso. Di presente nel temporale è soggetta al Sig. Di
Macchia, e del feudi di Pantano.
Nel 1861 Scapoli fu compreso nel territorio molisano e nello stesso
periodo nel comprensorio molisano, laziale e campano si assiste al
fenomeno del brigantaggio.
Il brigante Domenico Coia, originario di Castelnuovo al Volturno, fu uno dei capi più sanguinari.
A cavallo tra il XIX e XX secolo Scapoli risentì di un forte flusso
migratorio che portò nel giro di qualche anno ad una considerevole
emorragia demografica.
In epoca fascista il Comune venne aggregato a Colli al Volturno per riacquistare nel 1946 la propria autonomia.
Durante gli anni bui della II Guerra Mondiale, il paese fu vittima
della furia devastatrice del conflitto: la Linea Gustav, che
attraversava l’Italia,dal Tirreno all’Adriatico, passava per la catena
delle Mainarde, montagne a nord-est di Cassino e gli uomini scapolesi
furono reclutati per scavare trincee, minare ponti , vette e valichi e
successivamente deportati in massa .
In località Valle Viata nel novembre del 1943 si ebbe una strage di civili, rifugiatisi in una baita.
Un mese dopo giunse a Scapoli un reparto del Corpo di Spedizione
Francese, che restò in sede fino a gennaio del ’44, perpetuando comunque
razzie.
Fu a Scapoli, nel palazzo Battiloro, che venne concepito l’attacco
alla linea Gustav del 31 marzo del 1944, il cui risultato brillante
comportò la trasformazione del Raggruppamento in Corpo Italiano di
Liberazione.
Molti , spero, assoceranno il nome di Scapoli al suo prodotto più
conosciuto : la zampogna e ai suoi testimonial: gli zampognari . È così
importante questo strumento, costruito ancora artigianalmente in diverse
botteghe, da avere un festival internazionale dedicato, che si svolge
l’ultimo fine settimana di luglio.
In una terrà così antica e ricca di tradizione troviamo un piatto di
pasta ripiena legato al periodo del Carnevale: il raviolo scapolese.
Da sempre questo particolare raviolo, di grosse dimensioni, risulta tra
le principali pietanze del posto, tanto da meritare una ricetta
codificata dall’Accademia Italiana della Cucina- Delegazione di Isernia.
Il raviolo scapolese- ricetta classica
Per il ripieno
-
500 gr di salsiccia secca , conservata sotto sugna e aromatizzata
con cumino ( “petratta”), finocchietto selvatico e poco peperoncino
piccante; - 150 gr di pancetta magra o guanciale;
-
400 gr di bietola lessata a foglie piccole, corte con venature rosse
( in sostituzione quella a coste e foglie più grandi purchè ben lessate
e sminuzzate); - 2 kg di patate lesse
- 500 gr tra ricotta secca di capra e formaggio locale ( misto pecora -capra) ben stagionati da utilizzare grattugiati;
- 350 gr di formaggio di mucca e capra semifresco;
- 7 uova intere;
- 3 tuorli;
- sale;
Evitare pepe e peperoncino perché già contenuti nella salsiccia e nella pancetta.
Per la pasta all’uovo
- 1 kg farina tipo 0;
- 10 uova intere;
- un cucchiaio di olio extravergine di oliva;
- sale
Per il sugo
- un cosciotto di capra molto lardellato;
- 50 gr di olio extravergine di oliva;
- 50 gr di lardo;
- 3 spicchi di aglio;
- prezzemolo;
- qualche cucchiaio di conserva di pomodoro diluito in acqua;
Preparazione del sugo
Far rosolare il cosciotto in un tegame di coccio con un battuto di lardo, aglio, prezzemolo e olio.
Una volta rosolata la carne, si copre di acqua affinché continui a cuocere lentamente e intenerisca.
Asciugata l’acqua, dopo circa due ore, si versa la conserva diluita e si lascia completare la cottura.
Preparare il ripieno: macinare la salsiccia secca, il guanciale e il formaggio semifresco, unire tutti gli altri ingredienti.
Preparare la pasta all’uovo, dopo aver ottenuto un composto elastico, lasciar riposare coperto per 30′.
Stendere la pasta aiutandovi anche con una macchinetta, ma non troppo sottile, potete fermarvi allo spessore di 2 mm.
Farcire con un cucchiaio abbondante di ripieno, coprire con altra
pasta, sigillando i bordi con poco albume d’uovo, e dare la forma
rettangolare tipica del raviolo scapolese.
Volendo sigillare i bordi con i rebbi di una forchetta.
Bibliografia
Scapoli e il museo della zampogna- Volturnia Edizioni
Nel turbine delle guerra- Mons. Giovanni Bonomi
Ragazzi, in piedi!… – Gen. Umberto Utili
Monte Marrone 1944. Una pagina di storia. Nasce il Corpo Italiano di Liberazione- N. Paone