C’era una volta una dolce e bella fanciulla, che viveva in uno sperduto paese dell’India. Il suo nome era Retna Doumila, Gioia Raggiante, ed era tanto bella, nel corpo e nell’anima, che il dio Shiva si innamorò perdutamente di lei, giungendo al punto – lui, dio immortale- di chiederla in sposa. Retna, ahimè, non era innamorata del dio e neppure lusingata dalla sua proposta: tuttavia, essendo ancor più buona che bella, decise di sacrificarsi, chiedendo in cambio un cibo che non venisse mai a noia all’umanità intera. Shiva accettò e inviò sulla terra il suo servo, perchè lo cercasse. Mai scelta si rivelò più infelice: il servo, infatti, era in preda ai tormenti di un amore infelice e fu facile per lui dimenticarsi del compito affidatogli. Il tempo passava e Shiva diventava sempre più impaziente: e così, un brutto giorno, decise che non valeva la pena di attendere oltre e prese Retna con la forza. La fanciulla, umiliata per l’oltraggio subito, si tolse la vita, gettandosi nel fiume. Per quaranta giorni, non accadde nulla: ma il quarantesimo giorno, nel punto dove Retna si era uccisa, spuntò un’esile piantina, dalla quale pendevano chicchi dorati. Shiva vi riconobbe la reincarnazione dell’amata e, in ricordo della Gioia Raggiante della giovinetta, chiamò questa pianta “riso”
A questo punto, di solito, si piange, ma stavolta non è il caso: l’argomento è immenso e, per ovvie ragioni, si è deciso di affrontarlo solo limitatamente alle esigenze della sfida. Quindi, non cercate su queste pagine un trattato sul Riso in generale, perchè non lo troverete: piuttosto un mini bignami, su come orientarsi nel mare magnum delle varietà di questo cereale, per scegliere quella più adatta per preparare la Taieddhra.
a. Varietà di Riso italiane
Pare che in natura esistano oltre 140 000 differenti varietà di riso nel mondo e i parametri di classificazione variano da Paese a Paese: per ovvie ragioni di praticità, ci limitiamo alle sole tipologie presenti in Italia, classificate secondo i nostri criteri che si basano sulle seguenti 4 categorie merceologiche
b. Varietà di riso non italiane, presenti sul mercato italiano
vi elenco solo le più famose
1. Basmati: cresce in India e in Pakistan, ha chicchi lunghi e sottili e un lieve profumo di sandalo. I chicchi, in cottura, non si gonfiano, ma tendono ad allungarsi e per questo rimangono perfettamente sgranati. E’ ideale per il pilaf
2. Venere: era il riso degli Imperatori cinesi, ma oggi si trova sulle tavole di tutti, almeno da quando il seme è stato importato in Italia (si produce anche da noi, nelle risaie della Pianura Padana) Ha un profumo intenso e peculiare, un chicco piccolissimo che però mantiene la sua consistenza in cottura, risultando ben sgranato.
3. Rosso: non intendiamo qui il riso fermentato con il lievito rosso (Monascus Purpureus), con ottime indicazioni terapeutiche (abbassa il colesterolo, dicono), bensì il riso rosso selvatico, dal chicco medio lungo, nato da incorci naturali. Famosissimo è il Riz Rouge della Camargue. Ha tempi di cottura molto lunghi (40-45 minuti) ed è spesso usato bollito, come contorno.
4. Patna: originario del subcontinente indiano, è il più diffuso fra i risi a chicco lungo
5. Thai Jasmine : molto simile al Basmati, ha chicchi leggermente più tondi, che tendono forse ad attaccrsi un tantino di più.
c. Quale riso per la taieddhra?
Partiamo da una cosiderazione preliminare: il tipo di cottura richiesto da questo piatto NON prevede la tostatura che, come tutti sappiamo, è il preliminare necessario per chiuderne i pori, formando in tal modo una crosticina che li mantiene compatti e sgranati fino alla fine, e per far rilasciare l’amido superficiale, ciò che dà cremosità ai risotti: cuocere il riso a lungo, senza questo preliminare, comporta il rischio di ritrovarsi alla fine con un pappone colloso ed informe. Non a caso, la preparazione che più somiglia alla Taieddhra, vale a dire il pilaf, prevede la tostatura a fiamma viva sul fornello, all’inizio.
Una Taieddhra perfettamente riuscita dovrà presentare un riso compatto, sgranato, che “si senta bene in bocca”. Di conseguenza, si dovrà scegliere una varietà che presenti le seguenti caratteristiche
1. che rilasci poco amido in cottura
2. che abbia chicchi grandi
3. che mantenga il più possibile la propria struttura.
Va da sè che per quanto riguarda le varietà italiane, la scelta sia ristretta al tipo lungo, meglio se Superfino: Arborio, Roma, Carnaroli, Baldo, Onda, Strella, Redi , Volano , tanto per citare le più famose. Ma anche nel Fino, esistono tipologie che resistono bene alle cotture al forno, come per esempio il Ribe.
E va altrettanto da sè che, per quanto forte possa essere la tentazione di utilizzarlo, il Pardoiled è vietato: stiamo preparando un piatto antichissimo, la cui forza è anche nella grande qualità delle materie prime e questo esclude a priori l’uso di qualsiasi prodotto abbia subito trattamenti industriali.
Piuttosto, il nostro consiglio è quello di rivolgersi, laddove possibile, a risi biologici. Per “biologico” intendo non da scaffale del supermercato- e se vi è capitato di provare la differenza non è il caso di dilungarmi oltre. Provate a cercare il riso sfuso nelle drogherie o, se ne avete la possibilità, direttamente dai produttori: vi si aprirà un mondo.
La raccomandazione di cui sopra vale, con tutti i condizionali di questo mondo, anche per i risi esotici: in teoria, quelli indicati si prestano tutti alle lunghe cotture, ma in pratica non ci sentiamo di garantire per la grande distribuzione. Ho preparato risi thai che dopo 40 minuti erano perfettamente sgranati ed altri che dopo un quarto d’ora avrebbero fatto la felicità del mio cane, se ne solo ne avessi uno. Ovvio che in questo caso rivolgersi direttamente al produttore sia più difficile, ma la rete e questa community possono offrire inifinite opportunità di conoscenza e di scambio.
La sperimentazione, come sempre all’mtc, è comunque la parola d’ordine che preferiamo: provate, magari in dosi minime, magari senza altri ingredienti, e verificate quanto possano reggere queste varietà di riso nel vostro forno e poi lanciatevi: non sia mai che si scopra qualcosa di nuovo…
bibliografia
Riso- a cura de Il Gambero Rosso
4 comments
Post da stampare e conservare. Molto interessante e completo.
Sarebbe interessante sapere quale riso usavano le massaie salentine per la loro taieddhra? penso che non conoscessero molti di questi tipi di riso o che comunque non ne avessero la disponibilità, forse prendevano il primo riso che avevano a disposizione e tanti saluti. Oggi invece, con le risorse che abbiamo, è cosa buona e giusta ragionare di più su questo ingrediente fondamentale e cercare di usare il tipo più adatto in questa preparazione, e il tuo post è uno strumento fantastico, grazie!
Francy, io ti posso dire quello che usa sempre mia suocera e cioè il Roma ed è per questo che Cristian ha indicato questo tipo di riso. Poi non so, bisognerebbe fare una ricerca storica su quale fosse il tipo di riso che veniva usato in quelle zone al tempo delle origini di questo piatto, ma credo che sia abbastanza difficile. Certo che la ricetta di questo mese dà il via libera a nuove sperimentazioni.
Nella ricetta della tiella (tieddhra) che feci tempo fa.. ho usato il carnaroli, lo trovo eccellente in questo piatto.
Bel post.. siete forti.. come sempre!
Un bacio
Laura
Comments are closed.