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Sono mancata a diverse puntate dell’MTChallenge e me ne dispiace immensamente.
Non sono scomparsa solo estremamente incapace e colpevolmente in ritardo cronico.
Se solo sapeste quante volte mi sono ritrovata a fine mese senza neppure rendermene conto …!!!
In genere cominciava così: che bella ricetta ora la provo subito!!! La facevo e veniva regolarmente divorata da tutti tra gnam e grunch senza fare le foto (in genere era sera e
la luce, il tempo, e forse anche la fantasia mancavano).
” Non importa tanto poi la rifaccio meglio in un’altra versione” era il ritornello che mi recitavo e poi la fine la sapete perché una volta mancava la foto…, una volta il post…, una volta perfino la ricetta…. Il tempo volava e io finivo per non riuscire a partecipare.
Mi piacerebbe tanto rientrare in gioco che dite mi potete accettare?
Anche fuori concorso, nella rubrica di “quelli che cucinare sì ma non mi fate scrivere
su internet che sono negato”!!!!
Ma questa volta ho preso anche la rincorsa per tempo e vorrei proprio tornare a essere dei vostri.
Tanto per cominciare una confessione: MAI SENTITO PARLARE DI PICI in vita mia, al massimo di una pasta fresca, che mi sembra simile negli ingredienti ma non così poi nella forma, che dalle mie parti viene chiamata “strozzapreti” (chissà se ad indicare il sogno recondito degli osti della Roma papalina)
Comunque l’impasto di Patty mi ha conquistata soprattutto per la sua estrema lavorabilità, (infatti a me è sembrato più facile delle tagliatelle, croce e delizia di un anno fa) e per una versatilità che non ha nulla da invidiare a paste fresche più blasonate.
Per me l’abbinamento che è nato spontaneo è stato con ingredienti poveri della cultura contadina prima fra tutte la ricotta dell’agro romano (quella di pecora per intenderci) magari con un po’ di pecorino e pepe ma poi essendomi imbattuta un po’ per caso in una macelleria di montagna dove è ancora possibile acquistare il castrato di agnello, quasi introvabile a Roma, carne prelibata di cui il mio coniuge va particolarmente ghiotto, ne è nato l’abbinamento che vi propongo.
Da wikipedia
Il Castrato di agnello del centro Italia è caratterizzato da un rapido accrescimento ponderale e si ottiene da agnelli dell’età massima di un anno, ai quali è stata precocemente praticata la neutralizzazione sessuale (castrazione). Tali soggetti forniscono una carcassa di peso superiore a 20 kg (fino a 30 – 35 kg circa), con una copertura di grasso variabile da scarsoad abbondante, e la cui carne è particolarmente prelibata, grazie all’alimentazione a base di pascoli di ottima qualità ricchi di essenze pabulari peculiari dell’ambiente pedoclimatico del centro Italia. Questa carne è resa più tenera e saporita anche grazie alla frollatura (min. 5 giorni), durante la quale avviene una serie di reazioni positive nella struttura muscolare.
Notizie storiche
Durante il Medioevoanche alcune opere di medicina trattano del castrato e dell’allevamento ovino, tra cui i Tacuina sanitatis, descrivono le proprietà mediche dei vari alimenti disponibili per l’uomo secondo la medicina galenica.
L’importanza attribuita alle carni ovine in epoca medievale è desumibile dalle norme contenute negli statuti di molti comuni del centro Italia, dei secoli XIII e XIV, riportate anche nelle edizioni cinquecentesche. In particolare, la principale preoccupazione delle magistrature comunali era quella di evitare che le carni di pecore e montoni fossero vendute per quelle, più pregiate, di castrati o castroni. Si disponeva anche che i due tipi di carne fossero venduti in tempi o in banchi diversi, stabilendo talvolta persino la distanza minima da rispettare. Nell’eventualità che le carni non fossero fisicamente separate si obbligava il macellaio ad apporre segni e sigilli, specificando, come nel caso di alcuni comuni, che fossero sugellati a li pedi.
Nella fiscalità dello Stato Pontificio, naturalmente uno dei beni tassati era la carne e tra queste spicca più volte il castrato :
«[…] si dichiara che nell’ordine di essa gabella si intendano incluse carne di buoi, vacche, vitelli buffali, castrati, pecore capre… …che per dette bestie che si vendano o si ammazzino per vitto si debba pagare un quattrino corrente per libbra […] »
(Dichiarationi e ordini sopra il sussidio del quatrino di carne d’osservarsi per tutto lo stato ecclesiastico: ASF, Bandi stampati, vol. I, anno 1638.)
Nell’Italia centrale, anche in conseguenza della transumanza, alcuni agnelli del gregge venivano prima castrati, poi fatti ingrassare dai pastori o anche dai contadini, ai quali venivano ceduti quale compenso per l’uso dei pascoli, per essere utilizzati come riserva di carne dalla famiglia, e spesso macellati e cucinati in estate, all’epoca della maturazione dei pomodori. La castrazionesi eseguiva per evitare che, avvicinandosi all’anno di età, la carne assumesse odori troppo forti. Inoltre, consentiva anche il pascolo di questi capi insieme al resto del gregge, senza il rischio di ingravidare le pecore presenti.
Pici al sugo di castrato
Ingredienti (dose per 4 persone)
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400g di pici (secondo la ricetta di Patty)
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600 gr di castrato di pecora
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Cipolla
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Carota
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Sedano
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Vino rosso o aceto per sfumare
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Alloro, origano, salvia, timo e qualche bacca di ginepro
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sale q.b.
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pepe q.b.
3 comments
Cara Flaminia, fatti dire bentornata allora, perché il tuo rientro mi fa immensamente piacere e con questo piatto è un rientro con standing ovation. I tuoi pici sono bellissimi, si vede che hai avuto facilità a lavorarli ma ancora di più mi piace la scelta del condimento, preferisco il castrato alla ricotta che se non è lavorata bene, finisce con il legare troppo la pasta e creare un bel mappazzone che non si manda giù. Grazie infinitamente di aver partecipato, ma ora NON SPARIRE!
Un bacione grande, Pat
questa e' una versione che assaggerei davvero volentieri!
…che goduria!!!! È una pasta che ho scoperto in vacanza due anni fa, e mi sto rifacendo perché è fenomenale!!! 🙂
Complimenti per condimento, da leccarsi le dita!! 🙂
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